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Conservatori e popolari uniti possono sfidare Renzi senza cedere a Salvini. Parla Quagliariello

“A destra vi è uno spazio politico che Matteo Renzi non riesce a conquistare. Ma che per ora nessuna forza sembra capace di riempire. Tanto meno un’Area Popolare evanescente, che deve ancora decidere se essere un cespuglio nel giardino del premier o uno dei mattoni su cui ricostruire l’aggregazione moderata del futuro”.

È questo, a giudizio dello storico e politologo dell’Università Luiss “Guido Carli” Giovanni Orsina, l’elemento più rilevante emerso nel voto regionale del 31 maggio. Una riflessione su cui Formiche.net ha voluto coinvolgere il coordinatore nazionale del Nuovo Centro-destra Gaetano Quagliariello.

Alla luce del risultato molto deludente delle elezioni regionali, quale prospettiva ha il progetto di Area Popolare?

L’unica vincitrice della tornata amministrativa è stata la Lega di Matteo Salvini. Alcune formazioni hanno perso, mentre altre hanno tenuto. Ritengo che il Nuovo Centro-destra rientri in quest’ultima categoria. Abbiamo raggiunto il 4 per cento, considerato peraltro che in 3 regioni – Puglia, Marche e Campania – ci siamo presentati senza l’Unione di Centro. Con l’Udc avremmo conquistato il 5,9 per cento dei consensi. Abbiamo consolidato il risultato conseguito nelle elezioni europee dell’anno scorso registrando peraltro la vittoria di 5 nostri candidati sindaci e l’arrivo di altri al ballottaggio.

Ma i nuovi consiglieri regionali di Ndc sono appena 8.

Il loro numero è legato alle leggi elettorali locali, che hanno prodotto esiti molto diversi premiando le coalizioni vincenti e penalizzando i partiti sconfitti. Considerando il quadro molto polarizzato e complesso della campagna elettorale, il nostro risultato costituisce una sorta di miracolo. Pensi che i responsabili degli istituti di sondaggi ci collocavano al 2 per cento dei voti.

Quale è dunque il vostro futuro?

Il Nuovo Centro-destra rappresenta una sintesi fra la tradizione liberale e quella cristiana. Noi siamo gli eredi dell’anti-comunismo “esistenziale” che nella prima Repubblica trovava un’incarnazione trasversale nelle forze di governo laiche e cattoliche. Fin qui abbiamo contribuito a scrivere le regole della nuova architettura istituzionale, e al tempo stesso abbiamo lavorato per porre le premesse di un nuovo centro-destra. Adesso dobbiamo scegliere una collocazione, tenuto conto dell’Italicum. Ma è chiaro che non si tratta di una scelta dottrinale. La nostra collocazione è legata anche alla configurazione dell’assetto politico e all’interlocuzione con gli altri protagonisti della realtà partitica.

È possibile proseguire nell’appoggio dell’esecutivo Renzi e lavorare alla costruzione di un’area alternativa al Pd?

È necessario ora completare il percorso di riforme e edificare il “pavimento del terzo tempo della Repubblica”. Requisito per compiere le scelte strategiche del futuro, in un percorso che deve evolvere in un senso o in un altro: passare a un rapporto di alleanza organica con il governo o creare un’aggregazione alternativa al Partito democratico. Tutto dipende dagli accordi programmatici che riusciremo a stipulare con i potenziali alleati.

Quali sono i punti irrinunciabili per Area Popolare?

Una politica economica fondata sul taglio di debito pubblico e tasse. Una politica di sicurezza che garantisca livelli di vivibilità affrontando in modo non demagogico i problemi epocali posti dalla collocazione geografica dell’Italia. Una politica sulla giustizia in grado di coniugare legalità e garantismo senza trasformare la prima in un freno per lo sviluppo. Una politica capace di rilanciare il Mezzogiorno nella cornice della globalizzazione. Una politica europeista non difensiva e non pavida, che punti sulla revisione dei trattati Ue.

Siete pronti a discuterne con tutte le realtà del centro-destra, Lega compresa?

Va costruito un percorso in due tempi. Prima è necessario mettere in campo un’aggregazione con l’area popolare, moderata e conservatrice. Raggiunta una posizione di forza, elettorale e politica, sarà possibile ogni ragionamento con altri.

Ritiene che una lista unitaria con Forza Italia, Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto e il resto del panorama moderato possa giungere al ballottaggio per la sfida del governo?

La politica non è una somma algebrica. Tuttavia, se ci atteniamo alle cifre registrate dal voto regionale Forza Italia ottiene l’11 per cento dei consensi, Area Popolare (considerata come Ncd e Udc) il 6, Flavio Tosi e Raffaele Fitto il 3, le altre formazioni moderate il 2. Tutte insieme arrivano al 22 per cento di adesioni. Livello che ad oggi non è raggiunto né dalla Lega né dal Movimento Cinque Stelle. Sono convinto pertanto che un’alleanza dei partiti dell’area popolare e conservatrice, se non facesse errori politici, non avrebbe problemi ad accedere al ballottaggio nel voto politico. Anche senza il Carroccio.

In realtà la leadership di Matteo Salvini nel centro-destra è più forte che mai, visto il responso delle urne e la mancanza di avversari.

Sono persuaso esattamente del contrario. Se il processo di aggregazione dell’area moderata viene messo in moto, una consultazione popolare per scegliere il leader del centro-destra farebbe emergere una figura rappresentativa del mondo popolare o conservatore in grado di sconfiggere lo stesso Salvini. Che ne è consapevole.

Eppure il segretario della Lega continua a tuonare contro Angelino Alfano.

Non mi colpisce la polemica del leader del Carroccio nei nostri confronti. Egli ha colto il tema immigrazione come volano elettorale e dunque deve promuovere una campagna strumentale contro chiunque ricopra il ruolo di ministro dell’Interno. Agisce come avrebbe fatto un pacifista verso il titolare della Difesa al tempo della Prima guerra mondiale. Mi preoccupa e stupisce piuttosto un altro atteggiamento.

Quello di Silvio Berlusconi?

Sì. L’ex premier è ritornato a suonare il refrain contro i “traditori del Nuovo Centro-destra”, nonostante avessimo appoggiato con lealtà le candidature di Giovanni Toti in Liguria e Stefano Caldoro in Campania.

A proposito di candidature, sosterrete la campagna di Corrado Passera a primo cittadino di Milano?

Mi sembra un interrogativo prematuro. La scelta dell’ex responsabile per lo Sviluppo economico è legittima. Tuttavia, pur senza porre veti, nell’individuazione della personalità più adatta per un ruolo di governo – nazionale o locale – bisogna compiere un ragionamento empirico. Rilevo in ogni caso la posizione un po’ velleitaria di Italia Unica. Formazione che ha sperato e tifato nell’insuccesso dell’area moderata, puntando su un vuoto politico da riempire  anziché ricercare percorsi aggregativi. Passera, che in economia è un liberale, dovrebbe sapere che più esercizi commerciali in concorrenza tra loro costituiscono una ricchezza. Alla fine, guadagnano tutti di più.


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