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Benvenuti a Roma, città senz’anima

Roma è una città senz’anima. Involgarita, depredata, degradata, sfregiata. Disumana nella sua dimensione pubblica. Decenni di malgoverno l’hanno ridotta ad una sorta di discarica di risentimenti e di indifferenza. Responsabili le amministrazioni, ma pure i cittadini hanno dato il loro fondamentale apporto alla devastazione che è sotto gli occhi di tutti. I miasmi che si levano dalle periferie al centro storico non sprigionano dalla casualità, né dall’incapacità di governare la modernità. Essi originano dai fondali limacciosi dell’immoralità e della corruzione che hanno esondato da tempo immemorabile senza che nessuno s’ingegnasse a mettervi un argine.

Le classi dirigenti sono state palesemente insensibili di fronte allo sfascio progressivo di Roma ed hanno continuato a coltivare i loro affari immaginando che il sacco della città potesse continuare impunemente, senza intaccare le loro miserabili, quanto voraci ambizioni. Gli intellettuali hanno pensato di assecondare l’andazzo legandosi a potentati in grado di garantirgli prebende ed una narcisistica visibilità, ancorché effimera, con il tacito patto (trasgredito soltanto da qualche voce isolata) di assecondare faraonici progetti quasi mai in linea con la vocazione culturale di Roma e sempre più estranei alla sue stessa estetica.

La Capitale, infettata da mafie di diversa origine e provenienza, ha così perduto la  propria identità, s’è resa irriconoscibile ai suoi stessi abitanti, per non parlare degli occasionali visitatori, ha smarrito caratteristiche che la rendevano unica al mondo sicché sulle sue vestigia più antiche e prestigiose è calata una spessa coltre di nebbia, al punto di non essere quasi più decifrabili.

L’abbandono è la cifra che connota Roma. E non c’è stato nessun amministratore in grado di applicarsi al contrasto di questa iattura. Anzi, è stata enfatizzata da politicanti di scarso livello intellettuale appoggiati a lobbies di speculatori senza scrupoli. Un sistema dalle complesse e contorte ramificazioni ha fatto di Roma un campo di battaglia tra contrapposte fazioni. La politica, inutile sottolinearlo, si è liquefatta. E ciò che di essa rimane è relegata come note ai margini dei corposi faldoni giudiziari nei quali è racchiusa la storia recente della città.

E’ difficile immaginare quale sarà l’avvenire di Roma. A breve termine è da escludere qualsiasi possibilità di rinascita. I prevedibili attori che dovrebbero mettere mano alla sua ricostruzione non hanno alcuna credibilità per procedere ad un’opera di risanamento morale e civile in poco tempo. I partiti, una volta organismi capaci di convogliare il consenso intorno ad alcune idee, per quanto criticabili, non esistono più. Gli intellettuali sono spariti e comunque sembra che i pochi sulla piazza preferiscano rintanarsi nelle loro privatissime occupazioni votandosi al solipsismo piuttosto che all’impegno pubblico. Le giovani generazioni sentono la città estranea e con disagio vi si aggirano tra indifferenza e pulsioni vandaliche.

La Chiesa cattolica, sola autorità spirituale viva che potrebbe indirizzare Roma verso un destino meno precario, viene dalle sedicenti élite politiche e culturali messa sempre più in discussione. Sicché anche il Giubileo della Misericordia sembra avviato ad un esito dai contorni piuttosto confusi.

Non so come sedicenti leader si possano avventurare, sfidando il ridicolo, nell’immaginare (o addirittura lanciare) candidature improbabili per il Campidoglio senza aver prima riconosciuto lo stato di prostrazione nel quale è precipitata la città. Anche questo è un motivo di angoscia che priva Roma di una qualsivoglia speranza nel guardare al suo domani.


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