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Saipem, effetto greggio sull’aumento di capitale

Prosegue all’insegna delle forti variazioni l’aumento di capitale da 3,5 miliardi di euro di Saipem partito lunedì 25 gennaio per concludersi l’11 febbraio (mentre in Borsa i diritti si potranno negoziare fino al 5 del mese prossimo).

QUOTAZIONI STORICHE

Sin dal primo giorno della ricapitalizzazione, come da attese, le azioni e i diritti relativi all’aumento sono stati protagonisti di fortissime oscillazioni, per lo più al ribasso. E questo dopo che già le azioni Saipem negli ultimi mesi avevano pesantemente corretto a Piazza Affari. Basti pensare che a ottobre, quando il Fondo strategico italiano della Cassa depositi e prestiti aveva negoziato le condizioni dell’ingresso al 12,5% nella società di servizi petroliferi, le azioni viaggiavano in area 9 euro, dopo avere peraltro già perso terreno rispetto ai massimi del 2015. Nell’ultima seduta prima della partenza dell’aumento, invece, i titoli Saipem stazionavano ad appena 4,2 euro, meno della metà dei valori di ottobre, il che significa che per ora l’investimento di Fsi, che proprio nei giorni scorsi ha chiuso l’acquisizione da Eni del 12,5% della società guidata da Stefano Cao per 8,4 euro ad azione, è in perdita.

PREZZI PAZZI

La volatilità di Saipem è aumentata in maniera esponenziale con l’avvio dell’aumento di capitale. Una circostanza attesa poiché l’operazione è fortemente diluitiva, vale a dire che quasi azzera l’investimento degli attuali azionisti che decideranno di non partecipare alla ricapitalizzazione, senza contare che sposta gran parte del valore delle vecchie azioni sui diritti. Ecco che così il primo giorno dell’aumento, a Piazza Affari, la somma di azioni e diritti è scesa a 3,567 euro, prezzo che si confronta con i 4,2 euro della seduta precedente. Da un lato, le azioni sono balzate del 18,53% a 0,627 euro; dall’altro, i diritti sono crollati del 19,98%, a 2,94 euro. Anche quella di martedì 26 gennaio si è rivelata una seduta a due facce per Saipem: le azioni hanno concluso con un calo contenuto all’1% a 0,62 euro mentre i diritti hanno accusato un nuovo tonfo, del 29% a 2,084 euro. Fino a che si arriva al 27 gennaio, quando a precipitare è stata l’azione, dell’11,36%, mentre i diritti hanno terminato la prima giornata in rialzo, del 2,88% a 2,144 euro. La somma dei prezzi tra titoli e opzioni legate all’aumento è così scesa a 2,694 euro, prezzo in netto ribasso dai 4,2 euro del venerdì prima della ricapitalizzazione. La seduta del 28 gennaio, poi, si è chiusa con azioni (+3%) e diritti in forte rialzo (+9,6%) soprattutto se si fa il confronto con l’andamento generale del mercato. Ciononostante, il bilancio degli ultimi giorni resta in perdita per la società che opera nel settore dei servizi petroliferi.

I MOTIVI DELLA DEBOLEZZA

Come si spiega il forte calo di Saipem, che ormai va avanti da mesi? Innanzi tutto, con la debolezza dei prezzi del petrolio, che nei primi giorni del 2016, sui mercati delle materie prime, è addirittura sceso sotto quota 30 dollari al barile. Il crollo dell’oro nero zavorra il bilancio di Saipem, al punto che persino il prospetto informativo dell’aumento di capitale lancia l’allarme. Se il greggio dovesse restare ai livelli attuali per altri tre o quattro mesi, mette in guardia il documento, Saipem potrebbe essere costretta a rivedere il piano triennale, che era stato elaborato su un valore del petrolio molto lontano dalle quotazioni odierne. Si prevedeva addirittura una super risalita del greggio da 55 dollari al barile nel 2016 fino a 80 dollari nel 2019. Con uno scenario di prezzo di 55 dollari per tutti gli anni di piano, avverte sempre il prospetto, la società chiuderebbe in perdita fino al 2019. Di conseguenza, andrebbe ancora peggio se il petrolio dovesse restare inchiodato intorno ad area 30 dollari, livello a cui staziona in questi giorni.

LO SCETTICISMO DEGLI ANALISTI

Dell’allarme lanciato nel prospetto non hanno potuto non tenere conto gli analisti. Che, come spiega Repubblica.it, invitano gli investitori ad adottare cautela nel caso in cui dovessero decidere di partecipare all’aumento di capitale. Secondo gli analisti di Bernstein, per esempio, dai documenti sull’aumento di capitale emerge chiaramente come la società abbia una visione molto più nera per il futuro, rispetto allo scorso ottobre quando venne presentato il piano industriale che giustifica l’attuale iniezione di capitale. “Non solo da allora il petrolio è crollato da 55 a 30 dollari al barile, ma anche altri scenari sono ragionevolmente più complessi”, si legge su Repubblica.it con riferimento all’analisi degli esperti di Bernstein. Si legge inoltre sul sito web del quotidiano: “Ancora più dura l’analisi di Redburn, che temendo per le cause in Algeria, piuttosto che per i rischi dei progetti in Nigeria e Canada, consiglia di vendere l’azione (sell). Stesso giudizio (sell) per Societe Generale, mentre Banca Akros consiglia di ridurre il peso sull’azione. Giudizi neutro-negativi infine da parte di Goldman Sachs, e Conaccord”.


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