Ogni giorno ha la sua croce. E ogni momento storico la sua attualità. In queste ore il grande tema è sicuramente il Family day, con il copioso numero di persone comuni che sono scese in piazza, e il pernicioso iter del ddl Cirinnà.
Dal punto di vista strettamente politico, invece, le acque si muovono già in vista delle prossime amministrative.
La situazione è caotica e dinamica per tutti. In casa centrodestra, però, si ha l’impressione di un navigare al buio, quasi un’accettazione rassegnata che non ci sia spazio per progetti di grande portata e di concreta alternativa al renzismo. In periodi difficili, d’altronde, l’istinto è adattarsi alle occasioni e cercare di vivacchiare sperando di sopravvivere così.
E’ un po’ questa la percezione che si ricava dalle dichiarazioni ufficiali e da qualche indiscrezione dopo la cena a Milano post derby tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Certo al centro vi è stato ovviamente il nodo delle candidature, le quali non sono mai un discorso facile da affrontare. Che si opti per Stefano Parisi per il capoluogo lombardo, per Guido Bertolaso a Roma, oppure si ricorra alla fine a qualche altro nome ‘normale’, resta nascosto sottopelle il neo politico di fondo che forse nessuno può e vuole estirpare.
In tanto è giusto precisare quanto peso negativo abbia lo spappolamento tra le forze politiche non di sinistra in Italia. Come si sa tra la Lega e il Ncd regna ormai da anni un clima da guerra calda. Il motivo è la radicale ostilità che Salvini ha verso Alfano. Basti pensare che al già citato Family day, nel quale, sebbene la Lega sia su posizioni schierate in suo favore al cento per cento, non vi è stata una partecipazione ufficiale del Carroccio, rappresentato soltanto da alcune presenze anche di rilievo come Maroni e Giorgetti. Inoltre nella discussione in atto sulle unioni civili Forza Italia si è smembrata in mille frammenti, in cento distinguo, sostanzialmente mostrando l’assoluta mancanza di coerenza nel sostenere una posizione forte e unitaria sulla famiglia, la quale resta in ogni caso un valore costitutivo per tutto il centrodestra, in tutto il mondo.
Che dire? Siamo ormai al personalismo più assoluto. E quello che colpisce è che non si vuole proprio uscire in Italia dal tunnel che da anni divide i moderati dalla Lega, e che inchioda l’area popolare e conservatrice a un pragmatismo senza sfondo culturale e senza prospettive sul futuro.
Il punto è che un disegno politico nuovo non può nascere in questo modo e non può prosperare di consensi finché ci si adatta completamente ai velleitarismi concreti di ciascuno, rinunciando a innalzare lo sguardo nel cielo delle idee.
La prima domanda da porsi è la seguente: esiste un patrimonio di valori, di contenuti, una prospettiva ideale che vada oltre il renzismo e oltre la contingenza degli avvenimenti? Oppure ormai ci dobbiamo rassegnare che quello che distingue il centrodestra dal centrosinistra sono soltanto spazi personali e interessi determinati?
Perché se si risponde negativamente a questi interrogativi, allora il destino dei candidati magari può avere rilevanza amministrativa ma non costituisce in sé nulla, e dico nulla, di politicamente attraente e rimarchevole.
Pensiamo davvero che basti un nome autorevole per rinsaldare le fila dell’opposizione?
Figuriamoci.
Bisogna pensare, viceversa, che Renzi, il quale ha una posizione riformatrice, sotto molti punti di vista lontana dalla sinistra tradizionale, non esaurisca assolutamente e non rappresenti interamente tutti gli ideali e i sentimenti di fondo presenti nell’elettorato del centrodestra italiano. In tal senso andrebbe provata una via diversa, un’alternativa di merito, riguardante in specie tre temi cruciali, tra loro interconnessi.
Il primo è una nuova idea di nazionalità. Il mondo è cambiato, si è unificato, mettendo ogni Paese davanti al rischio di perdere la propria identità. Il centrodestra dovrebbe riavviare la macchina organizzativa muovendo proprio dall’idea di comunità, dal valore culturale ed economico che ha essere Italia nel mondo di oggi. Questa nostra identità sostanziale esiste e si regge su un preciso concetto di vita associativa, articolato attorno alla famiglia, con tutte le varianti che quest’organo sociale naturale ha assunto nella nostra esistenza. Famiglia, dunque, e natalità al centro, senza alcuna incertezza e senza perdersi nei rivoli legali del matrimonio.
Il secondo tema chiama in causa l’amministrazione dello Stato, con tutti gli annessi e connessi. Un centrodestra serio considera statale soprattutto ciò che non è statale in integrazione con il servizio che gli organismi politici e amministrativi devono offrire. Il modello è di una cittadinanza attiva che costituisce l’essenza della società, a partire dalla quale si fonda la funzione cruciale dello Stato: difendere e servire il Paese.
Il terzo tema è di politica estera. Una nazione come la nostra, al centro del Mediterraneo, deve svolgere un ruolo esclusivo e autorevole nei rapporti internazionali, evitando di finire nell’impasse di essere al traino degli altri. Noi per ragioni storiche non possiamo non dirci europei, non possiamo non dirci atlantici, e non possiamo mai diventare strumento di politiche straniere che non valorizzino a pieno la nostra sicurezza, il nostro prestigio e la nostra economia.
Davanti a Putin, ad esempio, è assurdo essere o amici o nemici, anche perché l’Italia ha rapporti forti con la Russia ma non ha bisogno di diventare un satellite succube del putinismo. Ci distingue dal governo di Mosca un’idea liberale della democrazia e una visione etica del mondo non aggressiva di promozione della pace dappertutto, iniziando dal Vicino Oriente.
L’esortazione è chiara, tutto sommato. Il centrodestra riparta non da Berlusconi, Salvini o Alfano, ma dall’unità ideale di fondo che contraddistingue il non essere socialdemocratici e il sentirsi parte integrante di un’interpretazione globale della realtà di tipo popolare, liberale e conservatrice. Dopodiché il potere e la forza di un progetto vengono sì da buone candidature e da successi elettorali.
Pensare al contrario di vincere senza idee è come immaginare di guidare un aereo senza sapere da dove partire e dove voler atterrare. La sorte, in tal caso, anche per un buon pilota è di non partire per niente.