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Buona Scuola, le grida della Cgil e le ciarle di Renzi

“….D’accordo, Buona Scuola è una definizione piuttosto enfatica e autocelebrativa, tipica della narrazione renziana….” dice il direttore di Formiche.net Arnese. In questo pensiero si può sintetizzare il significato vero dei provvedimenti che sono stati licenziati in via definitiva oggi dal Parlamento, in ordine alla legge sulla scuola. Non sono credibili le grida manzoniane della Cgil né la fluviale ciarla di Renzi.

Michele Arnese con pacatezza e oggettività spiega che non è in gioco la vita della scuola pubblica, nessuno la vuole uccidere. Se poi i contestatori pensano che la scuola è così debole da farsi annientare, le ragioni sono del passato caso mai e non del presente, iniziando dagli anni in cui gli studenti nei licei venivano volgarmente indottrinati da docenti schierati politicamente, che facevano opera di disinformazione tramite gli insegnamenti di filosofia, storia, letteratura, diritto.

C’erano alcuni docenti che addirittura approfittando del loro ascendente sugli studenti li spingevano a contestare i propri genitori e a fomentare conflitti familiari. Erano di formazione marxista questi insegnanti, guarda caso, e iscritti alla Cgil. Dalla scuola cominciava la “lotta di classe”. E allora non la triplice ma la Cgil, prima di parlare di morte della scuola pubblica, faccia uno scrupoloso esame di coscienza sugli orrori del passato, che hanno partorito il presente.

Non c’è da scandalizzarsi se si assumono decine di migliaia di persone, dagli ATA ai docenti, ai dirigenti scolastici, e se si assegna un po’ di compiti in più ai presidi per organizzare meglio l’autonomia scolastica, progetto nato male e che finirà peggio. Non sarà certo la fine della scuola. Allora, senza stracciarsi le vesti, si consideri questo provvedimento legislativo che licenzierà il Parlamento di ordinaria amministrazione e manutenzione. Niente di più.

Per parlare di riforma della scuola sono necessarie idee originali di pedagogia, di psicologia, di didattica, di antropologia coerenti con lo sviluppo della modernità, e che fino ad oggi non si sono viste manco in lontananza. Dalle istituzioni centrali a quelle periferiche dell’istruzione si confonde tuttora il cosa insegnare col come insegnare, c’è ancora molta strada da fare. Si incominci da qui per una vera riforma.

La stessa progettualità nell’alternanza scuola/lavoro va meglio declinata: la scuola italiana ancora è ferma a guardare alla grande industria, alla catena di montaggio, oggi invece bisogna riconsiderare la bottega artigiana, le piccolissime imprese che tanta qualità producono per il mercato italiano e internazionale. I nostri giovani devono essere preparati per il futuro prossimo, non per domani mattina.


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