Non solo in Francia, ma anche in Italia, il voto regionale che ha premiato la famiglia Le Pen e il suo movimento, sollecita dibattiti che coinvolgono soprattutto la sinistra. La quale se fosse stata più unita in Francia avrebbe avuto risultati migliori. I socialisti nel ballottaggio si dividono anche sulle desistenze possibili in alcuni collegi per sconfigge il Front National, e però emerge però anche un certo orgoglio di fronte a Sarkozy che le rifiuta.
Osservo che il movimento lepenista non vince a Parigi, la città dove il terrorismo islamista ha consumato la strage che avrebbe dovuto condizionare le elezioni provocando paura. Uso il condizionale non per negare il peso che nel voto ha avuto la paura e la reazione irrazionale di tanti cittadini nei confronti di chi ha una posizione ragionevole sull’immigrazione. E quindi soprattutto sui socialisti di Hollande.
Uso il condizionale perché il voto parigino, dove la lista dei Le Pen è al quarto posto dopo i verdi, ci dice che nel voto di domenica in province lontane da Parigi hanno giocato anche altri fattori economico-sociali e culturali su cui la sinistra e il sindacato, non solo in Francia, non hanno una politica e dirigenti adeguati ai tempi nuovi.
A me pare che la sinistra, anche in Italia, non ha consapevolezza di un dato storico-politico: la condizione sociale, e una battaglia politica per farla emergere, e la cultura politica di massa che essa determina, sono decisive per assolvere a un ruolo rilevante nella vicenda politica, nella società, e anche per le sorti stesse della democrazia. Da questo punto di vista anche le prossime elezioni amministrative in Italia saranno un test significativo.