Fa un certo effetto guardare Renato Brunetta dialogare amabilmente con Gianfranco Fini. Ma nel caos che attanaglia il centrodestra nostrano succede anche questo. Era da tanto che non si vedeva un esponente di primo piano di Forza Italia interloquire con l’ex leader di An. L’occasione è un convegno organizzato dall’associazione finiana Liberadestra per raccogliere intorno a un tavolo tutte le forze di centrodestra contrarie alla riforma costituzionale e pronte a imbarcarsi nella campagna referendaria per dire No al ddl Boschi. Di più. Fini lancia la proposta di costituire un comitato per il No sostenuto dai partiti di centrodestra: Forza Italia, Lega, Fdi, Conservatori e riformisti, ecc. L’unica che non risponde all’appello è la Lega, con Calderoli che dà buca. Ma gli altri ci sono tutti. A cominciare proprio dagli azzurri. “Questa riforma è un pasticcio e dobbiamo combatterla con ogni mezzo”, afferma Brunetta, prima di snocciolare l’ultimo sondaggio Euromedia che dà già la vittoria al No: 51 per cento a 49.
“Questa è una legge confusa, contraddittoria e incompleta, che archivia in malo modo la democrazia parlamentare. Più che una riforma è un atto di propaganda politica del premier”, sostiene Fini, rammaricandosi che sia stata votata anche da parlamentari di centrodestra, come alfaniani e verdiniani. “Liberadestra si offre di fare da motore e organizzatore di un comitato per il No, per far sentire più alta la nostra voce”, sottolinea l’ex leader di An.
Nei conciliaboli, però, l’argomento principe è la crisi della destra italiana che, proprio in queste ore, sta offrendo uno spettacolo indecoroso sulla scelta della candidatura a Roma. “Dobbiamo fare le primarie. Subito!”, sbotta in un angolo Gianni Alemanno. “Il candidato vincente c’è già, è Marchini. Questo gioco di veti e contro veti è pura follia”, ribatte Domenico Nania. Molto mondo ex An è presente: Consolo, Bocchino, Menia, Salatto, Rampelli, Corsaro, Moscardini. Ma non solo. Ci sono i forzisti. E c’è Fitto. Il tema, dunque, è il No al referendum, ma anche la rinascita (?) della destra. E le due cose possono anche stare insieme. “Renzi ci ha fatto un grande regalo mettendo sul piatto referendario la sua testa. Se davvero se ne andrà di fronte alla vittoria del No, allora dobbiamo organizzarci, non possiamo farci cogliere impreparati. Da qui a ottobre c’è da mettere in piedi una coalizione, ma che non sia un’accozzaglia anti-renziana”, sussurra Fitto. Fini concorda. “Dobbiamo impegnarci per il No perché il ddl è un pasticcio. Detto questo, il centrodestra deve anche essere pronto a raccogliere i frutti di una vittoria: con un programma, un’alleanza e una nuova leadership”, spiega l’ex presidente della Camera. Che però si tira fuori dalla partita. “Io darò il mio contributo nella campagna referendaria. Magari suggerirò qualche idea. Per il resto, largo ai giovani”, dice Fini. Già, ma chi?
I costituzionalisti Antonio Baldassarre e Alfonso Celotto tengono la loro lezione per spiegarci quanto il ddl Boschi sia brutto e cattivo. “Non possiamo consentire che la nostra Italia vada a rotoli per i capricci di un ragazzotto che non è nemmeno stato eletto dal popolo”, sbuffa Fabio Rampelli. Nome che la Meloni ha avanzato come possibile candidato a Roma, prima di tirare fuori dal cilindro Rita Dalla Chiesa, che poi ha rinunciato. Insomma, mentre a Milano un candidato fac-simile di Sala almeno c’è (Stefano Parisi), a Roma continua a essere notte fonda. “Berlusconi dovrebbe fregarsene della Meloni e andare avanti su Marchini. E vediamo che succede…”, sussurra un ex consigliere regionale in platea. Fini, intanto, si gode il suo paio d’ore di successo personale.
E a sentire i convenevoli che si scambia con Brunetta (“sono perfettamente d’accordo con te…”, “hai ragione quando dici…”), per un attimo sembra addirittura che quel “che fai mi cacci?” non sia mai accaduto. Ma, appunto, è solo un attimo.
Foto Paolo Cerroni / Imagoeconomica