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Perché non hanno senso ora le primarie di centrodestra a Roma

Cosa succede nel centrodestra? Dopo un estenuante tira e molla, con continue giravolte e colpi di scena, sembrava che Berlusconi fosse riuscito a trovare la sintesi su Bertolaso. Ma la partenza per lui è stata sin dall’inizio tutta in salita. A testimonianza che la sintesi raggiunta era fittizia, più da dialettica negativa alla Adorno che da Hegel.

Il risultato? Salvini si sfila e organizza primarie a Roma, tutto solo, evidentemente per sondare il terreno. Ed è andata come si poteva immaginare: Marchini è il primo, ma non entusiasma (correva pur sempre da outsider), Bertolaso però, ed è questo che conta, candidato ufficiale del centrodestra è ancora peggio, e così Salvini ha buon gioco a concludere che era solo una prova per vedere se emergeva un candidato forte, e che non essendo questo il caso, ora ci vogliono primarie di Serie A, capaci di coinvolgere  tutto il centro destra.

L’incavolatura di Berlusconi deve essere stata grande in questi giorni, e certo ci vorrà qualche giorno ancora per metabolizzare lo sgarbo di Salvini. Ma siamo proprio sicuri che abbiano un senso ora le primarie di serie A proposte da Salvini, quando il torneo è già cominciato? Mi spiego. Marchini ha già deciso di correre comunque, Storace ugualmente, Bertolaso è formalmente ancora in lizza, siamo sicuri che dopo le eventuali primarie nel caso dovesse vincere Bertolaso gli altri faranno un passo indietro?

Io credo proprio di no, la campagna elettorale di Marchini di fatto è già cominciata e non saranno certo le eventuali primarie a fermarlo; lo stesso vale per Storace. Insomma, la soluzione proposta da Salvini è insostenibile. Se non gli andava bene Bertolaso doveva dirlo e tutta questa messa in scena non porta da nessuna parte. A meno che la mossa sia riuscita a mostrare una cosa che ormai dovrebbe essere chiaro a tutti, anche a Berlusconi: Bertolaso è destinato a perdere. Non ci vogliono primarie di Seria A per confermare quanto già dimostra quello che è successo in questi giorni con i gazebo di Salvini. E allora che fare?

O ci si accorda su un nome, e realisticamente quel nome è Marchini, o Roma segnerà la dissoluzione del centro destra per come lo abbiamo sinora conosciuto. Non ci vorrebbe molto a far fare un passo indietro a Bertolaso ed uno avanti a Marchini. Il veto della Meloni? Irrilevante, come il partito che rappresenta.

Ciò che conta è Salvini e Berlusconi. Salvini da solo perde a Roma, ma anche a livello nazionale, e lo stesso può dirsi di Berlusconi. Uno ha ancora bisogno dell’altro, e viceversa, come ai tempi di Bossi, solo che ora  i rapporti di forza si sono rovesciati. La Liguria ha mostrato però una cosa: dove il centro destra si presenta unito vince, anche con un concorrente forte come il M5s. Le divisioni romane, se non dovessero essere superate, non faranno altro che aprire la strada al successo del nuovo partito diretto da Casaleggio.



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