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Così gli Stati Ue aiuteranno (forse) la Francia contro Isis

I Paesi dell’Unione europea hanno attivato per la prima volta la clausola di assistenza reciproca prevista dall’art. 42.7 del Trattato di Lisbona in caso di aggressione armata a uno degli Stati membri. La misura era stata invocata ieri dal presidente francese François Hollande durante il suo intervento a Camere riunite a Versailles dopo i fatti di Parigi. Oggi, a Bruxelles, i ministri della Difesa di Bruxelles, su impulso del loro omologo transalpino Jean-Yves Le Drian, hanno deciso di accettare la richiesta.

LA SCELTA

L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione, Federica Mogherini, ha spiegato che la decisione di attivare l’art. 42.7 è innanzitutto “un atto politico” e non richiede alcun altro passo procedurale, nessuna decisione formale del Consiglio Ue, né proposte della Commissione. Tutto procederà a livello bilaterale, se necessario con l’assistenza del Servizio esterno Ue. Secondo fonti del Consiglio raccolte da Askanews, “sarebbe proprio questa la ragione per cui la Francia ha deciso di invocare l’art.42.7 sulla difesa collettiva, e non la clausola di solidarietà prevista dall’articolo 222 del Trattato sui Funzionamento dell’Ue, che riguarda specificamente l’assistenza reciproca in caso di atti di terrorismo (e catastrofi naturali)”. L’art. 222 sarebbe “molto più lungo e complicato da attivare, e richiede diversi passaggi formali, anche da parte della Commissione europea”.

LA POSIZIONE DELL’ITALIA

L’Italia per il momento frena, almeno su Damasco. Al termine del Consiglio di Difesa, riporta Askanews, la titolare del dicastero di Via XX Settembre, Roberta Pinotti, ha detto: “Escludo un intervento in Siria, mentre ci sarà, invece un rafforzamento della nostra missione in Iraq, che è già previsto dal decreto in discussione al Parlamento: porteremo il contingente da 500 a 750 militari”.
In Iraq, ha aggiunto la Pinotti, “stiamo aumentando notevolmente il numero degli addestratori, come ci era stato richiesto dalla coalizione anti Isis, con una richiesta specifica del generale Allen (l’inviato del presidente Obama per la coalizione, ndr) e degli iracheni stessi. Avevamo già uno dei contingenti più numerosi, ora lo aumentiamo ulteriormente”, ha specificato il ministro della Difesa. Abbiamo “assicurato alla Francia la massima disponibilità rispetto alla collaborazione del nostro Paese. Ma sul piano militare – ha detto ancora – l’Italia fa già molto, perché siamo tra i primi contingenti in Iraq per la lotta all’Isis”. Ad ogni modo, ha aggiunto la Pinotti, “è chiaro che la lotta al terrorismo non si gioca soltanto con lo strumento militare. C’è il tema della propaganda sul web, quello dei finanziamenti, quello delle indagini e dell’intelligence. Quindi ritengo che le possibilità di collaborare maggiormente possano essere molte. Venerdì c’è un’importante riunione dei ministri degli Interni dell’Ue, e quella sarà l’occasione per mettere a punto alcune delle cose che possono servire”.

LA RIFLESSIONE DI RENZI

Una posizione rafforzata dalle parole del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, alla presentazione del settimanale Origami. “Bisogna essere equilibrati e avere buon senso”, ha spiegato il premier, ripreso da Repubblica. “Certo devi mettere in conto tutti i tipi di intervento, ma la sfida la vinci se riesci a vincere la sfida educativa, non semplicemente con le azioni militari”. L’inquilino di Palazzo Chigi ha definito gli attentati nella capitale francese “una aggressione alla nostra identità”. Ma ha anche espresso cautela. “Sono molto prudente sulle parole. Capisco chi utilizza la parola guerra ma io non la uso. E’ evidente che l’attacco di Parigi è strutturalmente un attacco militare”. Per farvi fronte, ha rimarcato, “ci vuole anche una reazione, è sacrosanto e comprensibile, e devi mettere in conto tutti i tipi di intervento. Ma la sfida” contro i jihadisti, ha spiegato, “la vinci se vinci la sfida educativa nei prossimi 20 anni. Le reazioni da sole producono la Libia-bis. Serve una soluzione, un accordo sulla Libia. Si può immaginare un maggior ruolo anche dell’Italia nell’accompagnare un governo che si sia insediato in Libia”.

IL COMMENTO DEGLI ESPERTI

Ma cosa succederà adesso? L’articolo 42.7 prevede testualmente che “qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell‘articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite“. Ciò, aggiunge “non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri”. Non si tratta dunque di un obbligo stringente, spiega a Formiche.net il generale Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa. “Ogni Paese si confronterà con Parigi e deciderà se e come offrire il proprio sostegno. Non si fa esplicito riferimento al sostegno militare propriamente inteso, ma, rimandando all’art. 51 della Carta Onu, parla solo di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un membro delle Nazioni Unite. Non è scontato, dunque, che gli Stati membri decidano di intensificare in modo concreto il proprio impegno in Siria e Iraq, come vorrebbe la Francia”. Anche per Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, questa scelta potrebbe essere poco efficace: “Se anche noi dovessimo fare somma di tutti gli eserciti europei, come auspica la Francia, avremmo strumento monco. A questa Europa mancano le necessarie capacità d’intelligence e per condurre azioni belliche complesse. Capacità che oggi sono solo nelle mani degli Usa. Per questo sarebbe stato meglio appellarsi all’art. 5 del Trattato Nord Atlantico, per il quale, tra l’altro, esiste un precedente, quello del post Torri Gemelle”.

LA SODDISFAZIONE DI LADY PESC

Per Federica Mogherini, “non si tratta solo di una solidarietà generica, ma della volontà di fornire aiuto e assistenza secondo un articolo del Trattato Ue”, attraverso “contributi differenziati” che daranno tutti gli Stati membri. “Ma prima di tutto – ha concluso l’Alto rappresentante – è un atto politico per affermare che l’Europa della Difesa esiste e può essere attivata”.

LE PAROLE LE DRIAN

Anche la Francia, però, si aspetta stavolta un sostegno fattivo e non di facciata. Il ministro Le Drian ha spiegato in una conferenza stampa tenuta dopo il Consiglio che Parigi comincerà subito a organizzare le riunioni bilaterali e il coordinamento necessario per tradurre in atti concreti quest’impegno preso dai ministri della Difesa” dei Ventotto. “Al di là della Francia è l’Europa che stata colpita, e che siamo tutti francesi”. Poi ha avvertito: “Vedremo come si declinerà quest’impegno, se rispetto agli interventi della Francia in Siria in Iraq, o in altri teatri operativi”, dove gli altri Stati membri potrebbero compensare un eventuale alleggerimento della presenza francese. “La Francia non può fare tutto, nel Sahel, in Centrafrica, in Libano, continuando in più ad assicurare la sicurezza del territorio nazionale. Vedremo che cosa ciascun paese potrà fare e su quale teatro”, ha aggiunto il ministro.



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