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Che succede tra Erdogan e Putin in Siria

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Il Sukhoi-24 dell’aviazione russa abbattuto oggi dagli F-16 turchi può portare a un punto di rottura i rapporti tra Russia e Turchia? Tra i due Paesi ci sono da tempo – in verità da secoli, sottolineano alcuni osservatori – rapporti non semplici che emergono da diverse divisioni, soprattutto in Siria.

LE PAROLE DI PUTIN

Alla base della nuova crisi c’è il fatto che le autorità del Paese guidato da Recep Tayyip Erdogan affermano che i caccia turchi avevano avvisato il velivolo, ma si sono visti costretti ad aprire il fuoco dal momento che i ripetuti avvertimenti – dieci nel giro di cinque minuti – per abbandonare lo spazio aereo invaso venivano ignorati. Non solo. L’agenzia Reuters cita fonti militari che sostengono che prima della vicenda già un altro velivolo aveva violato lo spazio aereo turco e aveva ricevuto gli stessi segnali di avvertimento.
Mosca, però, ha negato lo sconfinamento e il presidente russo, Vladimir Putin, ha definito l’abbattimento “un crimine”, “una pugnalata alla schiena sferrata da complici dei terroristi” e ha detto che l’incidente avrà “serie ripercussioni” sui rapporti tra le due capitali. Il primo effetto, tutto diplomatico, è stato l’annullamento dell’incontro che domani avrebbero dovuto avere il primo ministro di Ankara Ahmet Davutoglu e il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov per discutere proprio del contrasto al jihadismo.

I RILIEVI DI ARPINO

L’episodio non è nemmeno del tutto nuovo. Per il generale Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa, “negli scorsi mesi ci sono stati diversi sconfinamenti dello spazio aereo turco da parte della Russia”, ha detto a Formiche.net. “L’episodio non stupisce”, aggiunge, rimarcando che “se è vero che al momento i due Paesi dialogano su come contrastare la minaccia comune dello Stato Islamico, dall’altro questa vicenda può iscriversi nella secolare competizione regionale tra Turchia e Russia”.

IL NODO SIRIANO

Il focus delle tensioni tra i due Paesi oggi è la Siria. Ankara e Mosca sono lontane su molti temi, compreso il destino del presidente siriano Bashar al-Assad. Erdogan lo vorrebbe fuori dai giochi, come gli americani. Putin lo sostiene. Entrambi i Paesi sono attivi militarmente in Siria in questo momento e, nonostante il comune nemico Stato Islamico, non viaggiano l’uno al fianco dell’altro.

SCAMBI D’ACCUSE

“Il Cremlino – scrive Maurizio Molinari sulla Stampa – ha un contingente di almeno duemila uomini e oltre cento jet nelle basi di Latakia da dove conduce raid contro i ribelli, Ankara ha oltre 10 mila soldati schierati a ridosso del confine ed i suoi jet effettuano raid contro basi curde siriane”. La differenza di approccio alla guerra in territorio di Damasco, prosegue il giornalista, “è divenuta lampante al recente G20 quando Putin ha accusato individui di 40 Paesi – Turchia inclusa – di finanziare lo Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi e la risposta è arrivata da Erdogan accusando Assad di acquistare greggio proprio da Isis per finanziare un nemico che lo rilegittima come leader nazionale”.

L’ERRORE DI MOSCA

Scambi di accuse velenosi, che potrebbero aver avuto conseguenze. Per il corrispondente da Washington del Corriere della Sera, Guido Olimpio, alla base dell’incidente ci potrebbe essere proprio una sottovalutazione di Mosca delle conseguenze dell’impegno in Siria. “Nessuna simpatia per Erdogan e company – scrive Olimpio su Facebook – ma è un grande errore considerare gli attori locali come mezze cose, senza valore o incapaci. È una visione – scusate – razzista. Se vogliono ti creano un mare di guai, hanno leve, risorse. Possono usare movimenti o agire direttamente. Putin pensava di entrare in Siria senza pagare pegno, ma non è così che gira. Le missioni gratis non esistono. I britannici sono stati i primi a sperimentare questo dall’Afghanistan all’Iraq quando erano ancora un Impero, poi gli Usa e infine la Russia. Vinci la guerra, ma non la pace”.

GLI SCENARI

Cosa accadrà ora? Come ogni leader, crede il britannico Telegraph, Putin “sarà sotto pressione per rispondere”. Ma, viste le versioni divergenti delle parti, è possibile “che si trovi un compromesso” e che la Russia “si scagli contro i ribelli siriani . È possibile che la pretesa fermamente convinto di Mosca che il suo aereo era nello spazio aereo siriano – nonostante la dichiarazione della Turchia il contrario, ed elementi di prova da radar – consentirà un compromesso per salvare la faccia, per cui Putin dirige la sua ira a ribelli siriani, piuttosto che verso la Turchia .
Ad ogni modo il Cremlino potrebbe farla pagare cara alla Turchia. Non direttamente, sostengono alcuni analisti, per non incappare nella reazione della Nato, che si troverebbe costretta a difendere uno Stato membro.
Però, rileva Rid, “prima di tutto, la Russia potrà far leva sulle forniture di gas. Ankara importa il 57% del proprio gas dalla Russia che rappresenta così il primo fornitore della Turchia. Se Mosca dovesse chiudere il rubinetto, Ankara, soprattutto nel breve-medio periodo, avrebbe difficoltà a trovare delle alternative”.
Allo stesso tempo, “Putin potrebbe iniziare ad armare seriamente i Curdi siriani dell’YPG, che Ankara considera una minaccia né più né meno come il PKK, ma altrettanto potrebbe fare con lo stesso PKK nel nord dell’Iraq. Oppure, qualcuno, vedi Siria, potrebbe reagire per conto di Mosca. Del resto i Siriani nel 2012 già abbatterono un F-4 turco da ricognizione”.

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