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Ecco come e perché Boeri ha sbagliato sulle pensioni. Parla Maurizio Castro

Favorevoli, contrari, perplessi. Addetti ai lavori ed esperti del ramo si stanno dividendo sulla proposta di riforma del sistema previdenziale alternativa a quella di governo, pubblicata giorni fa sul sito dell’Inps, e firmata dal presidente dell’ente, Tito Boeri. Un piano, che prevede tra le altre cose un taglio alle pensioni più alte per finanziare un reddito minimo per gli over 55, che ha fatto parecchio discutere, ma soprattutto ha incontrato il muro del governo, che ha respinto al mittente la proposta.

BOERI ROBIN HOOD O INVASORE DI CAMPO?

Qualcuno ha intravisto in Boeri una sorta di moderno Robin Hood. Togliere a chi ha di più per dare a chi ha di meno è il senso del documento in 16 articoli. Altri hanno invece accusato l’economista di aver “sconfinato”, usando l’Inps per legiferare, sostituendosi per l’occasione a governo e parlamento. Tra chi la vede all’incirca così c’è anche Maurizio Castro, manager, già senatore Pdl, ex direttore generale dell’Inail e ora presidente del gruppo di lavoro temporaneo Quanta.

DOVE (E PERCHE’) IL PROF. HA SBAGLIATO

Dice Castro a Formiche.net: “Boeri ha una mente lucidissima. Ma..”. C’è un ma. “La proposta di Boeri, per il modo in cui è stata presentata, senza prima una consultazione con le istituzioni, appare sgrammaticata, quasi configurando una sorta di violenza istituzionale”, spiega Castro. “L’Inps non è il Cnel e soprattutto non ha funzioni legislative, compito che invece spetta al Parlamento e al Governo. Parlare di equità con una proposta pubblicata su un sito appare una scelta sbagliata, perché si tratta di aspetti già affidati alle cure del governo e del Parlamento”. Perché Boeri si è improvvisato ministro del Lavoro o persino alter ego renziano? Risponde Castro: “Credo che siamo dinnanzi a un grande gioco politico tra Boeri e il governo, anche se non ne capisco la ragione. Operazioni di questo tipo, al di là della bontà in sè della proposta, non convincono.”

UNA PROPOSTA IN FUORIGIOCO

Ma non c’è solo la questione della forma a finire sotto accusa. Ce n’è anche una di carattere temporale che, se vogliamo, la rende anche inopportuna. “In un momento in cui c’è un barlume di ripresa, parlare di equità, decLinandola in interventi di riduzione dei trattamenti in corso, rischia di togliere fiducia a quel ceto produttivo che è la base della ripresa”, afferma l’ex senatore. In altre parole, di spaventarlo e di far scattare una sorta di panico. “La proposta di Boeri è in questo senso fuori tempo massimo, perché arriva in un momento in cui bisogna spingere sulla ripresa, non deprimerla con manovre anticicliche”.

BASTAVA BUSSARE ALLA PORTA DI RENZI…

Forse c’era un modo più consono per portare all’attenzione del governo il proprio punto di vista senza suscitare un tale vespaio, attirandosi contro critiche. “Guardi”, spiega Castro, “lo dico in base alla mia esperienza all’Inail. Perché se un ente vuole confrontarsi con l’esecutivo su una determinata questione, ha tutto il diritto di farlo. Basta solo bussare alla porta di Palazzo Chigi. Ma non pubblicare un documento online senza previa concertazione. Le porte sono sempre spalancate, anche per l’Inail, che di cose d dire ne avrebbe. Eppure è rimasto in silenzio…”.

RIFORMA PENSIONI? NO, MA QUALCHE COSINA…

Castro allarga poi lo spettro della sua analisi alla riforma della previdenza, più volte ventilata dal governo ma mai realmente attuata. Dice Castro: “Alcuni interventi sulla previdenza vanno fatti, ma meno intensi rispetto al passato, visto che oggi il sistema regge molto bene. Qualcosa andrebbe fatto sulla previdenza complementare, ridando slancio ai fondi pensione, così da dare un supporto alla previdenza “principale”. Sono ancora pochi i lavoratori italiani che vi ricorrono d’altronde, meno del 25%”. E poi “intervenire su questo aspetto potrebbe far superare il confronto Renzi-Boeri sulla riforma previdenziale, che rischia di tornare a galla ogni volta che si parla di riforma”.


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