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Booking.com, Expedia & Co. Tutte le guerre tra albergatori

Una delle disposizioni contenuta nel disegno di legge sulla concorrenza – in discussione in questi giorni al Senato – che ha suscitato maggiori discussioni è l’art. 50, detto anche la “norma anti booking”. Fortemente richiesta da Federalberghi, la norma vieta per legge la clausola che gli alberghi stipulano con le agenzie di viaggio on line e con la quale si impegnano a non applicare sul proprio sito web un prezzo inferiore a quello pubblicizzato su booking.com o Expedia. Si chiama clausola di parità tariffaria ed è stata già oggetto di indagine da parte di diverse autorità antitrust, sia in Italia che in Europa, e tutte l’hanno ritenuta legittima.

COME FUNZIONA

Le ragioni sono piuttosto semplici. Oggi un albergo si iscrive volontariamente e gratuitamente a Booking.com, stabilisce il numero di camere da mettere a disposizione del sito e fissa liberamente il miglior prezzo per quella camera. Il prezzo è identico (parità appunto) sia sul sito dell’albergo che su quello di booking.com. E’ identico perché l’albergatore ha stabilito che quello è il prezzo migliore perché nessuno meglio di lui conosce, in base all’andamento del mercato e del periodo, quanto e come possa vendere le proprie camere. E’ identico perché se booking.com anticipa – di tasca propria – i soldi per dare visibilità alla struttura, tradurre il sito in 42 lingue e fornire assistenza 24 ore al giorno, lo fa a fronte di un ritorno economico: la commissione che incassa solo dopo e a soggiorno avvenuto.

I VANTAGGI PER I CONSUMATORI

Se gli utenti andassero gratuitamente sui portali di prenotazione per poi prenotare direttamente sul sito dell’albergo nella speranza di avere un prezzo un po’ più basso, le agenzie come booking.com non avrebbero alcuna ragione per promuovere quell’hotel. Anche il consumatore non avrebbe alcun vantaggio, perché si troverebbe di fronte ad una confusione di prezzi. Inoltre, nel medio periodo, riducendosi la capacità e il numero di strutture promosse sui portali avrebbe meno scelta di strutture disponibili e prezzi più alti. D’altronde nessuno obbliga l’ albergatore a sottoscrivere il contratto, se lo fa è perché lo trova conveniente.

TESI E CONTROTESI

La tesi di Federalberghi non tiene conto che ben 9 autorità Antitrust in Europa hanno confermato l’utilità di questa clausola, soprattutto nell’interesse dei consumatori e dei piccoli albergatori; che alcune importanti associazioni dei consumatori hanno pubblicamente dichiarato in sedi istituzionali che non ritengono l’abolizione di questa clausola a favore dei consumatori; che gli stessi rappresentanti degli albergatori romagnoli di recente hanno dichiarato sui giornali che “a causa di piattaforme come booking.com si possono trovare hotel a 4 stelle a soli 40 euro per notte; attribuiscono, quindi, ai portali on line l’effetto di un eccessivo abbassamento dei prezzi. E per tale ragione hanno invocato il ritorno – udite, udite – alle tariffe minime per categoria di albergo.

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