Il sito specializzato in questioni aeronautiche The Aviationist, qualche giorno fa, ha lanciato un sondaggio via Twitter. Il quesito era: “Voi pensate che l’abbattimento del Su24 russo da parte degli F16 turchi sia stata un’azione legittima o un’aggressione?”. Al momento della stesura di questo pezzo i voti danno l’ipotesi dell’aggressione in testa con il 54 per cento. È una divisione su cui esperti internazionali si stanno esprimendo in questi giorni, e a cui è appeso il futuro dei rapporti tra Turchia e Russia, ai minimi storici dopo decenni di neo partnership economica e commerciale.
LE POSIZIONI DEI LEADER
La questione si inquadra in un contesto politico particolare, perché sia in Turchia che in Russia i leader politici hanno costruito il proprio consenso grazie a una retorica forte, nazionalistica, molto legata ai trionfali passati dei propri paesi (l’impero ottomano e quello russo) e continuamente spinta da attività di propaganda. “La Turchia non perderà il sonno per le parole dure di Mosca”, ha scritto in un editoriale su Al Jazeera Alexsander Nekrassov, un ex consigliere del Cremlino, “perché i rischi superano i benefici”. Tuttavia “le personalità e gli stili politici dei due presidenti sembrano rispecchiare l’un l’altro”, hanno spiegato gli analisti Fiona Hill e Kemal Kirişci della Brookings Institution e queste somiglianze “sono ormai entrate in gioco in modo drammatico”. Per questo è difficile trovare nelle posizioni di Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin lati morbidi, almeno nella formalità delle dichiarazioni: il guaio, secondo i due ricercatori, è che le conseguenze della vicenda passeranno presto dalla ribalta pubblica “verso l’arena segreta”, e il proxy potrebbe essere il teatro siriano, dove i turchi potrebbero aumentare il sostegno alle fazioni “amiche” dei ribelli (senza badare troppo alla matrice islamista dei vari movimenti armati), mentre Mosca continuerà a colpirli. Circostanza questa che giocherebbe a favore di entrambi i malanni siriani, il regime e lo Stato islamico. Della stessa opinione sono Henri Barkey e William Pomeranz del Woodrow Wilson International Center, che in un editoriale per la Cnn hanno scritto che l’abbattimento del jet russo avrà un solo vincitore: Bashar al-Assad.
PENSIERI DAGLI USA
Il presidente americano Barack Obama si è mostrato più ponderato: chiamato in causa perché la Turchia fa parte della Nato, alleanza militare di cui gli Stati Uniti sono “azionisti di maggioranza”, Obama ha affrontato la vicenda con il classico distacco, leggermente pendente verso l’alleato, ricordando che la Russia non ha diritto di sconfinare sui cieli di altri Paesi e sostenendo che Ankara invece ha in teoria il diritto di difendersi in circostanze di minaccia. Niente di specifico sulla vicenda: ma d’altronde Washington vuole evitare al massimo di rimanere coinvolta nel pasticcio. A latere del vertice mondiale sul clima di Parigi, Obama ha incontrato sia Putin che Erdogan, in separata sede: è stato invece rimandato un faccia a faccia tra il russo e il turco.
LA PREMEDITAZIONE
Mark Galeotti, docente del Center for Global Affairs alla New York University, in un post pubblicato sul suo blog sul Guardian, ha sostenuto che stando ai dati finora pubblici, l’attacco dei due F16 non poteva non essere premeditato. Il jet russo ha violato lo spazio aereo turco “per soli 17 secondi prima di essere attaccato, e non stava facendo mosse ostili”, dunque l’abbattimento per Galeotti “suggerisce fortemente che [gli F16 turchi] stavano aspettando un aereo russo per entrare abbastanza vicino allo spazio aereo turco con l’obiettivo di fornire un messaggio piuttosto pirotecnico”. Ulteriore testimonianza di questo, secondo il professore americano, starebbe nel fatto che è stato lo stesso Erdogan a dare il via libera all’attacco (com’è possibile, in effetti, lo scambio di comunicazione in soli 17 secondi tra comando aereo e gabinetto presidenziale?). La linea della volontà premeditata di abbattere il Su24 è quella che emerge anche dai media statali russi: Channel One Russia, per esempio, ha imbastito il proprio racconto sul fatto che la Turchia, sostenitrice dello Stato islamico, voleva vendicarsi per l’intervento di Mosca che stava spazzando via i terroristi. I russi sostengono anche che l’intercettazione del Su24 partendo dalle posizioni di stand-by a terra alla base di Dyarbakir dei due F16, è materialmente impossibile, date i tempi di percorrenza delle distanze e i tempi di attacco, questo “dimostra che l’operazione è stata pianificate in anticipo e i caccia erano pronti ad attaccare in un agguato aereo sovrastante il territorio della Turchia”, si legge nella nota del ministero della Difesa di Mosca. L’esperto militar e blogger Vladislav Shurygin ha scritto che la Turchia stava compiendo una vera e propria operazione di “stalking da diversi giorni” nei confronti degli aerei russi in missione.
I PRECEDENTI
Incursioni dello spazio aereo, sono solitamente concesse e in contesti meno tesi politicamente possono portare a forzare “l’intruso” fuori dello spazio aereo di sovranità (questo è successo spesso lo scorso anno nel nord Europa, durante i periodi più aspri della crisi ucraina, con velivoli russi che hanno violato sovente i cieli di Svezia, Norvegia, Danimarca, Scozia e Olanda). “In generale ti aspetteresti colpi di avvertimento” al massimo, continua Galeotti, che definisce “comprensibili” le parole del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, il quale ha parlato di “un agguato”. Per esempio, va ricordato l’episodio del 2012, quando la contraerea siriana colpì, abbattendolo, un aereo turco che aveva sconfinato: nell’occasione Erdogan su tutte le furie, sostenne che “una violazione di confine a breve termine non può mai essere un pretesto per un attacco”. E sulla stessa linea si pose l’allora segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, il quale definì l’attacco di Damasco “un altro esempio di disprezzo delle autorità siriane per le norme internazionali”.
NUOVI EPISODI?
L’analista militare Pavel Felgenhauer, colui che predisse nel 2008 l’azione di Putin contro la Georgia in Abkhazia, noto per le posizioni critiche con la leadership politica militare russa espresse anche con interventi alla Jamestown Foundation, intervenendo dagli studi della tv indipendente russa Dozhd (quelli nuovi, dopo lo sfratto del 2014 ordinato dal governo di Mosca) ha spiegato che “ulteriori duelli sono possibili, durante questi aerei russi potrebbero attaccare gli aerei turchi al fine di proteggere i nostri bombardieri; e anche battaglie navali tra le flotte turche e russe sono altrettanto possibili”. In effetti, il ministero della Difesa russa ha già comunicato che da dopo l’abbattimento tutti i bombardieri saranno scortati da caccia da superiorità aerea, al fine di evitare altri “incidenti”.
GLI AVVERTIMENTI DI ANKARA
Tara Copp, corrispondente dal Pentagono della rivista militare americana Stars&Stripes, ha ricordato che la Turchia in un incontro ufficiale aveva messo in guardia la Russia su episodi di sconfinamento già avvenuti (la pratica era arrivata anche alla Nato, che aveva chiesto rispetto degli spazi aerei). In quell’occasione fu deciso di aprire un canale di comunicazioni radio (lo stesso usato anche dagli Stati Uniti), ma secondo le autorità turche i due Su24 che lunedì stavano uscendo dal territorio siriano non hanno usato quel canale per rispondere agli avvisi dei piloti degli F16, circostanza che li ha portati a credere che si trattasse di una “minaccia imminente” e che quei due aerei fossero dell’aviazione di Damasco. Così, mentre uno dei bombardieri russi è rientrato in territorio siriano, l’altro, che si dirigeva verso Hatay, è stato abbattuto. Sotto quest’ottica si inquadra una regola d’ingaggio chiara esternata più volte dal governo turco che recita più o meno così: “Chi entra senza autorizzazione sul nostro spazio aereo viene abbattuto”. Nel marzo del 2014 toccò ad un Mig, quella volta siriano davvero, colpito perché aveva sconfinato mentre colpiva i ribelli nell’area di Kassab a nord di Latakia: “Se violi il nostro confine, il nostro schiaffo sarà duro” era stato il commento di Erdogan su quell’episodio.
IL PARERE DEGLI ESPERTI
Alzare il livello della propria credibilità dopo mesi di avvertimenti (“abbiamo bisogno di inviare un messaggio che siamo seriamente proteggere i nostri interessi”), è quello che secondo Alexander Clarkson, docente presso il King College di Londra, ha voluto fare Erdogan. Per Dmitry Gorenburg, professore al Davis Center for Russian and Eurasian Studies dell’Università di Harvard, il fatto preoccupante è che l’incidente è arrivato nel momento in cui lo Stato islamico si è rivelato più pericoloso per attacchi all’estero (riferimento agli attentati di Parigi, a Beirut, alla bomba sull’Airbus russo caduto sul Sinai), ma “gli interessi divergenti dei paesi coinvolti” non permetteranno la creazione di un fronte unico contro il Califfato. Edward Lucas, senior editor dell’Economist, sottolinea come questo incidente “atteso” (visto che nello stesso spazio volano aerei americani, russi, siriani, francesi) dimostri, al di là della propaganda trionfalistica con cui Mosca descriveva la propria missione contro i terroristi, che “la Russia sta combattendo una vera e propria guerra, dove i suoi aerei non sono al sicuro”. Il grande problema è che, secondo Alex Kokcharov, analista della rivista di intelligence IHS, nella guerra per procura siriana si sta assottigliando la distanza i proxy locali e i propri sponsor, con quest’ultimi sempre più coinvolti direttamente.
PUTIN E LA NATO
Clarkson spiega che la Russia s’è presa dei rischi folli aumentando in modo così evidente il proprio coinvolgimento in Siria: rischi economici e pure militari, per non parlare delle possibili ritorsioni sulla sicurezza interna. Con l’idea del “possiamo fare quello che vogliamo, come con l’Ucraina, hanno completamente sottovalutato” la situazione. Per questo, secondo Galeotti, “non ci stiamo dirigendo verso la Terza Guerra Mondiale”, anche se Mosca, come visto, cercherà di punire Ankara e di far valere il proprio peso, “la Nato e soprattutto la Germania, lavoreranno per una de-escalation”. Gustava Gressel, del Council on Foreign Relations dell’Unione Europea, ha spiegato intervenendo a Radio Free Europe, che “Erdogan non gode di pieno sostegno dall’Occidente, e solo perché la Russia è antioccidentale non significa che l’Occidente sosterrà ciecamente la Turchia”.