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Metalmeccanici, una luce per il contratto e il buio su Ilva

Pubblichiamo l’articolo d’apertura di “Fabbrica Società”, il giornale della Uilm che sarà on line in questo fine settimana

Il 21 gennaio saremo in Confindustria per un nuovo incontro sulla vertenza contrattuale che ci riguarda. Da Federmeccanica ed Assistal continuiamo a non ricevere segnali utili ad un passo indietro della loro proposta. Andiamo, comunque, a sederci al tavolo, forti delle nostre proposte e confortati da elementi nuovi in ambito confederale. Data la situazione è difficile sottolineare un distinguo tra noi e Fim da una parte, e la Fiom, dall’altra. Le diversità tra le due piattaforme rivendicative sono, al momento passate in secondo piano, rispetto alla necessità comune di avere aumenti retributivi erogati al primo livello di contrattazione. Una realtà che la controparte vorrebbe eliminare, prediligendo esclusivamente la contrattazione aziendale, o territoriale. Federmeccanica ed Assistal continuano a mostrarsi irremovibili. Ma i sindacati metalmeccanici si presenteranno al tavolo convocato in Confindustria consapevoli che i sindacati confederali hanno approvato unitariamente uno schema di riforma contrattuale che tutela e rafforza il Ccnl.

In sintesi, il salario regolato dal contratto nazionale sarà determinato sulla base di indicatori che tengono conto delle dinamiche macroeconomiche, non solo riferite all’inflazione; degli indicatori di crescita economica e degli andamenti dei settori, anche attraverso misure variabili, le cui modalità di erogazione saranno definite dagli specifici Ccnl. Si introduce, quindi, un aggancio a dinamiche macroeconomiche e si delinea una sorta di doppia velocità del contratto nazionale, con un salario minimo più una parte legata all’andamento dei settori. L’esigibilità universale dei minimi salariali definiti dai contratti va sancita attraverso un intervento legislativo di sostegno che definisca l’erga omnes dei contratti nazionali, attuazione a quanto previsto dell’articolo 39 della costituzione. La stessa Confindustria, al di là delle numerose eccezioni,trapelate sugli organi di informazione non potrà sottrarsi al dialogo con la parte sindacale.

Ed in questo contesto sia Federmeccanica che Assistal potranno riflettere meglio su quanto hanno declamato pubblicamente, e al tavolo contrattuale,sulla fine della contrattazione nazionale così come è stata finora. Anche le nostre case madri hanno riconfermato la centralità del Ccnl nazionale attraverso cui bisogna tutelare ed accrescere il potere d’acquisto dei salari. Un principio che vanifica il tentativo di voler provare a realizzare una riforma contrattuale in ambito categoriale, seppur in una realtà rappresentativa tra le più importanti del settore industriale e del mondo del lavoro. Perché il vulnus tra noi e Federmeccanica-Assistal si basa proprio sulla distanza siderale riguardante il ruolo che dovrà mantenere la contrattazione nazionale.

Perché su tutto il resto si può trovare un’intesa. Condividiamo (anche se chiaramente dobbiamo discutere nel merito) le proposte formulate dagli imprenditori metalmeccanici su inquadramento, welfare aziendale,previdenza complementare, formazione, diritto allo studio e tante altre cose. Si tratta della medesima visione sindacale. Come crediamo che debba essere rafforzate la contrattazione aziendale,o territoriale. E’ un dato significativo che anche il responsabile economico del più grande partito del Paese e di governo abbia ufficialmente apprezzato l’accordo dei sindacati confederali su contratti, partecipazione e rappresentanza. E’ importante ora che sindacati ed imprese, in ambito confederale e sulla riforma medesima trovino una successiva e celere intese.

I metalmeccanici cercheranno di sgretolare il muro innalzato da Federmeccanica ed Assistal, ma non potranno attendere all’infinito. Se Federmeccanica continuerà in questo irrigidimento la fine della primavera potrebbe conoscere la mobilitazione del sindacato metalmeccanico. Sarebbe auspicabile trovare prima un epilogo positivo al rinnovo del Ccnl scaduto lo scorso 31 dicembre. Anche in ambito confindustriale, percependo l’aria che tira, qualche imprenditore inizia a scalpitare affinchè alla guida dell’associazione di viale dell’Astronomia vada un collega metalmeccanico.

Il successore di Giorgio Squinzi sarà eletto a giugno,nello stesso mese in cui in Italia ci saranno le elezioni amministrative. Il periodo di moratoria contrattuale dei metalmeccanici scadrà a inizio maggio. Sarebbe cosa buona e giusta che il contratto dei metalmeccanici venisse rinnovato prima di queste scadenze. Per il bene del Paese, dei lavoratori e delle imprese. Oltre alle vicende contrattuali, mi preme ricordare i contorni di un’importante vicenda industriale di cui si discute ormai ogni giorno. Mi riferisco alla questione del gruppo Ilva. Ci sono due novità: un bando pubblicato in Gazzetta ufficiale dal governo per verificare entro la metà di febbraio la disponibilità di nuovi soci;  800 milioni di euro, da parte dello Stato che potranno essere utilizzati per il piano di tutela ambientale e sanitario. Come sindacato permane la nostra preoccupazione sul futuro industriale dell’intero gruppo siderurgico e del sito di Taranto in particolare. E’ evidente che per i nostri concorrenti europei chiudere l’Ilva significherebbe risolvere a discapito dell’Italia il problema della sovrapproduzione di acciaio in Europa. Il processo di ristrutturazione e risanamento dell’Ilva deve originarsi non tanto in modo frazionato a più clienti, ma su una newco caratterizzata dalla presenza statale con quella dei privati. Il gruppo in questione, e la fabbrica di Taranto in particolare, ha bisogno di ingenti investimenti manutentivi ed ambientali.

Ci vogliono centinaia di milioni di euro per la copertura dei parchi minerali primari, per il rifacimento delle cokerie e per il rifacimento dell’altoforno numero 5 che da solo produce il 45% dell’acciaio dell’intera Ilva. Ma è strutturale il mantenimento della attuale configurazione del gruppo, con la sua integrità del ciclo produttivo articolato con i diversi siti italiani, perché rappresenta una potenzialità produttiva ed una scommessa per la crescita del manifatturiero dell’intero Paese. L’attuale assetto è stato infatti concepito proprio per assicurare la continuità produttiva  attraverso la sinergia fra i vari siti collegati allo stabilimento di Taranto (11.600 dipendenti che salgono a 17.000 con l’indotto), in particolare con quelli di Genova (1.635 addetti) e Novi Ligure (800 dipendenti).

La newco succitata dovrebbe sviluppare un “piano industriale” che preveda un livello dei volumi produttivi del sito di Taranto di almeno 8 milioni di tonnellate annue di acciaio colato, limite al di sotto del quale non potrebbe essere garantita la sostenibilità economica dello stabilimento e dell’attuale occupazione. Il governo ha deciso di convocarci alle ore 19.00 del  20 gennaio al Ministero dello Sviluppo. Al momento nessuno conosce i contenuti di un nuovo piano industriale che possa guardare al futuro siderurgico del gruppo in questione. Ecco perché permangono  incertezze sulla prospettiva industriale dell’Iva e perché il sindacato deve continuare a tenere alta la guardia anche su questa vertenza.

Rocco Palombella, Segretario generale Uilm



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