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Bad bank, tutte le tensioni fra Roma, Berlino e Bruxelles

Dopo la luna di miele dei mesi passati, la tensione tra Palazzo Chigi e Berlaymont continua a salire. Nelle scorse settimane, l’Italia non ha nascosto la propria irritazione per la condotta dei vertici dell’Unione, accusati da un lato di aver deciso di abbandonare South Stream, un progetto di gasdotto che avrebbe collegato la Russia all’Europa e del quale Eni era uno dei maggiori investitori; dall’altro di aver concesso il potenziamento di un’altra infrastruttura energetica – North Stream – sostenuta dalla Germania. Dossier, e tensioni, evocati oggi dal premier Matteo Renzi nella conferenza stampa di fine anno: “Le banche italiane sono solide, non c’è alcun rischio sistemico, non cambierei il nostro sistema bancario con quello tedesco“, ha detto Renzi, che ha espresso parole per nulla lusinghiere sulla solidità degli istituti di credito tedeschi, specie quelli medi e piccoli. E non sono state le sole stilettate contro la Germania durante la conferenza stampa di fine anno. (qui una recente analisi del Cer su quanto la Germania guadagna con la crisi dell’Eurozona)

DOSSIER BAD BANK

Ora al centro del braccio di ferro tra Roma e Bruxelles c’è in particolare il dossier banche e, in particolare, la possibilità, da parte dell’Italia, di creare bad bank per alleggerire gli istituti italiani dai crediti deteriorati. La Commissione per il momento nicchia, mentre si fa largo la voce, per ora non confermata, che nelle istituzioni comunitarie si stia pensando a spingere l’Italia a far ricorso al cosiddetto Fondo salva-Stati (Esm), con l’obiettivo di domare così l’attivismo di Palazzo Chigi attraverso il guinzaglio della Troika. Sta di fatto che, mentre fino ad alcuni giorni fa, il Tesoro italiano anche a Formiche.net escludeva tensioni su questa partita fra Italia e Bruxelles, fino a smentire pure niet maturati negli uffici di Bruxelles nonostante articoli circostanziati di Formiche.net, ora la verità viene alla luce anche grazie alle parole del presidente del Consiglio. Mentre in ambienti renziani ci si interroga sul reale peso degli uomini del Tesoro nel far valere le ragioni italiane a Bruxelles a partire proprio sul dossier banche, come testimonia anche il no della Commissione europea all’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi bancari (Fitd) nelle banche 4 locali disastrate (Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti).

COSA SI DICE A PALAZZO CHIGI

A conferma delle indiscrezioni che da tempo circolano, arriva oggi l’articolo di Maria Teresa Meli del Corriere della Sera che segue attività e umori di Palazzo Chigi: “Con l’istituzione di una «bad bank», invece, gli istituti di credito avrebbero una boccata di ossigeno e potrebbero riprendere a fare prestiti ai privati e alle imprese con maggiore tranquillità. Il che, secondo Renzi, aiuterebbe la ripresa italiana. È ovvio, quindi, che il premier abbia mal digerito i rigidi vincoli imposti dall’Europa (e voluti dalla Germania) e adesso mediti di passare al contrattacco con un pressing molto determinato sia nei confronti del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker che della cancelliera tedesca Angela Merkel. Non è quindi un caso che Renzi abbia in programma due incontri con entrambi per perorare non solo la causa dell’Italia ma anche quella dell’«Europa della crescita». Una missione diplomatica, quella che si prefigge il premier, tutt’altro che facile“.

L’IPOTESI ESM

Nel 2012 la soluzione bad bank fu adottata da Spagna e Cipro. Che ciò avvenga oggi per l’Italia, è invece “del tutto improbabile”, ha scritto ieri Alberto D’Argenio su Repubblica. “Tesoro e Bankitalia”, proseguiva l’articolo, “garantiscono che anche in caso di mancato accordo sulla bad bank i crediti deteriorati non rappresentano più un rischio sistemico”. Una tesi, questa, sostenuta in una conversazione con Formiche.net anche dall’economista Gianfranco Polillo, già sottosegretario al Tesoro nel governo Monti. Ma “il solo fatto che a Bruxelles riflettano su questa possibilità”, ha sottolineato ancora D’Argenio, con “molti governi presterebbero volentieri soccorso all’Italia per poi controllarla”, fa capire “il livello della tensione”. Dopo gli scontri su Tercas e sul salva-banche, ora, infatti, ha rilevato ancora il quotidiano di Largo Fochetti, “i fari sono sulla bad bank”: il negoziato “è incagliato per ragioni tecniche”, anche se “le tensioni politiche non aiutano”. Il nodo principale – dicono gli addetti ai lavori – è da un lato la percentuale di crediti da svalutare e dall’altro lato il grado e la presenza di una eventuale garanzia pubblica seppure nella forma lieve della Cassa depositi e prestiti, controllata dal ministero dell’Economia ma non ricompresa nel perimetro della pubblica amministrazione. Il ruolo della Cdp è evocato e invocato a proposito del progetto di bad bank dal Parlamento, viste le conclusioni pubblicate dell’indagine conoscitiva sul sistema bancario svolta dalla commissione Finanze del Senato.

LA STRADA (IN SALITA)

Anche mettendo da parte le tensioni tra Roma e Berlino, “la soluzione impostasi, quella gradita a Bruxelles”, evidenziava giorni fa sul quotidiano di Via Solferino Federico Fubini, “svaluta i crediti in default delle quattro banche fino ad appena al 17,6% del valore originario. Si può dunque immaginare che l’operazione da 2,2 miliardi proposta dall’Italia trattasse quegli stessi crediti al valore di bilancio intorno al 40%: un miliardo e mezzo di perdite in meno. Quel prezzo al 17,6% che piace a Bruxelles è da liquidazione, da vendita al più presto domattina. Il 40% che prevale nei bilanci delle banche in Italia per i crediti in difficoltà invece è un valore di lungo periodo: a volte dietro ci sono anche ville a garanzia, o aziende in crisi che ripartono. E questa forbice fra le due letture è esattamente ciò che oggi blocca un intervento di sistema in Italia per rimuovere dalle banche italiane ben 200 miliardi di prestiti in default”.
Ma Palazzo Chigi eviterebbe volentieri questa soluzione, considerata estrema tanto quanto quella dell’Esm. “Questa misura complessiva del governo”, ha sottolineato ancora Fubini, resta urgente. Serve a rimettere a posto il sistema del credito nel Paese e far ripartire gli investimenti”. Ma applicare “a tappeto ai prestiti in default gli sconti da liquidazione stimati da Bruxelles, equivale a far emergere un brutale, sproporzionato buco nei bilanci delle banche italiane. Per questo si è arrivati allo stallo. E stare fermi, quando serve una ripresa, è davvero scomodo”.

LO SPECIALE DI FORMICHE.NET SU BANCHE E BAD BANK:

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