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Benvenuti nel fantasmagorico mondo della burocrazia italiana

Sette su venti dei nuovi direttori delle più importanti istituzioni museali italiane sono stranieri, selezionati, su incarico del ministro Dario Franceschini, da una commissione presieduta da Paolo Baratta. Come è stato rilevato, nelle polemiche agostane che hanno accompagnato le nomine, questa scelta è in larga misura dipendente da quelle esigenze di comunicazione che condizionano, spesso in maniera eccessiva, l’azione del governo Renzi. Ma, in sé, si tratta di un’operazione corretta, interessante, da seguire con attenzione, perché, in qualche modo,  contribuisce ad aprire a una dimensione internazionale un patrimonio artistico unico al mondo. Il fatto è che non è sufficiente affidare un grande museo a un esperto straniero per avere ragione anche dei mali della pubblica amministrazione: l’inerzia burocratica, un sindacalismo frammentato e corporativo che sovente tutela gli abusi alla stregua dei diritti, un contenzioso protezionista e farraginoso.

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Quella  di fare leva sui dirigenti per cambiare la Pubblica amministrazione è un’idea nel migliore dei casi illuminista e velleitaria; nel peggiore, farisaica e disonesta. Tutte le riforme della PA (compresa l’ultima del ministro Marianna Madia) affidano ai dirigenti ruoli e responsabilità estremamente superiori ai loro poteri effettivi. Li chiamano a rispondere di obiettivi e risultati per realizzare i quali hanno le mani legate da mille lacci e laccioli. Così tutto, alla fine, diventa una finta. L’amministrazione sa che i dirigenti non possono fare i miracoli; i dirigenti si adeguano ai soliti modus vivendi, chiudendo un occhio quando è necessario.

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Vi siete mai chiesti perché, nella PA, il licenziamento illegittimo continui ad essere sanzionato con la reintegra nel posto di lavoro? A domanda, vi risponderanno che l’Amministrazione deve tenere una linea di condotta più rigorosa nella tutela dei diritti. Il motivo vero è, però, un altro.  Se la sanzione fosse un’indennità risarcitoria si porrebbe il problema di chi deve pagarla. Probabilmente l’Amministrazione eserciterebbe il diritto di rivalsa sul dirigente che ha assunto il provvedimento, per evitare l’azione di responsabilità da parte della Corte dei Conti.

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