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Energia, perché British Petroleum sta studiando il cinese

Sta per nascere la più grande alleanza petrolifera degli ultimi anni? In questi giorni il presidente cinese Xi Jinping è in visita nel Regno Unito. Una fitta agenda di incontri, soprattutto a carattere economico: dalla rete stesa da Pechino per aumentare la leva finanziaria e politica della Banca cinese per gli investimenti, a cui Londra ha aderito con entusiasmo, alle turbolenze della piazza di Hong Kong. Ma la missione di Xi Jinping sancisce anche la nascita di una nuova alleanza che potrebbe incidere sulle sorti del settore energetico, quella tra British Petroleum (Bp) e la China National Petroleum Corporation (Cnpc), ovvero la principale società nazionale di idrocarburi.

LE CONVERGENZE TRA BP E CNPC

Al centro degli interessi comuni dei due gruppi – come ha scritto la Reuters, che ha intervistato il presidente cinese alla vigilia della partenza per Londra – ci sono i giacimenti iracheni, in particolare, quello di Rumaila, nel sud del Paese, e produce 1,34 milioni di barili al giorno, secondo le ultime stime di Bp. La situazione irachena è complessa. Il primo ministro iracheno, Haider Abadi, ha avviato un taglio dei fondi per lo sviluppo delle attività petrolifere, annunciando difficoltà nel rimborsare i costi sostenuti dalle imprese nel quadro del comparto energetico. Tra le aziende maggiormente colpite dai tagli del governo c’è proprio British Petroleum, ma anche ExxonMobil, Eni e Lukoil.

LE MIRE DELL’INGLESE BP

Tutte sono attive nei giacimenti petroliferi del sud dell’Iraq nell’ambito di contratti di servizio, che prevedono il pagamento da parte di Baghdad di una tassa fissa in dollari per la produzione. Per questo motivo, a Londra hanno bisogno di un partner strategico capace di investire nuove risorse nei pozzi dell’Iraq e sostituirsi al gettito delle autorità locali. Sia Cnpc che Bp cercheranno poi occasioni di espandere la cooperazione con joint-venture anche in altre aree del mondo, come il Mare del Nord o l’Africa Occidentale, dove Bp è presente da tempo. Già lo scorso anno la compagnia britannica si era impegnata in un ambizioso piano di esplorazioni nel mar cinese, spendendo 112 milioni di dollari.

GLI OBIETTIVI DELLA CINESE CNPC

Gran parte di questo know how è finito in uno proficuo scambio di tecnologie, ma è servito da grimaldello per rafforzare la propria rete commerciale e di stazioni di servizio sul suolo cinese. Bp è così diventata il più grande gestore straniero di pompe di benzina in Cina. Perché i cinesi hanno scelto gli inglesi? Dopo il raggiungimento dell’accordo da 20,8 miliardi di dollari con il dipartimento di giustizia Usa per i danni causati dalla fuoriuscita di petrolio della Deepwater Horizon, Bp si è liberata delle greppie legali che attanagliavano le prospettive d’investimento. Sono, poi, promettenti le ultime aggiudicazioni dei blocchi esplorativi in giro per il mondo.

IL DOSSIER EGITTO

British Petroleum ha messo piede in Messico ed è tornata alla carica in Egitto, anche dopo lo smacco subito con la scoperta del giacimento Zhor da parte di Eni. Per la Cina, l’Egitto è diventato un Paese strategico, soprattutto dopo l’allargamento del Canale di Suez. E non è un caso la recente alleanza per la vendita di 55 navi per il trasporto di gas naturale liquefatto tra il Ministero del petrolio del Cairo e PetroChina. Più in generale, infatti, la Cnpc sta puntando a spostare l’asse del proprio impegno industriale verso l’Africa mediterranea, per alcuni problemi legati alla presenza in Africa centrale e occidentale.

I PESI SULL’ALLEANZA

In Niger, i cinesi hanno dovuto chiudere la raffineria di Soraz, ci sono poi le indagini sulla corruzione nel settore petrolifero in Angola, che anche in questo caso hanno rallentato l’impegno industriale cinese. A pesare sulla nuova partnership tra i due colossi potrebbero essere gli impegni ambientali presi da Bp (insieme alle altre nove principali società Oil&Gas), durante la 21° sessione della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici (Cop 21). Lo sforzo, quello di ridurre ulteriormente le emissioni di gas serra nelle proprie produzioni, rischia, infatti, di non piacere troppo al nuovo alleato cinese.


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