Skip to main content

Libia, cosa accadrà dopo il no di Tobruk e Tripoli

Prosegue lo stallo in Libia, di cui ieri si è discusso anche nel Consiglio Supremo di Difesa riunitosi al Quirinale. Dopo l’ennesimo stop al negoziato condotto dall’inviato dell’Onu Bernardino León, il diplomatico spagnolo ha parlato mercoledì in una conferenza stampa a Tunisi, a un giorno esatto dalla nuova scadenza del proprio mandato. “Non c’è alternativa”, ha detto, a un governo di accordo nazionale”, avvertendo che “una minoranza di gruppi o persone non riuscirà a tenere in ostaggio questo processo”.

GLI ULTIMI STOP

Il riferimento è a quanto accaduto nei giorni scorsi, quando sia il Gnc (il vecchio Parlamento di Tripoli), sia l’assemblea di Tobruk (riconosciuta dalla comunità internazionale), hanno respinto la proposta avanzata dalle Nazioni Unite. Un’opposizione che il diplomatico ritiene strumentale, perché le parti, “non sono state in grado di formulare delle contro proposte”, ma hanno espresso “un semplice no”.

L’ALLARME DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA

Il marasma libico (e il conseguente rischio di infiltrazioni terroristiche nel nostro Paese) è stato uno dei temi principali dell’ultimo Consiglio Supremo di Difesa svoltosi sotto la presidenza di Sergio Mattarella. Durante il summit, racconta oggi Marco Nese sul Corriere della Sera, si è messo in evidenza che abbiamo davanti “un quadro delle relazioni internazionali e della sicurezza in rapido e sensibile deterioramento in aree molto prossime all’Italia e all’Europa e nel vicino Oriente”, principalmente a causa dei drappi neri dell’Isis. “Le preoccupazioni maggiori”, rileva ancora il quotidiano diretto da Luciano Fontana,  riguardano proprio “la situazione caotica” che impera nell’ex regno di Muammar Gheddafi. “Ieri, al Consiglio supremo, era evidente… il disappunto per la mancata pacificazione” (anche perché, rileva ancora Nese, era già stato scelto il generale Paolo Serra per svolgere il ruolo di consigliere militare. Qui il suo ritratto).

L’ANALISI DI TOALDO

Per Mattia Toaldo, analista presso lo European Council on Foreign Relations di Londra, la linea di León coincide con quella di Roma. “La conferenza di León”, commenta a Formiche.net, “ha mandato un segnale simile alle dichiarazioni di ieri del ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni: l’unica opzione in campo è quella dell’accordo. Vista la scadenza di ieri del mandato della Camera dei Rappresentanti, il governo libico che riceverà il riconoscimento internazionale sarà quello che uscirà dall’accordo, quando ci sarà. Il che vuol dire che senza riconoscimento internazionale Tobruk non può amministrare d’ora in poi le risorse finanziarie del Paese”. Una situazione nuova, che potrebbe accelerare i negoziati. “La Farnesina”, aggiunge Toaldo, “ha detto chiaramente che la decisione del Parlamento di Tobruk di lunedì notte non era un vero voto contro l’accordo. Il problema, però è che sia a Tripoli sia a Tobruk i gruppi armati fanno pressioni troppo grandi perché i deputati possano votare liberamente”.

IL PIANO LEON

Per l’emissario, che a meno di nuovo rinnovo di mandato sarà sostituito a breve dal tedesco Martin Kobler, la delusione è alta. Il suo piano, ha rilevato Vincenzo Nigro su Repubblica, prevedeva “un Consiglio di Presidenza” con l’indicazione “di un premier, Fayez al Sarraj, 3 vice premier e 2 ministri di Stato”. Ma davanti al nuovo fallimento, tanto Bruxelles quanto il Palazzo di Vetro meditano ora di applicare misure alternative di natura economica, che costringano le fazioni a trovare un’intesa. “Non è chiaro”, prosegue il quotidiano diretto da Ezio Mauro, “se le parti libiche approveranno il governo” proposto, “ma in molte riunioni l’Ue e le Nazioni Unite da mesi hanno affrontato il tema di sanzioni mirate contro chi volesse far fallire il piano di pace”. Tuttavia, prima di fare una scelta così drastica, nei prossimi giorni si tenterà ancora di trovare un accordo “spontaneo”, come ha spiegato lo stesso León.

IN CASO DI ACCORDO

Sull’ex regno di Muammar Gheddafi, scivolato in una guerra civile alimentata da violenza e terrorismo, pesa anche l’incognita di cosa accadrà subito dopo il raggiungimento di un accordo. In questo senso, la situazione libica è seguita con attenzione dall’Ue e dalla Nato. Lunedì, racconta l’agenzia Ansa, Federica Mogherini, a capo della diplomazia di Bruxelles, ha sottoposto al Comitato politico per la sicurezza e la difesa della Ue (Cops) un piano per sostenere la stabilizzazione del Paese. “Nelle 10 pagine della Nota informativa agli Stati membri – racconta l’agenzia di stampa -, è ribadita la disponibilità di un pacchetto di 100 milioni di euro per una serie di programmi, che comprendono aiuti per ricostruire la pubblica amministrazione, ma anche per la salute e per i media”. Nel documento “gli impegni Ue per la sicurezza sono scadenzati in tre diverse fasi. Nella primissima fase dopo l’eventuale insediamento del governo di unità nazionale è previsto che sia (la missione dell’Onu) Unsmil a condurre il coordinamento iniziale per la sicurezza e si afferma che una missione internazionale di assistenza, se politicamente accettabile per i libici, avrà bisogno di qualche tempo per essere dispiegata e resta la sfida di come provvedere al meglio il supporto alla sicurezza del Governo di unità nazionale nelle prime settimane vitali. Una terza ed ultima fase potrebbe consistere della pianificazione e attuazione di attività a lungo termine per la riforma del settore della sicurezza, per il disarmo e per lo sminamento”. La pianificazione operativa è stata affidata all’Italia.

I PIANI DELLA NATO

Mentre l’Alleanza Atlantica, che in queste ore si esercita nel Mediterraneo in funzione anti Isis (e per lanciare un segnale a Mosca), ha affrontato nell’ultimo summit anche “le sfide” che riguardano il suo Fianco Sud, compresa la Libia. In particolare, ha spiegato l’ambasciatore degli Usa presso la Nato, Douglas Lute, “a sud e a Sud Est la Nato sta mettendo in atto sforzi per un’opera di defense capacity building con la Giordania e l’Iraq”, e sta “aspettando di compiere una cosa simile” con lo Stato nordafricano, quando la situazione politica lo permetterà”. Cioè quando il negoziato dell’Onu produrrà i risultati attesi.



×

Iscriviti alla newsletter