Manuel Valls legga Palmiro Togliatti. Tra il 1928 e il 1936 il fascismo italiano visse la sua stagione di consenso più forte. Sembrava imbattibile e dotato di consenso popolare autentico. Nel contempo il comunismo viveva la stagione più aspra della stretta staliniana. Togliatti e il vertice del Pci decisero in quegli anni di abbandonare la demonizzazione dell’avversario fascista. Saranno la guerra e la scelta scellerata dei fascisti di trascinarci in essa a far ritornare la contrapposizione radicale.
Ma tra il 28 e il 36 la scelta coraggiosa del Pci e di Togliatti fu quella di “capire” i perché del consenso popolare del regime. Fino al famoso “Appello ai fratelli in camicia nera” del 1936, che venne qualche mese dopo le “Lezioni sul fascismo” in cui riprendendo Antonio Gramsci sul ruolo delle “masse” e del consenso nel regime fascista, Togliatti liquidava polemicamente un’analisi del fascismo ferma alle demonizzazioni propagandistiche della Terza Internazionale. Il cuore del tentativo di Togliatti era “capire” le ragioni del consenso alla destra e, coraggiosamente, misurarsi con esse: criminali erano i capi fascisti ma le “masse fasciste” andavano non solo capite ma andavano fatti i conti con le loro aspirazioni, pulsioni, ideali e convinzioni. A cominciare da quello più forte: la Nazione.
Marine Le Pen, per fortuna, non è Benito Mussolini. E non ha fatto una marcia su Parigi e instaurato una dittatura. E nessuno crede che lo farà. Ma la lezione di Togliatti del ’36 ( che anticipò la cultura “nazionale” della Resistenza italiana e della ricostruzione democratica che si propose di dare all’Italia la Costituzione e non la Rivoluzione, servirebbe al giovane leader francese. Insultare come antisemiti, razzisti, antirepubblicani i lepenisti ed evocare la guerra civile parla alla pancia della vecchia sinistra, ormai tragicamente minoritaria, ma è la premessa della sua liquidazione nelle urne. Servirebbe quella lezione del ’36 a insegnare che quando la destra in Francia tocca i livelli di consenso di oggi, la demonizzazione, la criminalizzazione, la pretesa di esclusione (ridicola da parte di una minoranza com’è il Partito socialista francese verso una maggioranza qual è la destra in Francia, oltre il Front National ) dei “fascisti” della Le Pen è una idiozia.
Che porterà alla ripulsa del Ps e alla sua totale disfatta. Come Togliatti nel ’36, i socialisti francesi farebbero bene a guardare di più alle ragioni, alle motivazioni culturali, alle convinzioni, aspirazioni e, anche, paure dei francesi che votano a destra. A cominciare da quella “insécurité culturelle” che è il vero motivo della reazione dei francesi. Del popolo francese. Che, per questa insicurezza, abbandona la sinistra. E farebbe bene a comprendere cosa c’è nella cultura della sinistra che suscita antipatia nel “popolo”, che dà ad essa una imbarazzante parvenza di elitarismo, di aristocratismo, di narcisismo, di pretesa superiorità morale. Capire le ragioni di chi vota a destra, e fare i conti con tali ragioni, è il primo passo in Francia (e chissà in quale altra parte d’Europa) per Valls e compagni per tentare di vivere. Deinde filosofare.