Si muove qualcosa nelle banche italiane finite in amministrazione straordinaria e cioè, Banca Marche, Banca dell’Etruria e Cassa di risparmio di Ferrara? La risposta è sì. Perché piccoli e grandi soci delle banche, come riportato da MF-Milano Finanza, sarebbero pronti a scendere in campo, formando una sorta di associazione allargata e trasversale in grado di accompagnare l’operato del Fondo interbancario di tutela dei depositi che si appresta a entrare in azione, con una serie di salvataggi che passeranno inevitabilmente per delle ricapitalizzazioni. Sempre che Bruxelles non si metta nel frattempo di traverso, giudicando gli interventi del Fondo come aiuto di Stato e spingendo così gli istituti verso l’abisso. Va bene, ma nella pratica, di che si tratta?
PROTEGGERE IL TERRITORIO (E LE AZIONI)
La base di partenza è che con le ricapitalizzazioni, unica strada per evitare il crack, ci sarà un riassetto della compagine azionaria. Con evidenti ripercussioni sul management e quindi sulla gestione della banca tessa. Ma, cosa più importante, nel rapporto con il territorio che è un aspetto non certo secondario nelle realtà bancarie locali. Di qui l’esigenza di giocare d’anticipo, costituendo una sorta di “rete di protezione” per preservare al contempo il legame con il territorio e il valore delle azioni dei vecchi soci dinnanzi a quelli nuovi. In altre parole, secondo quanto è in grado di ricostruire Formiche.net, uno zoccolo duro in grado di proteggere sia il dna della banca, sia di rafforzare la voce degli azionisti “storici” dinnanzi a quelli che verranno. Operazione non facile e delicata, come spiega una fonte: “Bisogna andarci piano, è una faccenda delicata, anche se l’operazione-associazione è giusta”. Meglio però guardare cosa succede banca per banca.
LE SPERANZE (E LE INCOGNITE DELL’ETRURIA)
Banca Etruria, la popolare aretina in crisi da anni e per questo affidata alle cure del commissario Antonio Pironti, proprio pochi giorni fa ha ribadito la voglia dell’Etruria di voltare pagina e trovare entro due mesi una soluzione definitiva, alias aumento di capitale (intorno ai 300 milioni) e ingresso di nuovi soci. Proprio in questi due mesi, gli azionisti dell’Etruria si dovranno muovere per tessere la tela insieme alle associazioni delle altre commissariate. Compito non facilissimo, vista la frammentarietà dell’azionariato dell’Etruria, circa 60.000 soci. A far da coagulante potrebbe essere Vincenzo Lacroce, ex ispettore della Banca d’Italia e socio robusto dell’Etruria. Oggi Lacroce guida l’associazione Amici di Banca Etruria, che potrebbe risultare alla fine il contenitore perfetto per costituire quel pacchetto azionario da far poi confluire nell’associazione in comune con le altre due banche. Magari anche con l’ausilio di Rossano Soldini, imprenditore aretino, ex membro del cda e ad oggi titolare di numerose azioni della popolare.
BANCA MARCHE, QUATTRO CASSE PER UN SALVATAGGIO
Diversa, ma non troppo, la situazione di Banca Marche, dove figurano quattro soci importanti che controllano l’istituto. E cioè CariJesi, CariPesaro, CariFano e CariMacerata. Anche qui però le associazioni non mancano: a rappresentare i piccoli soci privati c’è l’Associazione azionisti privati banca Marche, presieduta da Bruno Stronati e che raccoglie un migliaio di iscritti. L’associazione, secondo alcune indiscrezioni raccolte, sarebbe già in allerta, aspettando di vedere come e quando agirà il Fondo, che per la banca ha previsto un intervento stimato in oltre 1 miliardo. Anche in questo caso però, ci sarebbero alcuni soggetti “forti” pronti a farsi carico di rappresentare i soci minori. Tra questi l’industriale Francesco Merloni, che un paio di anni fa non nascose il proprio interesse per le sorti della banca, dicendosi pronto a intervenire, insieme a imprenditori del calibro di Diego Della Valle.
CARIFE, SE GLI AZIONISTI DICONO OK AL FITD
L’ultimo fronte è quello di Carife, la Cassa di risparmio di Ferrara, il cui commissariamento è stato di recente prorogato proprio per traghettare al meglio l’istituto verso l’intervento del Fitd. Due le anime in campo. Da una parte la Fondazione, che controlla la banca con una quota del 54,2%, dall’altra l’associazione AzioneCarife, presieduta da Gabriele Tosi e che raduna i dipendenti-azionisti dell’istituto e che vede di buon occhio l’intervento del Fitd e l’aumento di capitale, come spiega la stessa associazione sul suo sito. “Azione Carife vede con favore l’operazione e la ricapitalizzazione della banca quale preludio all’auspicato rilancio aziendale”. In questo caso, l’associazione in comune che si va costituendo vedrebbe il coinvolgimento anche della Fondazione, che dopo la ricapitalizzazione scenderà al 2%, diventando a tutti gli effetti un socio minore.
L’OBIETTIVO FINALE? NON “PERDERE” LA BANCA
Sulla questione dei piccoli e grandi azionisti in manovra, dice a Formiche.net Giovanni Schiavon, presidente dell’associazione piccoli azionisti Veneto Banca, che da parte sua sta combattendo la propria battaglia in Veneto: “Quello che conta è salvare la banca, questa iniziativa, se così fosse non può che essere ben vista. Perché alla fine, l’obiettivo di ogni azionista deve essere uno: non perdere la banca. Per sé e per il territorio”.