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Così Verdini fa discutere Pd e renziani

Fino a qualche mese fa non se ne trovava nemmeno uno. Adesso, complici le fibrillazioni interne al giglio magico e la spregiudicatezza con cui Matteo Renzi ha accolto Denis Verdini, qualche voce critica tra i renziani della prima e della seconda ora sta uscendo allo scoperto. Spuntano qua è là, timidamente, come lumache dopo un temporale.

Matteo Richetti, per esempio, da tempo ha un rapporto altalenante con il presidente del consiglio. Ma pochi si sarebbero aspettati l’uscita del deputato emiliano di qualche giorno fa. Questa continua confusione tra azione di governo, voto sulle riforme e prospettiva politica del ‘partito della nazione’ va immediatamente stoppata. Sono sicuro che Renzi la pensa come noi, ma lo dica con nettezza”, ha detto l’esponente del Pd, critico nei confronti dell’asse con i verdiniani di Ala a Palazzo Madama. I bene informati raccontano anche di ruggini personali tra i due Mattei, ma tant’è: il rapporto al momento è freddo.  Il giorno dopo una stoccata è arrivata pure da Graziano Delrio. “Se Verdini vuole entrare nella maggioranza, a sinistra si aprirebbe un problema politico”, ha affermato a Otto e Mezzo il ministro delle Infrastrutture, salvo poi fare una mezza marcia indietro. Critiche sull’arrivo dei voti dell’ex banchiere fiorentino sono arrivate anche dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Sempre attento a non rompere del tutto con la sinistra del partito. Ma il premier sempre nel corso della trasmissione condotta da Lilli Gruber non ha escluso, di fatto, che Ala possa prima o poi confluire in pianta stabile nella maggioranza di governo.

“Il fatto è che tutti coloro che hanno un collegamento col territorio, che portano i voti, che hanno rapporti con i cittadini, soffrono, perché devono rispondere alla loro gente che gli chiede: ma davvero abbiamo imbarcato Verdini?”, racconta una fonte bene addentro alle vicende dem. Non è solo questione di forma, ma di sostanza. Nel partito, infatti, alcuni temono che Verdini possa far perdere molti voti alle prossime amministrative. Per questo motivo Piero Fassino, a Torino, è più che dubbioso: il sindaco si ricandiderà alle Comunali di primavera e teme che il nuovo scomodo alleato possa togliergli voti, mettendo a rischio la rielezione. Anche tra i vertici milanesi del Pd serpeggiano preoccupazioni del genere, per questo motivo il segretario regionale Alessandro Alfieri sta tentando il tutto per tutto per convincere Giuliano Pisapia a ricandidarsi, ma finora senza risultati.

Insomma, il caso Verdini, che non fa parte della maggioranza ma in pratica voterà tutti i provvedimenti del governo (comprese le unioni civili), se da una parte sta facendo dibattere il partito a Roma e sul territorio, dall’altra sta facendo venire allo scoperto le voci critiche tra i fedelissimi del rottamatore. “Verdini è un falso problema, perché Renzi lo userà e poi lo scaricherà. Non gli consentirà di entrare in maggioranza. Detto questo, il rischio che possa far perdere qualche voto alle amministrative c’è. E chi ha forti legami col territorio si trova in imbarazzo”, osserva il deputato Giacomo Portas.

Come sempre, però, le vicende politiche si mescolano con le ambizioni personali. Di Richetti abbiamo già detto. Delrio, invece, avrebbe preferito restare a fare il numero due a Palazzo Chigi. Un altro esponente del Pd che inizia a interrogarsi è Lorenza Bonaccorsi. Malumori, inoltre, si registrano nel mondo dell’Anci, la prima associazione nazionale a credere nelle virtù del premier quando era presidente della provincia di Firenze. Scontento tra i sindaci, come Matteo Ricci a Pesaro, che rimbalzano fin dentro l’inner circle per poi diluirsi in un’altra guerra sottotraccia, quella tra toscani ed emiliani. “In Emilia nei confronti del premier c’è un malcontento enorme perché, di fronte a certe scelte politiche, pure i renziani non sanno più come giustificarsi davanti alla base. Che da quelle parti resta bersaniana. Il segretario prima o poi dovrà farci i conti”, racconta un’altra fonte che chiede l’anonimato.

Fibrillazioni, anche a Palazzo Chigi, che inducono anche qualche renziano a dire che ne potrebbe risentire l’organizzazione della Leopolda prevista per dicembre. “E’ ancora tutto per aria”, dice una fonte, “non si sa chi comanda e il rischio è che venga fuori una schifezza, come quella dell’anno scorso…”.


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