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Vi racconto da Napoli l’ira di Antonio Bassolino

Antonio Bassolino ieri mattina al teatro Augusteo, uno dei più grandi della città, stracolmo di compagni e non, ha forse aperto la sua campagna elettorale come candidato a sindaco di Napoli. Il dubbio è d’obbligo.

La vera fotografia della sinistra a Napoli è questa: il PD napoletano da una parte, che non riesce a tenere assemblee in salette di duecento persone, e Bassolino che da solo ancora riscuote simpatia e apprezzamenti da parte di migliaia di compagni, semplici elettori, comuni cittadini. Si potrebbe addirittura sostenere: uno contro tutti. Un PD insomma in crisi profonda, con scarsi consensi e insufficienti proposte per Napoli.

Valeria Valente, l’altra candidata, allo stato prima nella competizione, non a caso nel suo giro per le primarie non ha avanzato idee programmatiche originali e straordinarie, per suggerire contributi benefici alla città. Questa penultima settimana di Quaresima, con al centro l’intervento di Bassolino, sarà ricordata come una delle più amare esperienze del partito di Renzi. L’appello del già sindaco di Napoli a non rimanere indifferenti di fronte all’assenza del PD e alla cattiva gestione delle primarie, che si tenta di chiudere con “codicilli” da “azzeccagarbugli”, e rivelatasi una bruttissima pagina per il partito, per la politica, per Napoli pare che abbia raccolto i suoi frutti, vista l’affluenza di popolo alla manifestazione dell’Augusteo. I tanto deprecati episodi di mercimonio accaduti fuori dai seggi, durante lo svolgimento della competizione interna di domenica 6 marzo, rimarranno un marchio indelebile per tutto il PD, senza esclusione alcuna, per cui dovranno essere censurati e sanzionati con severità dagli organi competenti. Il secondo ricorso di Bassolino tende a questo.

E’ però giusto sottolineare e ribadire ancora una volta il giudizio critico sull’istituto delle primarie, che non potrà mai surrogare nel nostro ordinamento democratico un sistema elettorale proporzionale con preferenze o collegi uninominali, né essere la piattaforma su cui costruire l’organizzazione della democrazia, nata in Italia sui partiti politici, i quali oltre ad essere portatori di interessi sono figli di culture, storie, tradizioni antiche dell’Europa. E allora chi immagina che il sistema simil-americano, per un piccolo pezzo, sia adattabile al nostro ordinamento democratico per selezionare le classi dirigenti o è fuori dalla realtà o imbroglia gli elettori, sapendo di imbrogliarli. C’era un modo molto semplice per dare dignità alle primarie: regolamentarle con legge del Parlamento, perché non si è fatto? Questo è il motivo per cui non si può essere d’accordo con i dirigenti del PD di qualsiasi marchio, vecchi e nuovi. Non c’è una parte che ha ragione e un’altra che ha torto.

Conclusa l’epoca del Partito Comunista Italiano e del “centralismo democratico” il gruppo dirigente si è trovato ad affrontare negli anni diverse mutazioni e difficili questioni di assetto organizzativo, con l’ultima tappa che ha portato al PD. Espressioni ex PCI e di altre culture (cattoliche e laiche) tutte nello stesso partito. Nessuno però al suo interno era legittimato ad esercitare con pieno riconoscimento una convinta leadership, ragione per cui uno strumento per selezionare la dirigenza si doveva pure individuare e si optò per le primarie. Una scelta più necessitata che convinta, i cui effetti non sono stati mai trasparenti e limpidi. Condizione confermata anche a Napoli domenica scorsa.

La politica vive una bruttissima fama in questo tempo, i cittadini non si affaticano troppo in raffinate e sottili distinzioni per capire chi ha ragione e chi ha torto. Il giudizio è sommario: sono tutti della stessa risma! E allora per evitare che il danno sia ancora più grave, tutti nel PD si adoperino di compiere un atto sincero di resipiscenza, per recuperare dignità e trasparenza non solo al PD, ma alla politica in generale. Non si tratta di decidere con le primarie quale sarà il gruppo dirigente del partito, ma bisogna scegliere il candidato sindaco della terza città d’Italia, e se si avallano gli episodi che si sono visti attraverso i media, allora il tutto diventa assai preoccupante. Il prezzo più alto lo pagherà la città non il Partito Democratico.


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