Dopo l’ultimo sequestro senza facoltà d’uso dell’Altoforno n 2 all’Ilva di Taranto, disposto dalla magistratura dopo il tragico incidente in cui ha perso purtroppo la vita l’operaio Alessandro Morricella – sequestro al momento non ancora convalidato dal Gip – è auspicabile per tutta la città che abbia esito positivo l’interlocuzione aperta con la Procura dai legali dell’Ilva, i quali hanno fatto presente di aver attuato le prescrizioni dello Spesal sullo stesso AF02, ben prima dei 60 giorni concessi, rimuovendo così i fattori di rischio per i suoi addetti: Spesal, peraltro, che non aveva ordinato lo stop immediato dell’impianto, a differenza di quanto disposto successivamente dal Pm. Ed è oltremodo significativo che la gestione commissariale della società in amministrazione straordinaria voglia supportare tale affermazione con una ben documentata relazione tecnica già commissionata alla Paul Wurth, azienda leader a livello internazionale nel comparto dell’impiantistica.
La società nel frattempo ha deciso di mantenere in esercizio l’AFO4, in attesa degli sviluppi della situazione e dell’esito di un’eventuale impugnazione del sequestro al Riesame; ma, come evidenziato da tutti gli osservatori più attenti, un sito di quelle dimensioni non può reggersi sotto il profilo impiantistico ed economico sull’esercizio di un solo altoforno, il cui spegnimento, insieme a quello dell’AFO2 – e in attesa che tornino in esercizio gli AFO 1 e il 5 – avrebbe esiti totalmente destabilizzanti per la presenza dell’azienda sul mercato, già oggi fortemente erosa presso i suoi settori e clienti di riferimento, oltre che effetti pesantissimi sino ai limiti dell’insostenibilità materiale sulle condizioni di vita dei 14.320 addetti della fabbrica, delle migliaia di loro familiari a carico e sulle altre migliaia di occupati nelle aziende dell’indotto, nelle attività di autotrasporto, sulle movimentazioni portuali e delle banche, e su tutti gli esercizi commerciali in città e nella sua provincia in cui si spende il reddito degli occupati nell’Ilva.
Ma al repentino impoverimento di larga parte della popolazione locale, direttamente o indirettamente connessa all’esercizio dello stabilimento, si aggiungerebbe la catastrofe macroeconomica che avrebbe incidenza devastante non solo sul pil dell’area ionica e della Puglia, ma anche del Mezzogiorno e dell’intero Paese. Pertanto, alla luce delle drammatiche conseguenze che il blocco del Siderurgico avrebbe – con grande e intuibile soddisfazione dei suoi concorrenti esteri e con il grave danno che si creerebbe a valle anche per gli utilizzatori italiani dei suoi prodotti – non è minimamente ipotizzabile che vi sia a Taranto nelle Istituzioni competenti chi possa e voglia ignorare tutto quanto potrebbe malauguratamente accadere e che invece deve essere valutato con grande equilibrio e profonda saggezza. E non è pensabile che si voglia ignorare il contesto normativo in cui opera al momento la società, anche perché è appena il caso di ricordare che l’Ilva è in Amministrazione straordinaria per disposizione di legge approvata dal Parlamento, e che la valutazione relativa alla sua ammissione alla procedura non è stata ispirata ad un principio dispositivo di parte, bensi ad interessi di ordine generale e di rilevanza pubblicistica. I Commissari pertanto assolvono funzioni di tale rilevanza e il piano di adeguamento alle misure dell’Aia – per il quale sono state impegnate fra l’altro le risorse sequestrate ad Adriano Riva e da impiegarsi con le modalità autorevolmente suggerite in Parlamento dal magistrato milanese Francesco Greco – risponde a ben note disposizioni di legge.
Naturalmente, se tutto ciò obbliga ed impegna la stessa gestione commissariale nell’integrale, rigorosa attuazione di quanto stabilito dalla norme che dispongono l’ammodernamento della fabbrica, perseguendo la massima sicurezza di chi vi lavora ed abbattendone l’impatto ambientale, dall’altra non può esimere gli organi giudiziari dal considerare il contesto normativo da cui è scaturita e in cui si muove la gestione commissariale. Lo stabilimento di Taranto, peraltro, è classificato sin dalla legge 231 del dicembre 2012 come impianto di interesse strategico nazionale il cui esercizio risponde a esigenze strategiche del Paese.
Allora l’impegno massimo e concorde di tutti – ciascuno secondo le proprie competenze – deve essere quello di attuare sino in fondo e secondo il crono-programma stabilito le disposizioni delle leggi in vigore e i programmi per il risanamento del Siderurgico di Taranto in cui – come accade ormai da tempo anche nella contigua raffineria dell’Eni – è possibile ridurre drasticamente gli incidenti sul lavoro.
Federico Pirro (Università di Bari – Centro Studi Confindustria Puglia)