“Matteo Renzi ha bisogno di un esercito di pasdaran, che vadano in televisione a sostenere posizioni più radicali delle sue. Poi il suo compito è fare la sintesi”. Claudio Velardi – giornalista, comunicatore, lobbista e polemista – sorride quanto sente parlare della lezione di comunicazione politica tenuta dal premier davanti ai parlamentari del Pd, con tanto di “slide” e (forse) pagelle di promossi e bocciati.
Velardi, perché sorride?
Perché penso che Renzi debba smetterla con le “slide” e pure con i gufi. Roba vecchia, morta, sepolta. Se il governo non riesce a comunicare come dovrebbe dipende dal fatto che il premier non delega, ma si ostina a fare il driver, il centrattacco di sfondamento. Mentre gli altri gli stanno dietro. Ma lui non può fare tutte le parti in commedia. Non è così che funziona.
E come funziona?
Renzi deve mandare in tv i più radicali dei suoi, che siano l’espressione del renzismo più spinto. Gente che non ha paura di esporsi, andare oltre, anche a rischio di fare delle figuracce. Poi, successivamente, deve arrivare Matteo a mediare, fare la sintesi, come tocca fare a un presidente del consiglio.
Viene in mente Bossi che mandava allo sbaraglio Borghezio e Calderoli e poi arrivava lui a mediare, gettando acqua sul fuoco.
Esatto! E’ così che si fa. Intanto tu hai buttato il sasso nello stagno, hai aperto una breccia su un tema, che successivamente si allargherà da sola. Il problema, però, è che Renzi non ha uomini di questo tipo.
Perché?
Innanzitutto perché lui è ancora troppo protagonista, troppo accentratore. Quindi non li fa emergere, non delega, teme che qualcuno gli faccia ombra. In secondo luogo, la classe dirigente del Pd è composta da opportunisti e mezze calzette, che preferiscono stare accucciati all’ombra di Renzi. Del resto, per chi non si espone poi è più facile riciclarsi e cambiare cavallo. Faccio solo due eccezioni: Roberto Giachetti e Pina Picierno, che parlano chiaro e non hanno paura di metterci la faccia.
Ha visto i promossi e bocciati? Che ne pensa?
Guardi, le faccio una confessione forse un po’ snob, ma io di talk show politici non ne vedo mai nessuno, tranne quelli a cui mi invitano, perché mi annoiano da morire. Quindi alcuni di questi nomi non li ho mai visti. Posso solo dirle che Emanuele Fiano lo trovo moscio, mentre Simona Bonafè mi piace.
Lasciamo perdere i nomi allora. Parliamo della storytelling del governo. E’ in crisi?
Anche Renzi, come tutti gli altri in passato, compreso Berlusconi, quando il governo è in affanno dà la colpa al deficit di comunicazione. Tutte frescacce. Il governo, per tutta una serie di motivi, compresa l’emergenza immigrazione, in questo momento vive una difficoltà politica. Il nodo non è la mancanza di comunicazione politica ma di politica comunicativa. Se l’azione di governo è chiara, trasparente, senza ripensamenti, la comunicazione politica si fa da sé. Poi, è chiaro, chi va in tv deve essere preparato e conoscere l’abc della comunicazione. Ma soprattutto deve avere le palle. Mentre la sensazione è che i piddini siano sempre lì a stemperare, rintuzzare. Il loro ruolo dovrebbe essere quello dei centravanti di sfondamento, alla Gigi Riva, mentre Renzi deve fare il regista, il Rivera della situazione.
Secondo lei è giusto che sia il leader di un partito a decidere chi dei suoi deve andare in tv, come fa anche Berlusconi?
Io sono per la libertà. In certi momenti può essere utile, ma in generale lascerei autonomia ai singoli ministri e parlamentari. A patto, però, che davanti alle telecamere funzionino.
Lei non crede che, per esempio, sulla crisi della Grecia l’Italia abbia perso un’occasione per essere protagonista e Renzi abbia mostrato un po’ la corda?
Ma quando mai! L’Italia fino a poco tempo fa era il malato cronico dell’Europa, stavamo per essere buttati fuori. Non potevamo essere protagonisti in questa vicenda. Renzi ha fatto bene a tenere un atteggiamento defilato.
E in Italia?
Le riforme stanno andando avanti. Un po’ a spizzichi e bocconi, ma vanno. Non dimentichiamoci che viviamo in uno dei Paesi più conservatori del mondo, dove tutti lottano col coltello tra i denti per difendere il loro strapuntino.
La sinistra sembra avere un atteggiamento assai snobistico nei confronti del Renzi venditore, con “slide”, gelato, lavagna e gessetto.
Ma la sinistra da anni campa solo d’immagine! La campagna di Bersani, per le primarie e per le Politiche, cos’altro era se non un’enorme operazione d’immagine al grido di “smacchiamo il giaguaro”?
Come giudica il lavoro di Filippo Sensi, spin doctor del premier?
Avendo fatto lo stesso lavoro per Massimo D’Alema quando stava a Palazzo Chigi, so bene quanto sia difficile e quanti guai Sensi debba sciropparsi ogni giorno. Inoltre, visto l’eccesso comunicativo del premier, a lui tocca sempre smorzare. Che dire: è bravo e preparato, si è guadagnato sul campo i galloni del migliore.
Ultima domanda: Renzi dovrebbe twittare di meno e governare di più?
Ma finiamola con questa storia! Oggi twittano tutti, compreso Obama. Nel mondo moderno la comunicazione passa anche da Twitter. E lasciamolo twittare!