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Matteo Renzi deve sbrogliare il dossier Muos

Ancora uno stop per il Muos, l’impianto satellitare Usa realizzato a Niscemi, in provincia di Caltanissetta. Ieri la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’avvocatura dello Stato per conto del ministero della Difesa, confermando il sequestro della struttura. La vicenda, però, a parere di esperti, come il generale Luigi Ramponi, – più volte parlamentare, già presidente della Commissione Difesa della Camera, oggi presidente del Cestudis, Centro studi difesa e sicurezza – dovrebbe spingere il governo a intervenire in nome della sicurezza nazionale e dei rapporti con l’alleato americano e la Nato.

CHE COS’È IL MUOS

Il Muos, acronimo di Mobile User Objective System, è un programma di comunicazione satellitare a banda stretta di nuova generazione del Dipartimento della Difesa per sostenere le operazioni militari Usa e Nato in tutto il mondo. Un’opera importante per l’Alleanza Atlantica, che è solo una parte di una costellazione di quattro satelliti operativi, di cui due negli Stati Uniti e uno in Australia, che consentiranno di rivoluzionare le comunicazioni militari e coprire l’intero pianeta. Quello italiano, funestato da traversie giudiziarie, è l’unico ancora non operativo, rendendo di fatto monco l’intero sistema.

GLI ULTIMI RISVOLTI

Con il rigetto, spiega il Corriere del Mezzogiorno del Corriere della Sera, “rimane dunque vigente l’ordinanza emessa il 1 aprile del 2015 dal Gip di Caltagirone, confermata poi dal Tribunale per il Riesame di Catania, su richiesta del procuratore Giuseppe Verzera, che ha bloccato la prosecuzione dei lavori per la realizzazione dell’impianto”. La Cassazione, si legge ancora, “ha anche condannato il ministero della Difesa al pagamento della spese processuali”. Il procuratore di Caltagirone Verzera, competente per territorio su Niscemi, “ritiene che il Muos è sottoposto ai vincoli di rispetto ambientali perché realizzato in un’area protetta con inedificabilità assoluta. Tesi condivisa dal Gip Salvatore Ettore Cavallaro, che il 1 aprile del 2015 ha disposto il sequestro della struttura. Il provvedimento, che era stato eseguito dal nucleo di polizia giudiziaria della Polizia municipale e dai carabinieri della Procura, era stato confermato il 27 aprile del 2015 dal Tribunale del riesame di Catania, presieduto da Maria Grazia Vagliasindi“. Il Muos aveva già dato vita a un lungo braccio di ferro tra Regione e ministero della Difesa, proseguito nonostante fosse stato smentito ogni pericolo sanitario derivante dall’infrastruttura. Nonostante alcuni rilievi del Tar, è stato l’Istituto Superiore di Sanità con un dettagliato rapporto a rassicurare i cittadini: l’impianto non fa male alla salute. Ora invece un nuovo capitolo, relativo a vincoli ambientali.

IL RUOLO DEL GOVERNO

Gli esperti, però, s’interrogano sulla natura di questo contenzioso e, soprattutto, sugli effetti che esso potrà procurare sulla credibilità dello Stato italiano agli occhi degli alleati e sui rischi connessi alla nostra sicurezza in un momento caratterizzato da numerosi fronti di instabilità e minacce, come quella causata dai jihadisti dello Stato islamico. “Stabilito, come mi pare abbia detto l’Istituto Superiore di Sanità, che non ci siano pericoli per la salute – dice a Formiche.net il generale Luigi Ramponi -, non si comprende bene perché non si debba dar corso ad un’opera fondamentale per la nostra sicurezza nazionale. Mi rendo conto” rileva ancora, “che le popolazioni locali possano essere preda di una sorta di effetto Nimby che le spinge a non volere insediamenti militari nel proprio territorio. Qualcosa di già sperimentato, peraltro, anche durante le strutture costruite durante la Guerra fredda. Ma assodato che la salute dei cittadini è preservata, bloccare opere come il Muos non ha senso. In questo nuovo caso si parla di vincoli ambientali, ma credo che il problema possa essere superato con la concertazione senza violare la legge, cosa che nessuno vorrebbe fare”. Cosa può fare a questo proposito l’esecutivo nazionale per superare questa impasse? Quando, continua, “ci sono esigenze che riguardano la salvaguardia della nostra popolazione e il rapporto con il sistema di alleanze nel quale l’Italia è collocata, è opportuno che il governo bypassi il livello locale e si faccia promotore di soluzione condivise che contemplino i punti di vista di tutti. Gli strumenti ci sono, ad esempio il decreto legge. Forse è il momento di pensarci”, suggerisce Ramponi.

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