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Cosa sta succedendo davvero a Bagnoli

La passeggiata di Matteo Renzi a Napoli, non si è capito bene se istituzionale o partitica, è stata segnata da scontri tra dimostranti, che difendevano le prerogative napoletane, e le forze dell’ordine. Per la verità i manifestanti fino al momento dello scontro coi poliziotti non avevano dato segni di particolare esagitazione, procedevano pacificamente in corteo verso Piazza Vittoria, nei pressi della sede de Il Mattino, dove era previsto il forum su Bagnoli tra i vari esponenti interessati. Bloccati, è successo ciò che andava assolutamente evitato. La violenza non fa bene a nessuno.

Parlare di Bagnoli significa trattare della più bella zona paesaggistica e turistica e la più importante zona industriale di Napoli, dove per più di un secolo ha operato l’Ilva, poi Italsider e poi di nuovo Ilva, con tutto l’indotto che beneficiava del lavoro dell’affermata industria siderurgica. L’attività di questa azienda è iniziata nel 1904, ma esisteva già dalla metà dell’800 e trattava materiali chimici, la proprietà era della famiglia Lefevre di Balzorano. Il 1904 è l’anno in cui il governo Giolitti vara la legge speciale per Napoli, dopo gli scandalosi avvenimenti citati dall’Inchiesta Saredo del 1900 e dopo il colera del 1884 di cui parla Matilde Serao ne “il ventre di Napoli”. L’Ilva fu molto attiva nella produzione durante il primo conflitto mondiale, arrivò a occupare fino a 4000 dipendenti. Il sistema industriale napoletano nella prima metà del Novecento fu impegnato soprattutto per fini bellici. Nel 1934 entrò a far parte del gruppo IRI e nel 1962 diventò Italsider. Già in questo tempo amministratori illuminati democristiani cercarono di bloccare in consiglio comunale varianti al piano regolatore, per evitare ampliamenti dell’impianto bagnolese, ma ci fu ben poco da fare, i voti di Bagnoli erano essenziali per il vecchio PCI.

Ritornò ad essere Ilva verso la fine degli anni ’70. Fu l’inizio della fine, perché la crisi colpì il settore siderurgico in modo irreversibile, nonostante rinnovate manovre politiche e sindacali per scongiurare la limitazione della produzione o addirittura la chiusura dello stabilimento flegreo. Erano l’Italsider e la stessa Bagnoli zone molto ricche per i comunisti e per il sindacato Cgil. Non mancarono negli anni successivi accuse e critiche a noti esponenti della sinistra campana, che col senno di poi dovettero ammettere che fu un errore prolungare l’agonia di un impianto ormai destinato alla chiusura. E tra questi vi era anche Antonio Bassolino, con un passato in Cgil, e strenuo difensore dei caschi gialli (lavoratori) dell’Ilva di Bagnoli.

Passati circa tre lustri Bassolino, prima sindaco di Napoli e poi presidente della Regione Campania si ritrovò tra le mani il problema Bagnoli-Ilva, ma dall’altra parte del tavolo. La buona volontà, l’impegno non mancarono, ma una serie di intrighi burocratici, amministrativi, finanziari e politici tra gli enti locali, governo centrale e liberi imprenditori non permisero di avviare la bonifica e la ricostruzione dell’area ex Italsider, senza dire delle interferenze della malavita. Dopo il tempo bassoliniano è la volta di Luigi De Magistris, che ereditando una spinosa e delicatissima situazione, non è riuscito a fare meglio. Oggi arriva il capo del governo Renzi a Napoli e viene a dispensare ottimismo a destra e a manca, parlando della bonifica e dell’eliminazione della colmata, non rendendosi conto delle difficoltà della questione e che parlare di bonifica è riduttivo. C’è in ballo una vasta area che va dalla collina degli Astroni e dei Camaldoli fino a Bagnoli e al litorale flegreo, coinvolgendo i siti ex-Nato di proprietà della Fondazione Banco Napoli, le sedi universitarie e di ricerca, le attrezzature sportive della zona e delle aree destinate a parchi giochi e attività congressuali, che necessita di una trasformazione urbanistica ab imis. Sono necessarie nuove e radicali scelte, che per realizzarle hanno bisogno di notevoli investimenti. Occorrono capitali pubblici e privati, altrimenti si raccontano favole.

Alcuni urbanisti locali hanno avuto contatti con il commissario Salvo Nastasi (nella foto) col quale si sono confrontati, ma che non hanno incontrato positive aperture, a proposito di bonifica e colmata. Racconta l’urbanista Gerardo Mazziotti, che con il collega Giulio Pane ha incontrato il commissario Salvo Nastasi il 5 febbraio scorso, in rappresentanza dell’associazione “Salviamo Bagnoli”, che le opinioni del commissario sono state deludenti. Nastasi avrebbe tenuto un atteggiamento di riserbo, affermando: “La questione colmata intendo affrontarla in maniera “laica” e non ideologica; voglio essere sicuro che la sua rimozione non provochi un disastro ambientale di proporzioni gigantesche di cui essere chiamato a rispondere dalla magistratura penale e da quella contabile, (…) solo quando scienziati di mia fiducia mi avranno data questa assicurazione procederò alla rimozione della colmata”. Queste le molto prudenti idee del commissario Nastasi che mettono in discussione in parte i proclami gloriosi di ieri di Renzi. Il problema non è di facile risoluzione sostiene ancora Gerardo Mazziotti. Non ci sono dubbi sulla onestà intellettuale di Nastasi, ma c’è il sospetto che alla fine si deciderà di non rimuoverla perché la sua utilizzazione per costruirvi alberghi, ristoranti, abitazioni di pregio e un porto turistico è voluta da un blocco sociale di imprenditori, architetti, politici, ex amministratori regionali e comunali. Alla fine vi sarà tanto cemento sulla colmata.

Il consiglio comunale, che verrà eletto nel prossimo giugno, dovrà esprimersi in modo definitivo, guardando esclusivamente agli interessi paesaggistici, socio-economici, culturali di Napoli. Renzi dopo potrà ritornare per congratularsi con chi ha compiuto scelte serie. Napoli è dei napoletani, nel male, ma qualche volta anche nel bene.

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