E’ ormai una vera emergenza informativa da affrontarsi con una terapia d’urto, perché non è più possibile che sul Mezzogiorno si debbano ascoltare soltanto parole che parlano di fallimento di tutto quanto fatto finora, di regioni senza speranza, di rischi di sottosviluppo permanente, di imminente desertificazione industriale.
Tali affermazioni ignorano consapevolmente e ormai colpevolmente tutto quanto invece è in movimento nel Meridione, tutti i segnali che provengono da tante sue industrie e territori che stanno dimostrando ancora una volta – ammesso che ve fosse bisogno – che l’Italia meridionale non è un’unica realtà, che in essa emergono ormai da tanti anni realtà territoriali e aziendali capaci di competere con successo nel mondo, nonostante gli stress dell’ultimo quinquennio che tuttavia non hanno raso al suolo le capacità produttive esistenti.
Ma pervicacemente, insistentemente si continua a parlare di declino irreversibile, di resa alla malavita organizzata, di esodi biblici verso il Nord e l’estero, come se i giovani non partissero anche dal Piemonte – lo hanno evidenziato recenti analisi – per andare all’estero al fine di trovarvi migliori condizioni di vita e di lavoro.
Allora le affermazioni di tutti coloro che si esercitano nel delineare un Mezzogiorno senza speranza vanno contrastate sui mass media incominciando dalle televisioni: e in questa direzione un ruolo fondamentale deve assolverlo la Rai, la Tv di Stato che non può più dare spazio nei suoi vari talk show solo ai Saviano e a coloro che la pensano come lui. No, devono avere voce anche tutti gli altri che possono dimostrare dati alla mano e immagini sul video che il Sud, pur con tutti i suoi problemi che nessuno vuole negare, è ancora una grande risorsa del Paese, ove si produce ricchezza, ove si investe, ove si assumono giovani laureati, ove è possibile fare impresa.
Bisognerebbe insomma avviare una vera guerra di liberazione contro la dittatura della disinformazione che peraltro poi sottace (stranamente) che nel Mezzogiorno non si vogliono utilizzare le preziose risorse naturali di cui esso dispone come ad esempio il petrolio. L’estremismo ambientalista sta tentando in tutti i modi – trovando udienza in molti governatori del Sud – di bloccare le trivelle on e off shore. Ieri l’altro una grande manifestazione di operai e imprenditori dell’indotto petrolifero in Basilicata sotto la sede della Regione ha ricordato al presidente Pittella che gli accordi con l’Eni del 1998 e con la Total del 2006 devono essere rispettati, pena il crollo delle estrazioni e di tutto l’indotto esistente nel territorio. Ma lo ha ribadito anche l’amministratore delegato dell’Eni Descalzi che a Ravenna – là dove esiste uno dei più grandi poli dell’off-shore navalmeccanico ed impiantistico del Mediterraneo – ha sottolineato con forza che c’è il rischio concreto che le estrazioni in Italia crollino con drammatici effetti sull’occupazione, sulle importazioni e sulle entrate per lo Stato.
Ma perché di questo non parlano mai i Saviano, i vertici della Svimez e di altre associazioni meridionaliste sempre pronte invece a rivendicare investimenti aggiuntivi nel Sud da parte dello Stato? Non è giunto il momento di stanare e contrastare con fermezza, nell’interesse nazionale, queste singolari reticenze? E non è giunto il momento di farlo sulla Tv di Stato?
Federico Pirro