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Che cosa succede all’Alcoa di Portovesme

alcoa Siderurgici ancora al Pantheon

Sono circa duecento i lavoratori dello stabilimento Alcoa di Portovesme e dell’indotto collegato che da questa mattina stanno manifestando in piazza Montecitorio a Roma. Hanno chiesto di essere ricevuti dalla Presidenza del Consiglio e tuttora attendono risposte dal governo. E l’incontro ci sarà: alle 14.30 a Palazzo Chigi, presente il sottosegretario Claudio De Vincenti.

All’esecutivo è stato chiesto da più parti, Giunta e Consiglio regionale della Sardegna compresi, di intervenire anche favorendo accordi bilaterali con Enel, già realizzati in situazioni analoghe, e di trovare la strada per superare il tema degli alti costi dell’energia

Lavoratori e sindacalisti ripetono che bisogna garantire la ripresa produttiva del sito di Portovesme, ubicato nella provincia sarda del Sulcis-Inglesiente, spesso annoverata come una tra le più povere del Paese. Gli operai sperano in una soluzione definitiva della vertenza che consenta la riattivazione del loro stabilimento, fermo ormai da tre anni. L’attenzione è rivolta a tempi e modalità di cessione dello stabilimento, che “si stanno inesorabilmente trascinando”.

Sono almeno un paio i gruppi interessati all’acquisizione: Glencore,multinazionale svizzera, che si era impegnata a dare risposte definitive entro la fine di febbraio, ma tuttora non ancora giunte; SiderAlloys, società anch’essa svizzera, che a fine dicembre del 2015 aveva mostrato interesse per il sito siderurgico sardo. Glencore, invece, è da più di un un anno che aveva ufficializzato l’interesse ad acquistare lo stabilimento in questione da Alcoa. Tra le condizioni poste, però, la produzione di alluminio per almeno dieci anni in condizioni di superinterrompibilità.

“Dobbiamo riuscire – ribadisce Daniela Piras, segretaria della Uilm del Sulcis – a definire condizioni stabili nel tempo affinché il nostro stabilimento ricominci a funzionare e a produrre alluminio primario. Questa vertenza si trascina ormai da troppo tempo ma siamo determinati a trovarle un epilogo positivo”.

Proprio ieri dall’assemblea nazionale delle Rsu Fim-Fiom-Uilm, tenuta a Roma, è giunta al governo la richiesta di riconvocare celermente al ministero dello Sviluppo economico il tavolo nazionale della siderurgia e alluminio. “Da tempo – hanno fatto presente i sindacati metalmeccanici – il settore dell’acciaio sta soffrendo a livello europeo a causa di una sovraccapacità produttiva mondiale che spinge i prezzi al ribasso e incoraggia comportamenti commerciali sleali da parte di Paesi concorrenti, dalla Cina a Russia e Bielorussia, dalla Turchia all’India. Tutto ciò, in assenza di una politica industriale nazionale ed europea, sta determinando la chiusura di impianti e la perdita di migliaia di posti di lavoro”.

Per Marco Bentivogli, segretario generale della Fim “quello dell’ex-Alcoa è un problema che ha assunto i caratteri dell’emergenza sociale. Dal punto di vista industriale, poi, bisogna considerare che delle circa 130 mila tonnellate di alluminio primario usate in Italia, oggi neanche un chilogrammo viene più prodotto nel nostro Paese”.

Preoccupato anche Rosario Rappa, segretario nazionale della Fiom: “Il Sud e la Sardegna – ha detto– hanno pagato anche troppo il prezzo della crisi e non possono permettersi di perdere un altro pezzo importante come la produzione di alluminio del Sulcis”.

Perentorio Mario Ghini, segretario nazionale dei metalmeccanici della Uil: “Il premier  Matteo Renzi, recandosi in Sardegna – ha ricordato Ghini – si è impegnato in prima persona a risolvere questa difficile vicenda e ora ci attendiamo risvolti concreti. Il sistema Paese regge posizioni di vertice in ambito industriale grazie alla siderurgia; il sito di Portovesme ha contribuito a produrre buon alluminio utile alla manifattura nazionale ed europea.Deve continuare a farlo!”.

Comunque vada i siderurgici sardi continueranno a manifestare nella piazza antistante la Camera dei deputati fino alle 20.00.



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