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Ecco il video dell’Isis che minaccia (di nuovo) Roma

Venerdì la provincia di Niniwa (Ninive) dello Stato islamico ha diffuso un nuovo video in cui c’è un passaggio di trenta secondi che riguarda Roma. Il video è creato con molti effetti cinematografici ed è uno di prodotti mediatici che il Califfato pubblica dietro ad un montaggio ed un editing professionale. La provincia di Niniwa dell’IS è quella irachena che contiene Mosul, la secondo capitale del Califfato insieme a Raqqa (che è in Siria). Per queste due  ragioni ─ costruzione professionale e luogo di origine ─ il filmato è considerato dagli esperti rilevante, in più va aggiunto che a minacciare (anche) Roma è il portavoce dello Stato islamico in persona, Abu Mohammed al Adnani (è sua la voce che accompagna i footage).

Secondo alcune informazioni che erano circolate dopo l’attacco del 13 novembre a Parigi, al Adnani è il responsabile ultimo di tutte le operazioni all’estero del gruppo, e cioè degli attentati al di fuori del territorio califfale (che non comprende soltanto Iraq e Siria, ma anche le province in varie parti del mondo, le quali sono a tutti gli effetti parti del Califfato, essendo questo per concezione un’entità sovra-territoriale e senza confini). “Colpiremo Roma”, che sarà invasa dall’esercito di Dabiq (rimando alla città vicino ad Aleppo, teatro della battaglia apocalittica con gli infedeli), è il senso delle immagini che riguardano l’Italia.

Di solito, quando l’organizzazione si focalizza particolarmente con rimandi e predicazioni su un messaggio è il segnale, nemmeno troppo subliminale, che qualcosa sta progettando. Attenzione: questo non significa che domani la capitale italiana sarà oggetto di un assalto “stile-Parigi”, ma non è da escludere che anche l’Italia rientri tra i prossimi obiettivi.

L’Italia protagonista in un momento delicato. Tra l’altro, le minacce di colpire il territorio italiano non sono nuove dalle parti del Califfo, e, speculazione, potrebbero in questo momento essere enfatizzate da due situazioni.

Primo, il governo italiano ha intenzione di giocare un ruolo centrale sulla crisi libica, ivi compreso condurre eventuali operazioni contro le forze dello Stato islamico che stanno ampliando la propria diffusione tra Sirte, Derna e le città al confine tunisino (quest’ultime sono anche aree di interesse nazionale, perché rappresentano l’hub di molte aziende italiane che fanno affari in Libia). Proprio oggi il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni incontrerà a Roma l’omologo americano John Kerry in un vertice sulla crisi libica a cui prenderà parte una delegazione di 15 rappresentanti dei 2 parlamenti in guerra, Tobruk e Tripoli. Il tavolo romano è molto importante, indica una forte volontà italiana e rappresenta la prima volta che i ministri degli Esteri del P5+5 (ovvero i 5 del consiglio di sicurezza Onu più Italia, Germania, Spagna Onu e Ue) incontrano i rappresentanti libici, giocando per altro d’anticipo sul prossimo appuntamento negoziale fissato per il 16 dicembre dal delegato delle Nazioni Unite Martin Kobler.

Secondo, è iniziato il Giubileo, e nonostante le misure di sicurezza messe in piedi dall’Italia, il grosso movimento di fedeli che Roma magnetizza rappresenta comunque un obiettivo facile ed appetitoso dal punto di vista simbolico.

Riferimenti al passato. Daniele Raineri, giornalista del Foglio tra i più esperti di Stato islamico, fa notare su Twitter che fondamentalmente il nuovo video è una collage di sessioni di training dei soldati, del Califfato, esercitazioni in stile militare, con acclusi quei passaggi sulla capitale italiana (San Pietro, il Vittoriano, il Colosseo). Nel filmato ci sono anche molti riferimenti al passato del gruppo: la provincia di Ninive è quella che viene dopo l’Anbar nel contribuire alla costruzione della struttura prodromo del Califfato attuale, e cioè la filiale irachena di al Qaeda che Abu Musab al Zarkawi guidava, già anni fa, fuori dalle direttive della linea qaedista, con l’obiettivo di costruire uno stato islamico partendo dal suolo iracheno; Zarkawi definiva il suo gruppo ISI, che sta per Stato islamico in Iraq: lo shift siriano ha semplicemente aggiunto la “L” di “Levant” (o la “S” di Siria, a secondo degli acronimi utilizzati) ad un progetto già esistente. Tra le immagini di questi riferimenti, si vede un momento di preghiera a Camp Bucca, campo di detenzione costruito dagli americani durante l’occupazione nel sud iracheno in cui è stato rinchiuso anche l’attuale Califfo Abu Bakr al Baghdadi e che è considerato uno dei luoghi in cui le idee di Zarkawi si sono ricostruite e consolidate, dopo che gli USA avevano quasi cancellato al Qaeda dall’Iraq, dando poi il via all’attuale Isis.


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