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Benvenuti nel magma del sistema politico italiano

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Io sfascio, tu sfasci, egli sfascia: voci del verbo sfasciare. Cioè fare politica. Nel funesto ventennio la si faceva col fascio, ora con lo sfascio. Comune ai quattro partiti protagonisti. Due più sadici sfasciano fuori, due più masochisti i mobili e i piatti li rompono in casa. Il sistema dei partiti è imploso: la destra e la sinistra sono sfasciate e confuse, non più due eserciti che combattono, ma un mucchio di reduci zoppicanti che si distruggono; i due partiti più sfascioni non crescono in virtù di un programma politico convincente, ma per l’abilità dei loro leader, che aggrediscono e frantumano: due gioiose macchine da guerra che niente sanno proporre in positivo.

Per qualche settimana la Grecia ha tenuto banco e la politica italiana si era afflosciata. Ma lo sfascio non si è fermato. Forza Italia ha perso una serie di laeder, da Casini-Fini ad Alfano-Fitto-Verdini, altri hanno la valigia in mano. Chi rimane sostiene Berlusconi per la convinzione (sempre più infondata) che sia ancora una calamita di voti, quando invece è solo una calamità. L’imperatore è divenuto vassallo. Era il primo dei quattro, ora è l’ultimo. Ha perso due terzi dei voti, è quotato intorno al 10%. Alcuni pretoriani continuano a fare la guardia, ma chi ormai prende più sul serio Gasparri o Brunetta?

Il cosiddetto popolo dei moderati è in libera uscita, una parte si chiude a riccio fuggendo dal voto, l’altra si sposta verso i partiti della protesta. Scelta civica è desaparecida, Casini cerca una aggregazione. La Lega sfasciatutto non è priva di fratture: Tosi è uscito con alcuni seguaci, fra Maroni e Salvini non corre buon sangue. Il M5S conserva i consensi, ma non meno di trenta eletti lo hanno abbandonato.

Non meno autodistruttiva è la politica del Pd. Anzi le politiche: ormai i partiti sono di nuovo due, come sempre nella storia della sinistra, uno rivoluzionario e uno riformista. La cosa lascia perplessi, in quanto, da più di un anno, il partito ha collezionato numerose vittorie, anche se ora cominciano le defezioni dei votanti: comanda in 17 regioni su 20, prevale anche nei comuni, soprattutto quelli grandi. È ancora quotato come il primo partito (34 %). Anche perché il governo ha realizzato, purtroppo nella maggior parte solo a metà, qualche utile riforma. E la crisi economica, non ancora risolta, è stata bloccata e timidamente cambiata di segno.

Ma ecco il miracolo italiano: tutto ciò che Renzi ha fatto di positivo, certo con limiti e difetti aggravati da una insopportabile prosopopea twittica, è stato ostacolato, non solo dai partiti di opposizione, ma anche da una parte non insignificante del suo partito. Che assiste a casi di abbandono, come Fassina e Civati, e, peggio ancora, casi come Bersani e Cuperlo, la cui “fedeltà” al Pd si propone di affondare la barca. Anche votando con Fi. Mentre alcune di quelle amministrazioni locali, che da sempre erano gioielli esibiti dal Pd, danno segni gravi di sfascio: Milano e soprattutto Roma e Palermo.

Sta così accadendo che il nostro sistema dei partiti si sta sfasciando ed esprime sempre meno quella che in Europa è l’alternanza fondamentale (destra-sinistra, democristiani-socialisti, conservatori-laburisti), mentre aumentano i partiti antieuropei dello sfascio. Quelli favorevoli e quelli contrari all’Europa o almeno all’euro sono alla pari e non poco euroscetticismo è presente anche nei partiti europeisti. Eppure siamo stati (De Gasperi insieme con Schuman e Adenauer) uno dei paesi che hanno fondato l’Unione Europea.

Renzi, che pur ha segnato un cambio di segno rispetto al passato, non è andato al governo col voto dei cittadini, ma con uno sfascio chiamato “rottamazione”. Ed è in atto, da parte dei rottamati, una controrottamazione. Abbiamo un governo molto anomalo, costretto a contrattare la maggioranza, per evitare lo sfascio, con le destre di Alfano e ora Verdini. È in un cul-de-sac. Con ogni probabilità nuove elezioni farebbero vincere la sinistra, in modo da avere un governo stabile, ma il “magnum opus” non è ancora compiuto: la riforma elettorale votata, riguarda solo la Camera, mentre quella del Senato (e, di conseguenza, la fine del bicameralismo ripetitivo) attende ancora una seconda lettura. E tutti i nemici di Renzi, a destra e ancor più a sinistra, sperano in una rottamazione nel voto definitivo.

La politica, ci hanno insegnato Schmitt e Miglio, è il conflitto tra amici e nemici. Ma ora tanto i primi che i secondi sono sfasciati, non hanno più ideali e progetti comuni, si combattono tra di loro. C’è solo il tutti contro tutti. Quando invece servirebbero formazioni unite da ideologie e proposte condivise. Senza le quali c’è solo cabotaggio e navigazione a vista, manca quella visione illuminata che potrebbe tirarci fuori dalla crisi.



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