In relazione all’attività del Governo, mentre l’attenzione dei media sembra concentrarsi in larga misura sull’opposizione a volte chiassosa alle sue riforme inscenata nelle aule parlamentari e in alcune piazze, si trascurano invece i contenuti specifici dei provvedimenti dell’Esecutivo che finalmente vengono approvati, avviando riordini strutturali di dimensioni epocali di alcuni Enti e loro funzioni.
E’ il caso del piano di riassetto delle Autorità portuali presentato dal Ministro Delrio che, quando sarà definitivamente completato, darà un volto nuovo e molto più avanzato dell’attuale al sistema della portualità nazionale, adeguandola finalmente a quella dei Paesi più competitivi del continente, almeno sotto questo profilo. E quanto accadrà in Puglia alla luce del programma del Ministro Delrio è una limpida esemplificazione di quanto affermato in precedenza.
Infatti il riordino delle competenze e la riduzione funzionale delle Autorità portuali italiane previsto nel documento elaborato dal Ministro e approvato in Consiglio dei Ministri venerdì scorso ha un indubbio respiro strategico e ridisegna il sistema della grande portualità nazionale, facendone finalmente uno degli strumenti fondamentali della competitività del sistema Italia nello scenario internazionale.
Per un Paese come il nostro che è al centro del Mediterraneo e resta tuttora la seconda potenza manifatturiera dell’Unione Europea, riordinare il sistema nazionale delle Autorità portuali – modellandole al servizio di grandi sistemi produttivi retrostanti e snellendo tutte le procedure con cui avvengono le operazioni sulle loro banchine, come auspicato anche dagli studi in materia di economia marittima della SRM del Banco di Napoli – significa avviare un vero e proprio salto nel futuro, superando così piccoli e grandi municipalismi, rendite di posizione spesso solo personali, ritardi e inefficienze ormai non più sostenibili.
Inoltre, avocando al Ministero le scelte da compiersi in futuro per promuovere investimenti nei singoli porti – che non potranno più essere avulsi da un grande disegno complessivo di respiro nazionale – significherà creare o consolidare là dove già esistenti ramificate filiere logistiche, integrate con strade, ferrovie, interporti, aeroporti che dovranno contribuire a ridurre tempi e costi di movimentazioni di enormi flussi di merci in arrivo e in partenza dall’Italia che, è appena il caso di ricordarlo, è e deve restare una grande economia di trasformazione.
Si afferma così con forza nell’elaborazione del Ministro Delrio il principio che le infrastrutture – e in questo caso quelle portuali – sono esclusivamente al servizio dello sviluppo: là dove esso è inesistente o debole, non potranno più realizzarsi o potenziarsi infrastrutture ipertrofiche e destinate a restare sottoutilizzate e la cui realizzazione in passato rispondeva spesso ad una logica puramente ‘edilizia’ che portava Istituzioni e società civile a rivendicarle e a costruirle, prescindendo da ogni rigorosa valutazione dei loro livelli di utilizzo realisticamente ipotizzabili nel breve, medio e lungo termine.
L’Unione Europea è stata molto chiara nelle scorse settimane: non saranno più finanziate dai Pon infrastrutture di varia natura che non siano correlate ad assetti logistici funzionali e visibilmente al servizio di grandi bacini produttivi.
Circoscrivendo l’analisi alla Puglia, la creazione di un’unica Autorità di sistema a livello regionale punterà a integrare funzionalmente i tre grandi porti di Bari, Brindisi e Taranto e gli scali minori di Monopoli, Molfetta (che dovrà rientrare nel perimetro della nuova Authority), Barletta e Manfredonia: un sistema portuale che dovrà poi raccordarsi con la piattaforma logistica in costruzione a Taranto, con lo scalo merci di Surbo a Lecce – già dato in locazione a qualificate aziende private del Salento – con lo scalo merci di Parco Ferruccio e con l’interporto di Bari, e con lo scalo dell’Incoronata a Foggia gestito dalla Lotras.
Si disegnerà in tal modo, con tutti i raccordi stradali, autostradali e aeroportuali se e là dove necessari, un’articolata filiera logistica pugliese al servizio dell’imponente sistema economico e industriale della regione. Anzi, a ben vedere, la nuova Autorità con i suoi scali potrebbe porsi al servizio di un ben più ampio bacino produttivo interregionale che include la Basilicata orientale – dal Melfese al Materano e con i pozzi petroliferi in produzione della Val d’Agri e gli altri di prossima entrata in esercizio nella Valle del Sauro, già raccordati con il terminal petrolifero del capoluogo ionico – e che potrebbe portare lo stesso stabilimento della Sata del gruppo Fiat Chrysler, in piena fase di rilancio con la costruzione della Jeep Renegade, della 500X ed ancora della grande Punto, ad imbarcare una parte delle vetture destinate ai mercati esteri non solo dal lontano porto di Civitavecchia – dove arrivano da S.Nicola di Melfi oltre alle bisarche anche cento treni al mese carichi di auto – ma dai più vicini scali di Manfredonia, Barletta e Taranto, sempre che siano funzionalmente attrezzati per poter assicurare tale servizio e siano toccati da vettori competitivi.
Un sistema portuale e logistico più coeso e più integrato potrebbe aiutare a sua volta l’intero apparato di produzione di Puglia e Basilicata a rafforzarsi e a integrarsi sempre di più nei suoi vari comparti che già oggi sono abbastanza solidi, ma che avrebbero bisogno di ulteriori e più robusti raccordi e connessioni intersettoriali. Potremo essere in tal modo non solo un lungo pontile attrezzato dell’Europa comunitaria proteso nel Mediterraneo, ma uno dei suoi sistemi produttivi più solidi, in competizione vincente con altri poli logistici e industriali dalla Spagna alla Turchia, e dal Marocco all’Egitto.
Proprio alla luce della sfida alta che il riordino del Ministro Delrio ci chiama a sostenere, bisognerà assolutamente evitare – nel praticare e rendere rapidamente effettivo quel riassetto del sistema portuale regionale – ogni incomprensibile ritardo ed ogni miope chiusura municipalistica. Non ce li potremmo in alcun modo permettere.