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Che succede fra Algeria e Opec

L’Algeria non sviluppa a pieno il suo potenziale petrolifero. A dirlo è il Dipartimento dell’energia Usa, secondo cui il potenziale algerino nel settore degli idrocarburi è notevole, ma non è stato sfruttato al massimo delle proprie capacità.

Si tratta di un dato rilevante, soprattutto per l’Italia che, come ha confermato ancora lo scorso maggio il premier Matteo Renzi, intende mantenere il paese del Maghreb, quale principale partner strategico, sia sul versante gas, sia sul versante petrolio.

Ma, come sottolinea Washington, ad Algeri c’è ancora molto da fare. Dal 2005 al 2014, infatti, la produzione ha registrato una flessione da 1,6 milioni di barili giornalieri a 1,4 milioni. Le riserve dell’Algeria sono stimate ufficialmente a 12,2 miliardi di barili, mentre quelle di gas ammontano a 159 trilioni di piedi cubi. Una ricchezza del sottosuolo ancora da potenziare, dunque.

Qualcosa però si sta muovendo. La compagnia di Stato, la Sonatrach, intende spendere circa 90 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per sviluppare circa 31 giacimenti, come riporta la Reuters. Il ministero dell’energia algerino ha poi comunicato di recente un aumento aggiuntivo dell’output di 32 mila barili al giorno, grazie alla messa a regime dei campi di Bir Sebaa e Bir Msana.

Così come accade per l’Iran, la politica di rilancio del settore però è messa a rischio dal mantenimento del tetto alla produzione imposto dalla linea filo saudita interna all’Opec. E non è infatti un caso il giallo che si è palesato in questi giorni circa una riunione di emergenza del cartello, proprio sul tema del mantenimento di limiti all’output. Il ministro dell’energia algerino, Salah Khebri, aveva infatti dichiarato alla stampa la convocazione di un summit urgente per discutere del calo del prezzo del petrolio (facendo intendere imminenti prese di posizione).

Il ministro è stato però seccamente smentito dal segretario generale Opec, Al Badri, e da altri delegati, che hanno ribadito la volontà di non riaprire la discussione, almeno non prima della programmata riunione del prossimo dicembre. Incontrandosi di recente con alcuni funzionari russi a Vienna, il segretario generale ha mostrato alcune previsioni sull’aumento dei prezzi ma non è stato in grado di dire esattamente se e quando questo potrà accadere.

Nel 2016? Difficile dirlo con esattezza, ma questa mancanza di chiarezza rende impazienti paesi come l’Iran o proprio come l’Algeria, che hanno bisogno di utilizzare la leva petrolifera per stabilizzare la situazione interna (anche a fronte dell’avanzata dello Stato islamico). Al Badri avrebbe, al contrario, dipinto la situazione attuale come un test per produttori ed investitori, chiedendo di tenere duro, riporta l’agenzia di stampa russa Interfax.

Un test che è certamente più gravoso per i Paesi come l’Algeria che per quelli come l’Arabia Saudita o i Regni del Golfo.


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