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Bravo Hollande a Versailles

Nel ricco, grasso, gioioso Occidente in cui abbiamo avuto la fortuna di vivere negli ultimi decenni, figlio di due infernali guerre mondiali, abbiamo affidato allo Stato compiti di ogni sorta, quasi a garanzia di una “felicità” astratta e di un benessere che esso in verità non può darci perché tocca a noi conquistarci. Più l’estensione delle competenze statali cresceva, più la forza e l’autorità del potere costituito diminuiva. E sempre più scemava anche la nostra tempra morale, il carattere e l’orgoglio di vivere in una società libera. Fino a che un giorno ci siamo dovuti risvegliare con un nemico viscido e sanguinario fin dentro le porte di casa. È in questi momenti che alcuni uomini, casomai quelli su cui meno avevamo puntato le nostre fiches, assumono la leadership, si fanno statisti. E non è questione di destra o sinistra.

Non vorrei illudermi ma penso che, con le parole pronunciate ieri a Versailles, forti e precise, Hollande abbia compiuto questo passo. O, quantomeno, ha ora la possibilità di mettersi su questa strada. E una buona controprova è arrivata dalle reazioni convulse registrate dai social, dei singulti e dalle reazioni irriflesse dei gauchistes di maniera che non hanno esitato a definire “di destra”, o addirittura “fascista”, il suo discorso.

La visione distorta delle cose, quella che ci ha portato ad affidare allo Stato la ricerca della “felicità”, ci ha fatto dimenticare che esso ha un solo o prioritario compito: quello di garantire la nostra sicurezza e le nostre libertà. Noi abbiamo affidato ad esso il monopolio legittimo della forza non altro che per questo. E Hollande ha avuto l’acume di capire, come a suo modo lo capì George Bush dopo l’11 settembre, che è questo nucleo fondante che i jihadisti mirano a colpire. Se la sicurezza e la libertà di tutti noi non è garantita dall’autorità legittima, essa in definitiva a cosa serve? A che serve avere un potere costituito e istituzionalizzato? Ora, non è certo con i discorsi pacifisti, dialoganti, remissivi che si può fermare chi vuole riportarci allo stato di natura, all’homo homini lupus?

È solo la forza, una forza efficace e contraria, legittima, che può annullare le pretese di chi al dialogo e alla libertà non crede. È la forza che giustifica ogni potere, anche quello liberale. Illudersi del contrario porta a sicura morte la libertà stessa. Hollande lo ha capito: ha chiamato guerra quella che ormai lo è a tutti gli effetti senza preoccuparsi di destare scandalo in tante “anime belle”, ha chiesto quelle misure eccezionali a cui in tempo di guerra bisogna mettere mano, ha chiesto persino modifiche alla Costituzione (di cui pertanto non ha la concezione sacrale che di essa hanno da noi tanti corifei di un presunto ben pensare), è passato all’azione militare, ha messo in luce le contraddizioni degli altri Stati e l’inanità di una scelta solo politica e diplomatica.

Ha fatto in questo modo, con questo suo discorso, ancora più risaltare le contraddizioni di un Obama che, quasi in contemporanea, mentre parlava dell’ISIS come di un diavolo, giudicava poi un errore andarlo a combattere a casa nonostante che esso a casa nostra sia già arrivato. Sarà pure brutto a sentirsi, scandalizzerà pure le “anime belle” di cui sopra, ma la verità è che, da che mondo è mondo, se esorcizzi la realtà della guerra non solo non prepari la pace ma finisci col creare ulteriori dolori. Poiché la pace a cui aneliamo è quella che ci permette di godere della libertà, delle nostre libertà così faticosamente conquistate, parafrasando i latini non possiamo che dire: si vis libertatem, para bellum. Hollande lo ha capito e lo ha detto. In modo solenne, al momento giusto. Come fecero i grandi statisti del passato. Bisogna, questa volta, dargliene atto.

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