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Perché la maternità surrogata nascosta nel ddl Cirinnà è un delirio etico

Mentre il ddl Cirinnà torna oggi in aula al Senato, si apre nuovamente il dibattito dentro e fuori il Parlamento sulle implicazioni etiche e antropologiche che sono chiamate in causa da questa legge. Innanzitutto, come ben si sa, la grande questione delle adozioni, di cui il sottoscritto ha già parlato ampiamente. Se non c’è nessun problema ormai a trasferire a coppie non eterosessuali la dignità legale del matrimonio, con annessi diritti e doveri reciproci, resta aperta, e lo resterà sempre, la discussione sulle adozioni.

La cosa più sensata sarebbe stata, data la delicatezza dell’argomento, operare uno stralcio della Stepchild adoption, rimandando la disputa politica a un’altra legge e a quello che è il vero nodo qui sollevato, vale a dire i diritti originari di ogni persona nella propria identità, i quali evidentemente chiamano in causa per primi i bambini. Una cosa è rivendicare l’uguaglianza degli adulti omosessuali rispetto agli etero, altra cosa è farlo senza mettere sul tappeto la risposta alla domanda intorno ai diritti nativi di ogni essere umano.

Solo con la risposta a quest’ultima, infatti, può emergere una decisione responsabile sulle adozioni.

Dire, ad esempio, come si è letto in alcuni giornali, che il tema delle adozioni sia connesso a quello dell’utero in affitto è un dato di fatto, il quale tuttavia tradisce una concezione della maternità, della genitorialità, totalmente incentrata sull’egoismo della libertà soggettiva degli adulti, uomini o donne che siano, a poter avere dei figli.

Siccome però i figli non sono né beni immobili, né mezzi ludici di soddisfazione sentimentale ed economica di altre persone, eccoci nuovamente posti innanzi alla solita e pedissequa questione: quali sono quei diritti all’identità personale che non possono mai essere scavalcati o schiacciati dalla libertà e dagli interessi economici degli altri?

Proviamo a ragionare. Una persona umana non nasce dal nulla e da sola. Ogni persona umana, dal momento in cui avviene il concepimento, ha una soggettività genetica frutto della sintesi tra un gamete maschile e uno femminile. Ciò significa che ogni persona umana ha nella propria intrinseca identità individuale la traccia biologica di una madre e di un padre. Siccome la genetica insegna che dall’assemblaggio di quei geni emerge il carattere, i tratti somatici, l’essere stesso di ognuno, è logico che non sia separabile in alcun modo questa struttura originaria dal diritto naturale di una persona.

Se quindi ciò è vero, ed è vero, è chiaro che i genitori biologici hanno una responsabilità causale sulla vita di una nuova persona, fino a quando essa non è in grado di badare a se stessa. Se per ragioni di vari tipo, vengono a mancare i genitori naturali, o viene a mancare la potestà legale, ecco che la società ricorre a due genitori adottivi, i quali, oltre alle credenziali di essere persone affidabili e per bene, devono avere la differenza sessuale come requisito necessario. Un figlio adottato vive un trauma. E’ meglio che la ferita sia almeno lenita da una coppia che ha elementi maschili e femminili, implicati nei geni di una persona, piuttosto che creare una mutilazione di uno dei due generi, o maschile o femminile. La società, in tal senso, prende atto dell’essere dell’uomo e non si basa sulla cultura o sulla religione e meno ancora sulla volontà individuale.

Bene. Sulla legittimità delle adozioni gay, emergono qui tutti i ragionevoli dubbi e la sostanziale inaccettabilità di calpestare socialmente un requisito che sta all’origine stessa della soggettività identitaria di ogni persona: avere attorno a sé un padre e una madre, possibilmente biologici o, malauguratamente, adottivi.

Se il discorso poi si sposta sull’utero in affitto, entriamo addirittura in un caos completo, una specie di delirio etico. Una donna che dona l’utero lascia una traccia genetica su un bambino che la rende madre, insieme alla madre biologica. Di fatto ci veniamo a trovare davanti ad un’ibridazione dell’identità personale che genera una disuguaglianza sostanziale di tipo ontologico tra persone nate naturalmente e persone nate da pratiche di surrogazione genitoriale.

E’ ovvio che qui a fare pressione ci sono tanti interessi economici e tanti interessi egoistici; ma muoversi senza alcun rispetto della dignità umana del nascituro è ignobile: un nascituro che, essendo una persona come le altre, impone di per sé agli altri il dovere di rispettare in modo assoluto la sua identità umana, in questo caso alterata e sfregiata legalmente fin dall’inizio.

Io sinceramente non riesco a capire chi sta spingendo l’Italia e l’Europa in questo delirio post umano. E non riesco a capire come non si veda in tutto ciò l’apertura a una manipolazione radicale del genere umano che s’iscrive all’interno di una delle più bestiali e lucide applicazioni collettive delle linee culturali naziste di selezione della specie e di penalizzazione per scopi propri della dignità dell’altro, nello specifico di un bambino che è adottato in un ambiente educativo contrapposto alla legge biologia e naturale, o peggio ancora, nel caso dell’utero in affitto, che è fatto venire al mondo in palese violazione dello status stesso di nascituro che è proprio di ogni essere umano.

Penso che il mondo intellettuale nel suo insieme dovrebbe ribellarsi a questo tradimento del diritto greco-latino-europeo-occidentale costituito attorno all’idea etica del supremo valore non manipolabile di ogni persona umana, progressivamente raggiunto dopo tante battaglie, non da ultimo l’abolizione della schiavitù, e presente finora nella giurisprudenza dei nostri Stati.

Il bassissimo livello di discussione pubblica italiana, la superficialità dei politici, non possono pretendere alcuna indulgenza intellettuale nell’affrontare questa materia tanto importante e delicata in un modo tanto noncurante degli effetti deleteri che si produrranno.

La maternità surrogata è una manifesta violazione dei diritti umani di uguaglianza nativa del genere umano, e l’adozione omosessuale, laddove vi sia la dichiarazione pubblica di sessualità con il matrimonio gay degli adottanti, un ovvio sopruso della dignità originaria di alcuni bambini da parte della libertà egoista di altri adulti.

Dire poi che bastano i buoni sentimenti a dare diritto ad adottare o a chiedere l’utero in affitto, ossia per essere genitori idonei, somiglia all’argomento con cui gli schiavisti del Sud in America o i bianchi durante l’Apartheid in Sudafrica dicevano: ma noi li trattiamo bene, gli vogliamo bene. E’ difficile non definirlo una vergogna.


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