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Isis, tutte le bufale sulle Playstation

La notizia secondo la quale i terroristi utilizzano la Playstation per comunicare e pianificare i loro attentati è una bufala e induce a considerazioni sul livello di competenza dei nostri organi investigativi e sul potere della Rete di influenzare le persone inducendole a comportarsi come automi senza capacità di critica.

Tutto è cominciato con un articolo comparso qualche tempo fa in cui si riteneva che i terroristi facessero uso della nota consolle per giochi della Sony per comunicare in modo sicuro tra loro. Immediatamente altre testate hanno rilanciato la notizia, spesso aggiungendoci del proprio, con risultati imbarazzanti, tanto che in Italia ci sono cascati tutti, senza eccezioni! Gli autori si sono in seguito scusati, ma era ormai troppo tardi e mezzo mondo aveva già rilanciato la notizia che, però, non era tale. Il nostro Ministro della Giustizia, per una sua iniziativa o perché male informato, ha sposato la tesi e fatto la dichiarazione sulla Playstation che, in realtà, è una vera e propria bufala.

La Playstation altro non è che un personal computer orientato al gioco e alla gestione degli utenti per acquisti, gioco on-line, ecc.,“ciò che potrebbe renderla interessante allo scopo è che è possibile sostituire il sistema operativo con una versione di Linux, gratuita e liberamente scaricabile, che la trasforma in un vero e proprio personal computer. Sapendo questo, è evidente che darebbe meno nell’occhio l’acquisto di una Playstation per il proprio figliolo da parte di un possibile attentatore, piuttosto che un vero e proprio PC. Ma null’altro!.

La verità è che nessuno può essere tanto stolto da pensare che i criminali non facciano uso di tecniche di mascheramento e della crittografia: l’intercettazione massiva non ha mai prodotto alcun risultato, e la NSA-National Security Agency americana lo ha detto e scritto più volte.

Se vogliamo affrontare il problema correttamente, c’è una sola soluzione: l’intelligence, anzi la versione specifica di intelligence per questo tipo di attività, la Web Intelligence (webint) e la Social Media Intelligence (socmint). Ma questo richiederebbe competenze e, quindi, costi per svilupparle ed ottenerle che, purtroppo, i nostri servizi investigativi, specie con i continui tagli che il Governo continua a varare, non potranno mai permettersi.

Le tecniche di reclutamento di questi gruppi terroristici si basano su una conoscenza delle dinamiche di internet e dell’utilizzo dei social media che presuppongono una grande competenza. Ma siamo proprio certi che le menti che li guidano siano proprio in Medio Oriente o, piuttosto, devono essere cercate tra noi ‘civili’ occidentali?

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