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Syed Rizwan Farook, tutti i legami deI killer di San Bernardino con Isis

Mercoledì mattina alle 11, ora di San Bernardino, città di 250 mila abitanti in California, a meno di 100 km da Los Angeles, 14 persone sono state uccise e 17 sono rimaste ferite in una sparatoria in un centro medico dell’Inland Regional Services. A colpire sono stati un uomo e una donna, coniugi, armati fino ai denti, che hanno sparato verso le vittime indifese prima di ingaggiare uno scontro a fuoco con la polizia e restare uccisi loro stessi. Il presidente americano Barack Obama nello statement ufficiale sui fatti è stato cauto: non si può escludere la pista del terrorismo, ma ancora mancano diversi elementi.

Il movente

La descrizione delle azioni, della scena del crimine, del modus operandi, è sicuramente quella dell’atto terroristico. Non è chiaro però cosa abbia spinto i due all’attacco. I coniugi killer non erano conosciuti alle autorità, che stanno procedendo nelle indagini senza escludere nessuna pista, compresi, ovviamente, link con il mondo della jihad e del radicalismo islamico: il corrispondente da Washington del Corriere della Sera, Guido Olimpio, ha scritto che gli inquirenti «non escludono neppure un mix tra questione personali e movente politico». D’altronde, aggiunge, «il confine è ormai sottile».

La coppia

Lui si chiama Syed Rizwan Farook, ha 28 anni, è un cittadino americano dell’Illinois nato da genitori di origine pakistana, musulmano, impiegato presso il dipartimento della Salute della contea, dove da cinque anni ricopriva il ruolo di ispettore sanitario; la moglie è Tashfeen Malik, ventisettenne. Sono loro gli esecutori materiali, rimasti uccisi a bordo del proprio Suv dopo la caccia all’uomo della polizia, ma non si esclude nemmeno la presenza di complici (una terza persona, sospetta, è stata arrestata nei dintorni del centro, ma pare non sia collegato agli assalitori). Il Los Angeles Times scrive che dietro al gesto potrebbe esserci un insieme di terrorismo e questioni legate al posto di lavoro di Farook. L’uomo sarebbe stato presente a una festa organizzata con i colleghi del dipartimento della contea nella sala conferenze dello stesso centro attaccato, poi una lite per motivi non chiari: successivamente è tornato con la moglie, pesantemente armato, e ha aperto il fuoco.

L’azione

Riporta il Washington Post che Jarrod Burguan, il capo della polizia di San Bernardino, ha detto in conferenza stampa che i due «sono arrivati preparati per fare ciò che hanno fatto, come se fossero in una missione». Il modus operandi dei coniugi ricorda in effetti quello del commando jihadista che ha colpito Parigi il 13 novembre, elementi preparati all’azione, in grado di gestire la potenza di fuoco a disposizione, sincronici e micidiali, un’azione simile a quella dei professionisti. Dai 65 ai 75 colpi sparati all’interno del centro, con una micidiale percentuale di centri sui bersagli indifesi; oltre 76 contro gli agenti che li hanno braccati (la polizia ha risposto con altri 380 colpi esplosi, secondo il report di Burguan). Gli agenti hanno recuperato un AR-15 (la versione semiautomatica del famoso fucile d’assalto M-16 impiegato da moltissimi reparti delle forze armate americane) e un MP15 (versione dell’AR-15 della Smith & Wesson), e due pistole, una DPMS Panther e una S&W modello M-P: quest’ultime, secondo la CNBC, comprate regolarmente dai due, mentre i fucili sarebbero stati procurati, legalmente, a nome di una terza persona. Marito e moglie si sono presentati al blitz a volto coperto, con indosso dei gilet tattici (non giubbotti antiproiettile come detto inizialmente). Sul luogo della strage è stato rinvenuta anche una pipe bomb, ordigno artigianale composto da tre tubi pieni di esplosivo, collegati e attivabili con un telecomando a distanza, che non ha funzionato e ha impedito la detonazione. Nella casa della coppia sono stati rinvenuti altri 12 IED e migliaia di munizioni. Tutti indizi che fanno pensare alla premeditazione e non al gesto istintivo: magari la lite è stato solo l’elemento scatenante.

I collegamenti con il terrorismo islamico

Nel suo profilo online su iMilap.com,  un social network pensato per creare amicizie e cercare partner, Farook si definiva un musulmano “aperto”: il direttore del centro islamico che frequentava, invece lo ha descritto come un timido, un introverso, spesso isolato dalle altre persone, anche se frequentava con costanza le preghiere del mattino e della sera. Ha conosciuto Tashfeen proprio su internet, poi l’ha incontrata per la prima volta in Arabia Saudita. Un viaggio nel 2013 durante l’Hajj (il pellegrinaggio verso la Mecca che i musulmani devono compiere almeno una volta nella vita) che l’Fbi adesso sta passando al microscopio per capire se l’uomo ha avuto modo di incontrare elementi collegati alle reti jihadiste. Insieme, nel 2014, i coniugi avrebbero fatto un altro viaggio in Pakistan, visitando forse altri luoghi. La Cnn attraverso sue fonti dice che l’uomo ha seguito un percorso di radicalizzazione, anche se né lui né la sua compagna erano inseriti tra i segnalati dall’Fbi. Eppure fonti tra le autorità riferiscono sempre alla Cnn che Farook avrebbe avuto contatti telefonici e sui social media con elementi oggetto di inchieste per terrorismo: “connessioni soft” spiegano gli investigatori, saltuarie, avute con elementi di bassa priorità, che non hanno mai messo l’uomo sotto i riflettori dei federali, ma che ora potrebbero aver un ruolo nella ricerca delle motivazioni che hanno portato la coppia a compiere il gesto. Non sono state ritrovate note scritte o filmati lasciati dai due coniugi per spiegare il loro attacco, e i testimoni hanno raccontato di non averli sentiti parlare durante l’azione. La madre di Farook, a cui la coppia aveva affidato la figlia di sei mesi, con la scusa di una visita medica, mentre andava a compiere l’assalto, s’è detta in stato di shock e non in grado di spiegare che cosa abbia spinto il figlio e la nuora. Tuttavia l’Fbi, secondo quanto riferisce il New York Times, ha fatto sapere che sta trattando la sparatoria come «un caso di terrorismo». In un cassonetto dei rifiuti vicino al centro per disabili teatro della strage, sono stati ritrovati due cellulari, nuovi, distrutti; il computer di casa Farook era stato privato dell’hard disk forse con l’intento di coprire le proprie tracce.

I legami con l’Isis. Il giornalista della CNN Jim Sciutto, che si occupa di sicurezza nazionale, ha scritto su Twitter che potrebbe esserci un legame tra i due attentatori che hanno colpito il centro medico per disabili e lo Stato islamico. La donna, Tashfeen Malik, avrebbe postato su Facebook una sorta di baya, il giuramento di fedeltà al Califfo. Il post, che sarebbe stato pubblicato su FB utilizzando un falso nome di Malik, sarebbe stato postato il giorno stesso della strage. Una circostanza già vista nel caso di Elton Simpson e Nadir Soofi, gli assalitori della mostra di cartoni che ritraevano Maometto, avvenuta a Garland, in maggio: gli attentatori, entrambi uccisi dalla polizia prima di concludere l’attacco, avevano anche loro espresso il giuramento di fedeltà a Khalifa Ibrahim il giorno stesso del gesto. In questo momento l’Fbi è impegnato a tracciare eventuali collegamenti per capire se il link si porta dietro una “direzione” da parte di uomini legati direttamente allo Stato islamico, oppure il Califfo ha fatto soltanto da ispirazione.

 


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