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Che succede se Bruxelles accetta le condizioni di Cameron?

Il presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, ha ricevuto una lettera inviata dal premier britannico David Cameron che ribadisce le richieste le richieste del Regno Unito per restare nell’Unione europea. La prossima settimana Tusk inizierà una serie d’incontri bilaterali con gli Stati membri e con altre istituzioni europee per sondare stati d’animo, perplessità e contestazioni alle istanze di Londra. Prima dell’invio della missiva, Cameron e Tusk si sono confrontati sul tema, secondo un tweet del presidente del Consiglio europeo.

ZONA (NO) EURO

La lettera, firmata da Cameron (qui il documento), spiega in quattro punti le riforme proposte. Il primo riguarda l’economia. Da quanto si legge nella lettera del premier britannico, il Regno Unito non vuole più interferire nelle misure che adotteranno i Paesi dell’Eurozona, ma desidera che siano rispettati l’integrità del mercato unico e gli interessi degli Stati membri che non adottano l’euro. Vuole che ci siano “principi legalmente vincolanti” per garantire e proteggere gli interessi di questi Paesi. Tra questi principi, propone: riconoscere che l’Ue ha più di una moneta; che non ci devono essere discriminazioni o svantaggi per le imprese dell’Unione a prescindere dalla moneta adottata; protezione dell’integrità del mercato unico; che i contribuenti dei Paesi che non usano l’euro come moneta non debbano contribuire a livello finanziario al sostegno dell’Eurozona; e che la supervisione finanziaria continui ad essere competenza di istituzioni nazionali come la Banca di Inghilterra, almeno per i Paesi membri che non adottano la moneta unica.

CHE VINCA IL MIGLIORE

Il secondo punto della missiva riguarda la competitività. Il Regno Unito vuole che la Commissione europea si concentri sulla crescita economica e l’eliminazione di leggi non necessarie. Londra intende promuovere la sua “nuova strategia commerciale”,  pubblicata lo scorso ottobre. Questa include una serie di accordi con Stati Uniti, Cina e Giappone. Per Cameron, i cittadini britannici vogliono “un nuovo impegno chiaro e di lungo periodo” in favore della competitività e della produttività, con proposte diverse per stimolare il commercio e contenere la regolamentazione.

PRIMA LA SOVRANITÀ

Il Regno Unito vuole poi mettere fine all’obbligo, incluso nel Trattato dell’Unione europea, di lavorare per una “stretta unione”. Il premier britannico insiste nel dire che è necessario rafforzare il ruolo dei Parlamenti nazionali, con un nuovo accordo che permetta a un Paese far valere il suo “no” quando i suoi interessi siano danneggiati dalle scelte comunitarie. Le decisioni devono poter essere prese a livello nazionale. Allo stesso modo, Londra chiede di mantenere autonomia su scelte che riguardano materie etiche, di giustizia e sicurezza.

CHIUDERE LE PORTE

Il quarto punto è sull’immigrazione. Cameron ha scritto a Tusk che il Regno Unito “crede in un’economia aperta, capace di gestire le pressioni della libera circolazione delle persone, ma ora queste pressioni sono troppo grandi”. Cosa fare? Secondo il premier britannico è necessario esercitare un maggior controllo sui nuovi arrivi nell’Ue, con nuove regole per l’ingresso, così come nuove sanzioni per chi ha commesso frodi e stipulato matrimoni di convenienza. Londra chiede anche la possibilità di rimpatriare chi ha commesso reati su territorio britannico. “Il Regno Unito – continua Cameron propone che le persone che arrivano dai Paesi dell’Ue lavorino almeno quattro anni prima di beneficiare di sussidi sociali o di un’abitazione”.

EFFETTI SULL’OCCUPAZIONE

Le reazioni a queste proposte sono state varie: il primo ministro irlandese, Enda Kenny, ha detto che non è a favore della Brexit, ma è disposto a sostenere alcune delle riforme proposte dal governo britannico. Durante un intervento alla Confederation of British Industry, Kenny ha commentato che il tema è da affrontare con estrema cautela, perché è a rischio il lavoro di milioni di persone. “Sono sempre stato chiaro. L’Irlanda è aperta e pragmatica sulle proposte per migliorare l’Ue. Se il Regno Unito propone riforme ragionevoli e possibili, saremo flessibili”. Secondo uno studio dell’Economic and Social Research Institute, se Londra lasciasse il mercato comune dell’Ue, le zone più colpite sarebbero l’Irlanda del Nord e alcuni Paesi vicini. I settori più danneggiati sarebbero il commercio e l’energia.

VERSO UNA DIFESA COMUNE

Per l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, ex ministro italiano della Difesa, già presidente del comitato militare della Nato, l’uscita dall’Ue del Regno Unito potrebbe avere un risvolto positivo, perché spingerebbe gli altri Stati membri ad una maggiore cooperazione in campo militare. Secondo Eunews, Di Paola crede che la Brexit darebbe luogo a “un’integrazione più spedita, dal momento che il Regno Unito, assieme ad altri Stati membri, si oppone ad un ruolo più rilevante dell’Ue in campo militare, preferendo la cooperazione tra Paesi”. Il principale ostacolo per la costituzione di una difesa europea comune è oggi la resistenza “degli Stati europei a sviluppare una seria politica di Difesa e, di conseguenza, a investire in essa”.

Qui la lettera di Cameron a Tusk

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