A Roma e non solo. La corsa al Campidoglio per le elezioni amministrative di primavera è solo l’apice della diatriba scatenatasi nel centrodestra tra la Lega di Matteo Salvini e i Fratelli (“coltelli”) d’Italia di Giorgia Meloni. Sembrano di un secolo fa le immagini che ritraevano Matteo e Giorgia abbracciati sul palco della manifestazione di Bologna del novembre scorso, quell’appuntamento fatidico per Forza Italia in cui Meloni dette man forte al leader della Lega Nord contro i tanti azzurri refrattari a far salire su quel palco Silvio Berlusconi, con il rischio di fare da gregario a Salvini. Lontanissime le immagini in cui un anno fa a piazza del Popolo, a Roma, Matteo e Giorgia, uniti nel nome di Marine Le Pen, si abbracciavano, di fronte a una platea dove le bandiere verdi con il Sole delle Alpi sventolavano insieme a quelle nere, tantissime, di Casa Pound. Meloni su quel palco, dove neppure a Umberto Bossi fu concesso di parlare, fece il suo, applauditissimo e grintosissimo intervento proprio poco prima di quello del padrone di casa Salvini.
Ma ora, e proprio a partire da Roma, la musica è completamente cambiata. Evidentemente Salvini non aveva messo in conto che i “Fratelli” diventassero da gregari di prim’ordine “coltelli”, pronti a sbarrare la strada da Roma in giù, nel resto della Penisola, alla lista “Noi con Salvini”, che invece Matteo aveva studiato per valicare un volta e per sempre il fatidico “Dio Po” di bossiana memoria e diventare a tutti gli effetti leader nazionale, coronando i suoi legittimi sogni da leader del centrodestra, suffragato da quel 14-15 per cento raggiunto alle elezioni regionali, aiutato anche dal declino di Forza Italia.
E, invece, Giorgia l’alleata che riteneva evidentemente addomesticata ci si è messa di mezzo. Pur con il suo 4 per cento a livello nazionale. Consigliata dal fido Fabio Rampelli, capogruppo di Fd’I alla Camera, uno dei leader più influenti della destra romana, che agisce sempre nell’ombra, prima ha segato la candidatura di Alfio Marchini, poi ha appoggiato quella di Guido Bertolaso. Perché? Essendo l’ex capo della Protezione civile più spostato su posizioni centriste- forse anche troppo, è arrivato a dire: “Se non mi fossi candidato avrei votato per Roberto Giachetti (il candidato di Matteo Renzi, ndr) – i suoi “Fratelli” potrebbero avere un’autostrada da coprire sul fronte destro. Molto più temibile Marchini che ora propone anche una legge contro l’accattonaggio.
Ma lo spazio che Meloni intende occupare riguarda proprio quel potenziale elettorato che Salvini vuole conquistare. Con Marchini, imprenditore di centro seppur con qualche ricetta di destra, il leader della Lega Nord poteva avere il suo spazio, con Bertolaso, che ha anche confessato di aver votato Francesco Rutelli e mai Berlusconi, quello spazio ora rischia di essere occupato tutto dalla destra doc. Tanto più dopo che l’ex capo della Protezione civile ha persino definito i rom una categoria “vessata”. Salvini si è imbufalito. Certamente doveva, secondo interpretazioni maliziose, anche reagire di fronte allo scandalo della Regione Lombardia che riguarda un esponente di peso del suo partito, Fabio Rizzi. Vicenda che insieme alla scelta di un candidato a Roma come Bertolaso, ancora protagonista di procedimenti giudiziari, secondo i ragionamenti fatti al quartier generale leghista, rischia di diventare un cocktail micidiale per l’elettorato duro e puro in camicia verde ma molto contiguo a quello del Movimento Cinque Stelle, che a Roma tutti accreditano per il ballottaggio.
Così Salvini ha fatto una mossa che cercare di uscire dalla strettoia nella quale si era infilato. Magari solo tattica. Il nome di Bertolaso, almeno stando alla determinazione con la quale Berlusconi lo ha confermato, non sembra tramontato. In realtà tutto sembra dipendere dall’esito della guerra tra Matteo e Giorgia su scala nazionale. Nella Lega sono imbestialiti e preoccupati perché almeno una vittoria in questa tornata elettorale se la vogliono intestare. E, invece, è guerra con i “Fratelli-coltelli” anche a Napoli, dove Giorgia vorrebbe piazzare Marcello Tagliatatela al posto del forzista Gianni Lettieri.
E ancora: a Isernia, in Molise, comune sul quale “Noi con Salvini” sta da tempo puntando per avere un suo candidato sindaco, la bandierina potrebbe essere piazzata da Forza Italia. Il senatore Raffaele Volpi, vicepresidente di “Noi con Salvini”, dice a Formiche.net: “Ci sono alleati con il 4 per cento che hanno aspettative superiori alla loro reale dimensione elettorale e che intendono forse utilizzare queste amministrative per alzare la posta a livello nazionale negli equilibri di potere del centrodestra. Ma si mettano in testa che la Lega è la Lega, è caduta e risorta tante volte, è un grande partito da trent’anni presente sulla scena nazionale…”. Ma ora la Lega ce l’avrà duro, anche sotto “Il Dio Po”? Il rischio è che alla fine tra i due litiganti il terzo gode. Tra i leghisti si mormora: “Qui va a finire che i voti se li becca Francesco Storace”.