La vita politica italiana è sempre in movimento, soprattutto nei periodi di chiusura delle attività istituzionali. È un fenomeno naturale. E sicuramente questi ultimi giorni sono stati dominati dai numerosi interventi di Matteo Renzi, dalle polemiche interne alla maggioranza, e dalle tante strategie e tattiche che animano il centrodestra.
C’è chi ha parlato di nuove alleanze di opposizione, soprattutto tra la Lega e Forza Italia, c’è chi parla di elezioni imminenti, e naturalmente chi invece pensa che il Giubileo e la situazione economica garantiscano il proseguo della Legislatura con annessi e connessi, tra cui, con tutta evidenza, uno smembramento progressivo – se ce ne fosse bisogno – di quello che resta del centro moderato.
Molto interessante è indubbiamente quanto accade in casa leghista. In un’intervista su Panorama Matteo Salvini lancia la sua sfida a Renzi in modo articolato e forte, chiarendo le idee di fondo che intende portare avanti, e facendo un retromarcia sulla sua contrapposizione per mesi ostentata a Forza Italia.
Insomma sembra che la nuova linea della Lega possa prevedere, e io aggiungerei che necessariamente debba prevedere, una tela di alleanze centriste in vista di un progetto condiviso e competitivo. Non ci sono da quella parte alternative su questa direzione di marcia, tranne perdere in anticipo.
Ecco perché la tematica rimanda al programma che la destra intende perseguire. Sulla politica estera Salvini ha fatto riferimento a Berlusconi in modo positivo, facendo eco a quanto anche Giuliano Ferrara sul Foglio ha recentemente ricordato: rapporto positivo con la Russia, indipendentemente da Putin, ma anche un rinnovato rapporto con gli USA, nostro baricentro storico, fondamentale e imprescindibile.
Per quanto attiene alla politica interna i progetti sono: “Flat-tax, abolizione degli studi di settore, via la legge Fornero, lotta all’immigrazione, famiglia tradizionale con apertura alle unioni civili”. Lasciando perdere la questione anti Europa, cavallo di battaglia del movimentismo salviniano, alla fine è chiaro che nulla è impossibile.
La vera questione però del rapporto tra Lega e centro riguarda il retaggio culturale cattolico. Bisogna domandarsi se è possibile oggi una compatibilità tra visione cristiana e idee conservatrici. In passato il problema era soprattutto l’unità dello Stato, contestata dalle mire secessioniste. Adesso che la finalità leghista è divenuta nazionale, il problema è piuttosto come conciliare l’affermazione chiusa dell’identità comunitaria con il solidarismo aperto tipico della tradizione cattolica.
Ridurre le tasse, fare una politica del lavoro più adatta alle nuove dinamiche e alle nuove professioni, agire in senso anti lobbistico sono valori indubbiamente validi anche per un cristiano. Per quanto riguarda il tema della famiglia, dopo l’intervento del cardinale Angelo Bagnasco, è altresì evidente la totale convergenza. La famiglia non è confondibile con i diritti civili e con le unioni di fatto, sebbene ci vogliano diritti e doveri per tutti.
Il problema più grande riguarda invece l’immigrazione e l’idea di integrazione. Un cattolico non può derubricare il rispetto della vita umana a nessun altro valore politico anche giusto; come anche non può identificare i principi spirituali della fede con una singola identità comunitaria o nazionale di tipo materiale.
Tuttavia si deve anche dire che tali valori, se restano all’interno di una visione etica e antropologica alta e umana, privi di estremismo e intransigenza, sono perfettamente adattabili alla dottrina sociale della Chiesa, come lo sono per altro, anche e diversamente, i riferimenti che ha in opposta direzione la sinistra verso un solidarismo multiculturale.
Joseph Ratzinger parlava, nella sua celebre Nota dottrinale, di alcuni principi minimali che sono e devono restare fermi e assoluti, ma riconosceva che la loro declinazione può essere legittima sia in un senso più conservatore e sia in senso più progressista, a seconda dei casi e delle diverse volontà. In caso contrario non vi sarebbe compatibilità tra cristianesimo, democrazia, pluralismo e libertà religiosa. Nessuna politica può vantare, d’altronde, l’egemonia ideale della fede senza diventare automaticamente anti democratica e fondamentalista.
In definitiva è lecito chiedersi se sia possibile un cattoleghismo, ossia un incontro ragionevole e attuale tra cultura cattolica e tradizionalismo, ossia, volgarizzando, tra il centro e la destra.
La mia risposta è sì. Ed è sì purché si tenga conto che l’asse su cui tale intesa è coerente deve prevedere necessariamente un primato generale dell’etica sulla politica, dei diritti e doveri personali su quelli economici e sociali attuati dal potere.
Mi piace concludere con delle meravigliose parole di Amintore Fanfani che spiegava quale sia un buon orientamento cattolico verso la politica: ”La società può essere salvata solo da un richiamo esortante ai ‘doveri’ della solidarietà e ai ‘vincoli’ della socialità. Questa è la morale cristiana”.
Un’etica cioè compatibile con tutte le politiche buone che abbiano come presupposto il primato della persona e della comunità. Quindi anche con il cattoleghismo. E non solo con il renzismo o il cattocomunismo.