Un mio recente intervento pubblicato su IlMessaggero online riguardante la volontà di Eni di deconsolidare la propria presenza in Saipem ha catturato l’attenzione di Formiche.net, che è tra i media più attenti a mantenere alto il dibattito sulle vicende economiche italiane, che mi ha chiesto di approfondire il tema.
Sono contento che mi sia data quest’opportunità, anche perché pochi giorni fa – in contemporanea con molte voci di corridoio su una presunta ricapitalizzazione dove giocherebbe un ruolo importante la Cassa depositi e prestiti – è uscita un’analisi di Paribas che mi conforta nella mia tesi: non c’è una Saipem forte se Eni decide di disimpegnarsi.
Vedo di definire meglio la questione. L’aumento di capitale di 2 miliardi di cui si parla avrebbe l’effetto di diluire la quota ENI sotto il 30 per cento, permettendole di non iscrivere più la partecipazione in bilancio fra le società controllate. Il beneficio? Non riportare nel bilancio di ENI il debito di Saipem. Questa è l’operazione di deconsolidamento che alcune indiscrezioni attribuiscono ad Eni.
Ma c’è anche chi stima che la situazione sia più complessa. Infatti, anche se ENI dopo l’aumento di capitale si venisse a trovare nelle condizioni tecniche di deconsolidare il debito, di fatto non potrebbe farlo perché è proprio Eni che è il garante del debito stesso. Perché quindi Eni dovrebbe puntare a perdere il controllo di Saipem?
Ma c’è dell’altro. Un aumento di capitale da due miliardi basterebbe a portare il bilancio in una situazione finanziaria netta positiva? Ovviamente no. E per Saipem si verrebbero a creare difficoltà nella gestione delle garanzie di progetto. Nel business dei “grandi progetti” i clienti richiedono garanzie finanziarie a copertura dei rischi connessi con l’esecuzione. Nel caso di Saipem queste garanzie sono rilasciate da Eni, sia direttamente sia attraverso gli istituti di credito che vengono a loro volta controgarantiti da Eni.
Se Eni perdesse il controllo di Saipem non sarebbe più in grado di rilasciare le garanzie e Saipem sarebbe costretta a cercarle direttamente sul mercato bancario. Oggi le banche accordano a Saipem le garanzie perché sono controgarantite da Eni, ma nel caso di un suo disimpegno cosa succederà?
Tenendo conto di questi elementi, la prospettiva che Eni si “disimpegni” da Saipem, sarebbe controproducente sia per il colosso oil&gas italiano sia per il tessuto industriale del Paese, essendo il player strategico nel settore dell’impiantistica industriale strumentale.
In sostanza non si deve agire tenendo conto solo dei parametri finanziari.
Soprattutto se l’Italia intende, e aggiungerei finalmente, impostare una politica industriale che non solo agganci la ripresa ma la trasformi in uno sviluppo solido.