Aspettiamo di leggere con attenzione la sentenza sul blocco della contrattazione del pubblico impiego. Il nostro stato d’animo, però, è rassegnato. Non viviamo più in uno Stato di diritto. Ormai possiamo aspettarci di tutto. L’interpretazione della legge si adatta alle aspettative degli interessi che ritengono di essere stati lesi. E i diritti crescono sull’albero della cuccagna, senza limiti. Ce ne è per tutti. Di vecchi e di nuovi. Ma le norme costituzionali non sono un regolo lesbio e non si possono adattare, forzatamente, agli obiettivi (politici?) che la Consulta assume e fa propri.
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Non riusciamo a comprendere, tuttavia, come si possa immaginare la fattispecie di una ‘’illegittimità sopravvenuta’’ (riferita a una norma di legge) a partire dal dies a quo della pubblicazione della sentenza. Per fortuna, grazie a questo discutibile marchingegno giuridico, i giudici hanno avuto il pudore di evitare gli effetti devastanti della retroattività, come nel caso della sentenza n.70 sulla perequazione automatica delle pensioni. E tutti sembrano felici e contenti: oves et boves et omnia pecora campi.
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Che cosa è ‘’sopravvenuto’’ da quando le leggi sul blocco furono varate fino ad oggi? E’ finita la crisi economica che aveva giustificato quel provvedimento? E ciò succederà il giorno stesso in cui la sentenza sarà pubblicata?
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Il blocco, in sé non illegittimo, è durato troppo a lungo e pertanto non risponde a quei criteri di ragionevolezza che l’adozione di queste misure richiede? Se è questa la motivazione, ancora una volta la Corte pretenderebbe di svolgere un ruolo che non le appartiene, intervenendo a gamba tesa nella funzione propria del Governo e del Parlamento.
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E a quale principio costituzionale si sono attaccati i ‘’giudici delle leggi’’ per affermare che sia un diritto ottenere il rinnovo dei contratti? Forse all’articolo 36 Cost. che riconosce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e comunque sufficiente a condurre una vita dignitosa? Su quale base, su quali parametri, i ‘’giudici delle leggi’’ hanno ritenuto che, dal giorno della pubblicazione della sentenza, verranno a mancare quei requisiti, se non si provvederà a negoziare nuovi accordi ?
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Alla fine una domanda. Ma quando la Consulta avrà dato ragione a tutti coloro a cui è stato chiesto di fare sacrifici durante la crisi, che fine faranno i conti pubblici? Gireremo all’indietro la moviola delle politiche di risanamento?
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Un dubbio: i testi della Costituzione che stanno sugli scaffali del Palazzo e che vengono consultati dai ‘’giudici delle leggi’’ contengono un errore di stampa: non è riprodotto l’art.81?’’
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La Francia e i profughi: Liberté, egalité, tientelité.