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Putin visto da Gasparri, Quagliariello e Violante

Vladimir Putin

Vladimir Putin unico vero leader del mondo occidentale? Se n’è discusso ieri 9 dicembre alla Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, in occasione della presentazione di “Putin, vita di uno zar” (edito da Mondadori), biografia del presidente russo scritta dal giornalista e vicedirettore del Tg1 Gennaro Sangiuliano.

Dal libro e dal dibattito sono emersi due elementi. Il primo è che la leadership che Putin sta esercitando a livello mondiale, specie ora nella lotta al terrorismo del “califfato”, è emersa più per mancanze altrui che per meriti propri. “Putin riempie un vuoto politico lasciato da altri. Dall’Europa, ma soprattutto dagli Stati Uniti: gli Usa durante la presidenza di Barack Obama e gli ultimi due anni di George W. Bush hanno latitato in politica estera. E la crisi attuale in Medio Oriente ha consentito al presidente russo di porsi come punto di riferimento”, ha osservato il senatore Gaetano Quagliariello. Al dibattito, moderato dal giornalista di Libero Enrico Paoli, hanno partecipato anche il cronista di esteri del Giornale Gian Micalessin, Maurizio Gasparri e Luciano Violante.

Dunque Putin conquista spazi che gli altri lasciano vuoti. Anche grazie alla debolezza della democrazia russa. “Putin prende le decisioni e agisce, perché nel suo Paese non ci sono le lentezze proprie delle vere democrazie. Non deve rendere conto a nessuno. Se si dovesse muovere all’interno di una vera democrazia parlamentare, la sua politica non apparirebbe così decisionista”, ha sottolineato Violante. E qui si tocca il punto sulla carenza democratica del leader russo, che sembra agire come un despota.

“La Russia non ha avuto tradizioni democratiche ma imperiali: è passata dal periodo zarista a quello comunista. La democrazia non è nel suo dna. Altrimenti non sarebbe stata in grado di governare su un territorio così vasto. Putin è nel solco della storia russa, rappresenta la complessità e anche le ambiguità del suo popolo”, ha osservato Maurizio Gasparri. Tesi confermata anche nel libro. “Le democrazie, come si è visto in Iraq e Afghanistan, non s’improvvisano. Ci vuole tempo. Così come non s’improvvisano le classi dirigenti. Putin è arrivato a guidare la Russia dopo aver passato una ventina d’anni nel Kgb”, ha aggiunto il senatore del Pdl.

Insomma, Putin è coerente con la storia del suo Paese e ne è il frutto conseguenziale. E secondo l’autore del libro, Sangiuliano, ha meriti ben precisi nel post Unione Sovietica. Innanzitutto, “ha preso in mano il Paese che era in preda al caos”. Poi “ha messo in sicurezza l’ingente arsenale nucleare ex sovietico, che sarebbe potuto finire in chissà quali mani”. Ha poi “riattivato l’orgoglio russo, anche ristabilendo un forte legame con la Chiesa Ortodossa”. Infine, grazie agli anni di sviluppo economico con una crescita costante del Pil, “ha consentito lo sviluppo di una classe media che in Russia non era mai esistita”. Ed è quella classe “che fa ancora girare l’economia, anche in Europa, visto che i russi viaggiano e muovono il turismo”.

Poi, naturalmente, c’è l’opposizione ridotta ai margini ed episodi come il caso Litvinenko e l’omicidio della giornalista Hanna Politkovskaja. Ma qui gli ospiti del dibattito hanno sorvolato. Giustificando però Putin sulla guerra in Cecenia. “In quel Paese, che faceva parte dell’Urss, c’è stato il primo tentativo di Califfato. Putin è stato molto duro, ma se non fosse intervenuto si sarebbe trovato un paese fondamentalista islamico alle porte di casa. Prova ne sia che i combattenti più agguerriti dell’Isis sono ceceni”, ha sostenuto Sangiuliano.

“Io tra Obama e Putin non ho dubbi, scelgo Putin, che nella guerra al califfato sta dalla parte giusta e ci sta da protagonista. E le sanzioni alla Russia andrebbero tolte”, ha detto Gasparri. “Io scelgo sempre gli Stati Uniti, sperando che presto recuperino quel ruolo che hanno sempre avuto nella politica mondiale”, ha risposto invece Quagliariello.

Tutti invece hanno concordato sul fatto che Usa e Paesi europei non possano fare a meno del leader russo e debbano ristabilire un rapporto con quel figlio dell’assedio di Leningrado. Quando Vladimir Vladimirovic nasce, nel 1952, l’odierna San Pietroburgo è ancora un cumulo di macerie per l’assedio di novecento giorni messo in atto dai nazisti che provocò circa un milione di vittime, tra cui Viktor, il fratello di nove anni che Putin non ha mai conosciuto.

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