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Ecco la vera storia di Licio Gelli

A volte la Storia ha sottili ed ironiche allusioni e la coincidenza della morte di Licio Gelli con il procedere dello scandalo Etruria sembra una di esse. Il venerabile e la banca erano legati da più fili, ma su questo torneremo. L’occasione si presta anche per una riflessione sul ruolo di un personaggio in tutta la storia dell’Italia Repubblicana, dal caso Borghese al caso Moro, dai depistaggi per la strage bolognese al caso Calvi. La cronaca giornalistica è spesso (e inevitabilmente) un grande appiattitore e banalizzatore e questo ha riguardato anche Gelli, rappresentato con l’immagine un po’ caricaturale dell’eterno intrigante, del faccendiere-spia e golpista che, però, alla fine, è stato sempre sconfitto.

Senza attenuare il giudizio negativo sul personaggio, credo si debba spostare la riflessione su un piano concettualmente più alto di riflessione politologica su quel che è stata la P2 che, se non è riuscita ad evitare lo scioglimento del 1981, ha però operato una sensibile trasformazione del senso del potere in questo Paese. Qualcosa che è proseguita ben al di là del 1981.

In primo luogo, la vicenda della P2 è stata isolata dal suo contesto culturale internazionale. Le idee del famigerato “Piano di Rinascita Democratica” non nascono dal nulla, sono parte di un vento elitario che soffia già dai primi anni settanta, se non da prima. Esse furono il prodotto della reazione elitaria ai movimenti degli anni settanta: già Niklas Luhmann aveva letto quella crisi come effetto del “sovraccarico della domanda” (tema ripreso in Italia da Giuseppe Are), tesi presente anche nelle relazioni di Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki al convegno della Trilateral del 1975 che suggeriva rimedi istituzionali che avevano molti punti di contatto con il Piano di Rinascita democratica (rafforzamento dell’esecutivo per garantire la governabilità, eliminazione o attenuazione degli spazi di partecipazione come i referendum, sistemi elettorali che limitino l’accesso alla rappresentanza, concentrazione e controllo del sistema informativo ecc.).

Ed anche sul piano economico il piano gelliano, si poneva come “partito del profitto imprenditoriale” (e, per altri versi, della rendita finanziaria), in perfetta sintonia con il vento neo liberista che si stava levando.

Dunque, non un piccolo complotto di un Paese marginale come l’Italia, ma la proiezione italiana di un profondo sommovimento della cultura politica in tutto l’Occidente. Ed, infatti, le idee di quel piano sono sopravvissute allo scioglimento della loggia nel 1981. Anzi, hanno trovato applicazione in diversi punti ad opera dei governi successivi e vale la pena di dire che la maggior parte di queste realizzazioni non si deve ai governi berlusconiani di centro destra, ma a quelli di centro sinistra a trazione Pds-Ds-Pd (ma su questo torneremo più in dettaglio).

E questo, come si sa, ha lasciato pensare che la Loggia non si è mai davvero sciolta o che essa si sia ricostituita qualche tempo dopo il suo scioglimento ufficiale ed in gran segreto con meno ben più fedeli adepti. Mentre altri (forse con maggiore realismo) hanno pensato che la P2 fosse solo il tentacolo periferico di un sistema elitario strutturato a livello sovranazionale (Brenneke nei primi anni novanta parlò di una P7). E lo stesso Gelli si è ipotizzato che non fosse il “burattinaio di ultima istanza” ma solo l’intelligente colonnello di qualche altro burattinaio di livello superiore. Si tratta di aspetti ancora in ombra della vicenda e sui quali occorrerebbe indagare alla ricerca di elementi in mancanza dei quali si rischia di scadere nel complottismo non documentato alla Magaldi con le sue superlogge che tutto controllano e tutto dirigono.

Di fatto possiamo solo constatare come la prassi dei “partiti orizzontali” delle classi dominanti (trasversali a quelli pubblici presenti nei Parlamenti) si è andato infittendo affiancando nuovi soggetti come l’Aspen, ad antichi sodalizi come il Bilderberg, la Trilateral, la Mont Pelerin Society ecc. E’ uno dei riflessi della strutturazione elitaria ed antidemocratica del sistema di potere neo liberista.

Da questo punto di vista la P2 è un “case study” molto interessante che merita di essere approfondito al di là del canone giornalistico sin qui imperante.

Ripeto: non si tratta di riabilitare Gelli o di fargli uno sconto sulle non poche colpe accumulate, ma di portare la discussione al livello teorico che merita, anche per capire il presente. Perché la vicenda gelliana non si è conclusa nel 1981 e per certi versi può fornire interessanti chiavi di lettura anche per gli scandali presenti.



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