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Bcc, tutte le perplessità sulla riforma di Renzi e Lotti

luca lotti matteo renzi

Con le dovute cautele reclamate dall’esistenza di un decreto che costituirà base per la discussione, si propongono alcune perplessità e varianti anche alla luce delle reazioni già intervenute.

In primo luogo viene messa in discussione la natura e la sussistenza del movimento cooperativo sovrastato da strutture societarie classiche che potrebbero avere al proprio interno soci rilevanti di diversa matrice. Sotto questo profilo si verificherà la capacità del movimento Cooperativo di far valere la propria forza contrattuale. Il rischio già sottolineato è quello dell’uscita volontaria di Bcc patrimonialmente forti e della necessità di assistere soggetti deboli. Con ogni probabilità, il mondo cooperativo non si attendeva l’introduzione della facoltà di trasformazione in s.p.a. che può svolgere una vera e propria funzione di crowding out indesiderata.

In secondo luogo, è palese la manifestazione di insofferenza verso soluzioni obbligate da parte di bcc che costantemente hanno cercato soluzioni individuali (o di diverso raggruppamento) alternative alle soluzioni centrali ispirate dal modello sorto già nel 1963 con la creazione di Icrrea. L’obiettivo della riforma giunge probabilmente in ritardo rispetto al momento ottimale; quello nel quale nel 1976 fu creata la soluzione del Credit Agricole e, nel 1972, quella di Rabobank. In questa occasione, 40 anni dopo, singole bcc appaiono comunque più forti e più autonome, nonché spesso accompagnate da accordi rilevanti con intermediari di qualità e di respiro internazionale. In terzo luogo, il Movimento si presenta al momento della riforma dopo alcune esperienze negative di società di servizi che non hanno realizzato i propri obiettivi e assorbito patrimonio, costituendo un precedente che ha determinato lo sviluppo ormai consolidato di alternative che, forse non casualmente, sono ispiratrici di soluzioni alternative al Gbc unico. Sotto un altro profilo, appare sconfitto o insufficiente vincitore il movimento stesso nella opportunità di costruire un’autoriforma che non si è concretizzata, come nel caso antecedente delle Banche Popolari.

Infine, un’ultima osservazione riguarda l’azione del Governo che ha un prodotto un testo compromissorio, con qualche incongruenza tecnica e che potrebbe essere ancora peggiorato qualora accogliesse modifiche suggerite da portatori di interessi non convergenti. Questo è il motivo predominante per cui si è cercato di proporre soluzioni alternative (certamente da approfondire oltre queste note), anche per evitare che il risultato di questo lento processo (che può durare anche cinque anni) sia “gattopardesco” e tolga comunque spazio ai principi della mutualità e della cooperazione.

Qui si può leggere l’analisi integrale del professor Santorsola.

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