La crisi greca pare avviata alle stabilizzazione. Merkel e Schauble hanno avuto ragione. Varoufakis e gli avventuristi di destra e sinistra hanno avuto torto. L’impatto su tutti noi dell’irresponsabilità del primo governo Tsipras non è stato lieve. Paghiamo alla sinistra greca, e alla sua dissennata trattativa con i creditori, qualche percentuale di mancato Pil. Ma, tutto sommato, grazie al rinsavimento di Tsipras, che ha virato al centro, che ha raccolto in Parlamento il voto del centrodestra contro quello della sinistra estrema, che ha cacciato Varoufakis e la stolta Brigata Kalimera internazionale antieuro, ne stiamo uscendo bene.
La Grecia ha evitato il fallimento e non è alla fame. Ora l’Europa deve aprire, con un patto di fiducia e di concertazione tra i tre Paesi forti (Germania, Francia, Italia), la fase di politiche di stimolo agli investimenti e alla domanda. Che non sono affatto alternativi al rigore dei conti pubblici.
Dentro le regole di stabilità e il rigore dei conti pubblici l’Europa deve consentire alcune cose essenziali: maggiore flessibilità del rapporto deficit/Pil per le spese per investimenti; spazio consentito a serie e sostanziose riduzioni del peso fiscale; implementazione del piano Juncker per gli investimenti. Unite al quantitative easing della BCE, un accordo su questi punti delineerebbe la piu’ ampia manovra espansiva degli ultimi 20 anni.
Se il nostro governo riesce su questo merita tanto di cappello. Dovrebbe essere, pero’, un obiettivo condiviso. Se avessimo opposizioni responsabili queste cose oggi dovrebbero essere approvate col voto di tutti. Cosa d’altro c’e’ di “bene comune” e interesse nazionale se non queste misure per uscire da 20 anni di mancata crescita e di declino economico? La minoranza Pd esca dall’afasia sull’economia. Smetta di agitare solo proposte comiche, bambinesche, arcaiche e pericolose come il “sussidio di cittadinanza a tutti”.
Si ricordi che viene dalla tradizione, costruttiva e di governo, di partito europeo, costruttore dell’euro, del rigore della spesa, della competitività industriale e della produttività della spesa pubblica. Una grande cultura di sinistra riformista e di governo che rischia di essere banalizzata e annullata da fumisterie radicaloidi e di opposizione irresponsabile e spendacciona. I “vecchi” del Pd battano un colpo.