È passata in secondo piano una notizia importante. Il mondo medico pubblico – notoriamente articolato in una dozzina di sindacati – ha ritrovato l’unità. No, non mi riferisco allo sciopero di un giorno (a dicembre) o a quello che è stato proclamato a breve. Mi riferisco al fatto che, dopo quasi 28 anni, i medici pubblici hanno capito di dovere reagire all’andazzo della politica sanitaria. Medici ospedalieri, medici di famiglia, pediatri, igienisti eccetera, hanno capito che il servizio sanitario pubblico è a rischio. A rischio perché Renzi and C. non hanno ritenuto di aumentare il finanziamento del Ssn, portandolo su medie vicine a quelle della Ue. A rischio perché le regole sul rischio professionale medico e la ristrettezza delle risorse regionali hanno fatto esplodere i pericoli – reali – del contenzioso legale medico-paziente, di fatto eludendo una norma di civiltà che dovrebbe obbligate le strutture sanitarie ad avere una polizza assicurativa “di struttura” globale, con copertura del rischio al 100%. Pochi, tranne gli addetti ai lavori, sanno che – oggi – le strutture sanitarie pubbliche hanno una copertura assicurativa “parziale”, ossia con franchigie che possono arrivare fino al milione di euro. Tutto ciò con effetti perversi sia nei confronti del paziente che verso i medici.
Medicina difensiva? Ovvia, in presenza di un siffatto quadro assicurativo. La medicina difensiva costa? Ovvietà, data la cecità dei politici al problema, nel corso degli ultimi 30 anni.
La nuova legge “Lorenzin”? Non chiarisce e non risolve il problema. Da decenni diciamo: “perché non si copia il modello francese?”. Sarebbe già qualcosa!