Costituiscono un sodalizio intellettuale affiatato nella battaglia contro l’architettura economico-monetaria europea, ritenuta soffocante delle singole realtà economico-sociali. E hanno portato nel cuore delle istituzioni comunitarie la campagna per uno “smantellamento concertato e solidale della valuta unica”.
Un economista keynesiano giudica le ricette leghiste
Tuttavia la consonanza di visioni tra Claudio Borghi, Antonio Rinaldi e Alberto Bagnai rischia di trovare un punto di attrito rilevante.
Emerso nell’analisi critica che Bagnai, professore keynesiano dell’Università di Pescara e fondatore dell’associazione “Asimmetrie”, ha riservato sul Fatto Quotidiano del 24 giugno al programma economico del leader della Lega Matteo Salvini.
“L’originalità del Carroccio”
Lo studioso riconosce al Carroccio il fatto di “restare ad oggi l’unica forza politica che fonda la propria iniziativa sul superamento dell’euro e sul recupero di cambi monetari flessibili”. Un requisito necessario, a suo giudizio, per riappropriarsi della sovranità di bilancio: “Rispetto a una valuta unica che ha creato una suicida disoccupazione competitiva”.
Riflessione che riecheggia quanto affermato da Bagnai in un’intervista rilasciata al Tempo a febbraio. Nella quale rilevava come “il punto più convincente” nel decalogo reso pubblico dal numero delle “camicie verdi” sul Foglio fosse “lo smantellamento dell’Euro-zona concordato con i partner Ue, possibilmente con l’abbandono dell’area valutaria da parte dei paesi del Nord”.
La critica alla “tassa piatta”
La ragione fondamentale di dissenso espressa dall’economista fiorentino riguarda la proposta di Flat Tax, il prelievo fiscale unico al 15-20 per cento su tutti i redditi rilanciato da Salvini.
Lo studioso non esita a parlare di “ricetta ultra-liberista praticata con esiti devastanti dal Fondo monetario internazionale dalla fine degli anni Ottanta”. E argomenta le motivazioni scientifiche della sua ostilità. A partire dal ventaglio di casi ed esperienze di applicazione dell’aliquota, “troppo ristretto e incerto per maturare una valutazione compiuta”.
Ma l’aspetto più fragile del progetto, scrive Bagnai, risiede nel “calo notevole del gettito erariale provocato dall’introduzione dell’imposta piatta”. Una riduzione che, prosegue il docente universitario, andrebbe compensata tramite prelievi patrimoniali nocivi per il ceto medio proprietario o attraverso un aumento delle tasse indirette con effetti regressivi per l’economia reale e i consumi.
“L’ipocrisia della sinistra verso la Flat Tax”
Allo stesso tempo lo studioso boccia la reazione delle forze di sinistra all’idea propugnata dal segretario del Carroccio.
Le formazioni politiche che invocano la progressività del regime fiscale, rimarca, dimenticano che la Flat Tax può contemplare una rete di deduzioni adeguate per rispettare maggiormente i parametri di equità.
E c’è di più: “Con la loro idolatria dell’euro ‘buono e giusto tradito dall’austerità’, i partiti sedicenti progressisti finiranno per portare il Fmi e le ricette della Troika in casa. Esattamente come accaduto in Grecia”.
Ma a rendere ai suoi occhi “ipocrite” le risposte di gran parte della sinistra alla proposta leghista è il fatto che il fisco esoso e bizantino rappresenta un problema effettivo nel nostro paese. “Non è possibile ritenerlo un tabù e chiudere gli occhi solo perché un politico conservatore non gradito lo pone come tema centrale nell’agenda pubblica”.
Sensibilità differenti nel terreno fiscale
L’obiettivo di un prelievo uniforme molto ridotto costituisce il cuore di un programma che è stato architettato dal responsabile economico della Lega: Claudio Borghi. E che ha ricevuto l’approvazione entusiasta di Antonio Rinaldi.
È dunque nel terreno fiscale che prende corpo una differente valutazione fra i tre economisti anti-euro, comprensibile alla luce di formazioni e percorsi politico-culturali ben marcati: autonomistico-federalista per Borghi, nazionale-patriottico per Rinaldi, fortemente progressista e favorevole a un ruolo strategico dello Stato nel mercato per Bagnai.
L’apprezzamento del mondo leghista per Bagnai
Filosofia, quest’ultima, che non ha impedito a Salvini di citare lo studioso dell’ateneo di Pescara come “economista di riferimento” nella kermesse dei Giovani di Confindustria a Santa Margherita Ligure. Di ritenerlo un ottimo responsabile del Tesoro in un eventuale governo a guida Lega. E di richiamarne tesi e riflessioni nella recente manifestazione di Pontida.
Una serie di endorsement che hanno trovato risonanza nelle parole con cui lo stesso Borghi prefigurava la nomina di Bagnai nel ruolo di assessore all’Economia nell’ipotesi di vittoria per la campagna elettorale a governatore della Toscana. Nella quale il professore dell’Università Cattolica di Milano era il candidato del Carroccio.
“Votare per Borghi”
Peraltro, alla vigilia del voto di un anno fa per il Parlamento europeo, Bagnai e Rinaldi avevano preannunciato pubblicamente il loro appoggio per Borghi, all’epoca in corsa per un seggio a Strasburgo sempre nelle fila delle “camicie verdi”.
E in precedenza non erano mancati convegni e incontri di Salvini con i tre economisti nel corso del “No Euro Tour” della Lega. Appuntamenti che avevano registrato la calda accoglienza del pubblico “nordista” e degli ascoltatori di Radio Padania soprattutto verso le tesi dell’economista keynesiano.
Una scelta di campo netta
Culturalmente in sintonia tranne che su un capitolo fiscale importante, gli studiosi in trincea contro “la gabbia dell’Euro-zona e del cambio rigido” hanno scelto interlocutori diversi per tentare di fare breccia nel mondo politico e istituzionale.
Borghi ha rivelato una piena consonanza con la Lega 2.0 fautrice della sovranità economica nazionale ostile alla “tirannia omologante di un modello finanziario calibrato sulle esigenze produttive della Germania”.
Una strategia a tutto campo
Rinaldi ha mostrato un’estrema elasticità e attitudine pragmatica nel confronto con la realtà partitica. All’interesse verso le novità provenienti dal Carroccio ha affiancato un vivace scambio di opinioni con il Movimento Cinque Stelle e la proposta di referendum consultivo per l’abbandono di Eurolandia.
E ha mantenuto, fedele alle sue convinzioni originarie, un rapporto proficuo con l’area del centro-destra guidata da Raffaele Fitto che propugna una riforma dell’Ue fondata sull’archiviazione del Fiscal Compact e del pareggio di bilancio.
Requisiti irrinunciabili, ad avviso dei Conservatori Riformisti, per realizzare un taglio radicale della pressione fiscale come emerso in forma plastica nel recente convegno con il consigliere economico delle amministrazioni Reagan Grover Norquist.
Un percorso comune contro “l’Unione sovietica europea”
Bagnai ha ripetuto più volte di aver “tentato di far capire alle forze di sinistra che l’attuale Unione monetaria comprime retribuzioni e diritti dei lavoratori”. Ma il “suo” mondo, quello a cui è legato e che “vorrebbe tornare a votare”, ha puntualmente risposto con un silenzio infastidito e supponente.
Per questa ragione lo studioso non ha provato disagio nel condividere la battaglia contro quella che il segretario del Carroccio definisce “l’Unione Sovietica Europea”.
Perché il problema, spiega, non è ideologico ma concerne il conflitto “grande contro piccolo”: “Da un lato la grande distribuzione commerciale in buona parte in mani straniere e gli industriali privilegiati dal governo Renzi, che hanno trasferito all’estero attività e profitti. Dall’altro la piccola e media impresa, in crisi per l’impossibilità di vendere a causa di prezzi e di un cambio valutario sbagliati”.
“L’Euro-zona rende impensabile una vera sinistra”
E nessun imbarazzo lo studioso ha avvertito nel promuovere iniziative comuni con la destra sociale capitanata fino a poco tempo fa da Gianni Alemanno.
Nel corso di un convegno del dicembre 2013 Bagnai motivò così la scelta di un’alleanza apparentemente singolare: “L’euro venne immaginato e imposto come un vincolo esterno che avrebbe risanato i nostri conti pubblici e moralizzato il ceto dirigente italiano. Lungi dal conseguire tale finalità esso ha permesso al capitale finanziario di schiacciare lavoro, salari, fasce sociali più umili. Condannando molte nazioni a politiche drastiche di austerità e impedendo strategie flessibili adeguate alla ripresa produttiva, la valuta unica rende impensabile l’esistenza stessa di un partito di sinistra”.