Calo del prezzo del petrolio, energie rinnovabili e democratizzazione: questi i temi trattati giovedì scorso nel corso della presentazione dell’ultimo volume di Aspenia, intitolato “Il fronte Mediterraneo: la sfida dell’energia”. L’evento, ospitato all’Auditorium Enel di viale Regina Margherita, è stato organizzato in collaborazione con il colosso dell’energia e il contributo di Credit Suisse.
CHI C’ERA
Andrea Cabrini (direttore Class CNBC) ha moderato gli interventi di Francesco Starace – amministratore delegato Enel – Marta Dassù – direttore Aspenia – Hassan Abouyoub – ambasciatore del Regno del Marocco in Italia – Paolo Frankl – direttore divisione energie rinnovabili Agenzia Internazionale dell’Energia – Martin Catchpole – direttore di Credit Suisse – e Claudio de Vincenti – sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
COSA HA DETTO STARACE
Dopo aver ripercorso l’andamento del prezzo del petrolio, dal 1964 a oggi, e aver constatato che i prezzi, dunque i consumi, del greggio sono stati tutt’alto che costanti nel tempo, poiché condizionati della situazione geopolitica del momento – vedi lo shock petrolifero del 1973, dovuto alla guerra dello Yom Kippur, o del 2000, causato dagli attentati dell’undici settembre – Starace ha espresso una breve riflessione sul perché di questo andamento altalenante.
La volatilità di questa commodity – il petrolio – non è da relegare al breve periodo, ha affermato l’ad di Enel. Anzi, il calo dei prezzi a cui oggi stiamo assistendo era stata in qualche modo predetta, già nel 2012, da Leonardo Maugeri – un passato da top manager di Eni, e oggi Senior Fellow ad Harvard – ha aggiunto Starace.
Sebbene questo quadro potrebbe apparire allarmante, Starace ha rincuorato la platea affermando che, a oggi, la volatilità dei prezzi del petrolio ha di molto ridotto la portata del proprio impatto sull’economia. Che il petrolio sia uno dei pilastri dell’economia mondiale è cosa innegabile, tuttavia, non si può ignorare che i consumi del greggio sono destinati a diminuire. Ciò significa muovere verso un futuro in cui le scosse generate dall’instabilità dei prezzi del petrolio saranno in grado di causare terremoti sempre minori. Starace, dunque, non solo rincuora, ma convince, quando afferma che proprio Enel risente oggi, molto meno che ieri, della fluttuazione dei prezzi del petrolio.
Se questo è il trend che si sta verificando nella sponda Nord del Mediterraneo, non si può ignorare, però, che quella Sud ha fame di energia elettrica. Da qui la necessità di aumentare le interconnessioni via cavo tra i due poli, nonché le infrastrutture necessarie. Il Sud del Mediterraneo, secondo Starace, è da considerarsi un exemplum all’interno del quale sviluppare l’ambizioso progetto, per poi esportarlo nel resto del mondo. È chiaro che non tutto il Mediterraneo sia provvisto delle caratteristiche necessarie affinché questa connessione possa funzionare. Il Marocco, ad esempio, costituisce un paese in cui ci sono i presupposti per poter investire, la Libia no.
IL PARERE DI DASSÙ
Marta Dassù si è soffermata sulla componente geopolitica della questione, dal momento che la variazione dei prezzi del petrolio risente eccome degli eventi che si verificano nella regione mediterranea. Ha senso, allora, interrogarsi – ancor prima che sull’oscillazione dei prezzi del greggio – sull’instabilità che caratterizza i cosiddetti MENA Countries.
Le cause – ha detto Dassù – sono da rintracciarsi nella crisi dello Stato arabo, causata a sua volta dall’imposizione di confini forzati, e spesso creati ad hoc, da parte dell’Occidente. Non si può ignorare, poi, la rivalità tra Sciiti e Sunniti – prosegue Dassù – dal momento che il conflitto, attraversando l’intera regione, rende difficile la collocazione geopolitica dell’Europa. Infine, è necessario prendere coscienza della non-centralità del Mediterraneo per gli Stati Uniti, ha concluso il direttore di Aspenia. Per questo a farsi carico delle responsabilità di quello che sta accadendo in Medio Oriente deve essere il Vecchio Continente e non il Nuovo. Anche perché la crisi dei rifugiati, che interessa principalmente l’Europa, oggi è legata alle guerre, ma domani sarà anche legata al climate change e alla scarsità di risorse.
IL PUNTO DI VISTA DI ABOUYOUB
“Il petrolio è l’energia della guerra, le energie alternative le energie della pace”. Così ha esordito Abouyoub.
L’ambasciatore ha incentrato il suo intervento su una simmetria tra sponda Nord e sponda Sud del Mediterraneo, all’interno della quale la prima è sempre stata dipendente – da un punto di vista energetico – dalla seconda, sebbene tale dipendenza sia destinata a diminuire nel tempo. Trattandosi di simmetria, tuttavia, anche il Sud non può fare a meno del Nord: il petrolio e il gas che l’Europa importa dal Medio Oriente costituisce, infatti, l’80-85 per cento dell’intera quantità prodotta nella regione.
Il Medio Oriente, poi, ha sempre sfruttato questa “benedizione, o maledizione” – ha proseguito Abouyoub – per comprare la propria stabilità. Una stabilità che dipende da risorse non rinnovabili e che, perciò, va considerata effimera. Lampante è il caso dell’Egitto, sul quale Abuoyoub fa riflettere nel rispondere a una domanda fattagli in sede di dibattito. Sebbene le recenti scoperte di giacimenti di gas costituiscano un grande potenziale per lo Stato, non saranno queste a cambiare lo stato delle cose in Egitto. Abouyou si riferisce all’alto tasso di povertà, disoccupazione e mancanza di istruzione.
E allora come ottemperare, nel lungo periodo, alla scarsità di risorse, dunque, alla conseguente instabilità? Per Abouyoub la risposta sta nella diversificazione dell’economia. Ma per fare ciò è necessario operare su due piani, reciprocamente legati. Da un lato attrarre gli investimenti provenienti dall’esterno e, dall’altra, investire nella società civile, in quella ricchezza che Abouyoub ha definito “immateriale”. “Garantire la concorrenza intellettuale e spirituale, assicurare lo stato di diritto e un alto livello di sicurezza, introdurre il fattore umano nella governance”; questa la ricetta fornita da Abouyoub per riportare l’equilibrio in Medio Oriente. La sfida della sponda Sud del Mediterraneo è quella della sostenibilità della governance, conclude Abouyoub, e non quella della sostenibilità dell’energia.
LE CONCLUSIONI DI DE VINCENTI
Visto che l’attuale problema energetico costituisce un ulteriore elemento di frizione nelle già precarie relazioni intessute tra sponda Nord e sponda Sul del Mediterraneo, il sottosegretario De Vincenti suggerisce l’Italia come guida nella risoluzione della crisi. “Una crisi che è del mondo arabo ma che parla all’Europa” – dice il sottosegretario – “e che si sta proiettando in una crisi dell’Europa stessa”. Lo stato attuale delle cose deriva da una titubanza a prendere in mano le redini di quello che sta accadendo nel Mediterraneo, ha proseguito De Vincenti. Motivo per cui dà ragione a Obama quando dice che gestire la crisi è compito nostro e non degli Stati Uniti, come molti si sono abituati a pensare.
Per fare ciò è, innanzitutto, necessario prendere coscienza del massiccio fenomeno migratorio che ha investito il Vecchio continente e che al suo interno genera paura. Solo così è possibile calmare simili sentimenti irrazionali, dunque aiutare concretamente il mondo arabo. In questo l’Italia ha e deve avere un ruolo chiave. “Dobbiamo prenderci la responsabilità di fare da ponte tra l’Unione europea e la sponda Sud del Mediterraneo”, per fare in modo che la prima non guardi alla seconda con paura, ma piuttosto con voglia di cooperazione, ha aggiunto De Vincenti. Esemplare, a tal proposito, è l’interconnessione tra l’Italia e la Tunisia, che del ponte di cui sopra è la manifestazione per eccellenza.
Non solo sicurezza, ma anche energie rinnovabili per far fronte alla crisi del Mediterraneo, secondo la formula dispensata da De Vincenti. Puntare sul gas e la decarbonizzazione – nel corso di una fase di transizione – per poi arrivare al traguardo ultimo rappresentato dalle rinnovabili.
Chiaramente, se percorrendo la strada tortuosa che porta a questo traguardo ci si imbattesse in nuove disponibilità di risorse – le riserve marine di petrolio ne sono un esempio non casuale – allora queste non potrebbero essere ignorate.