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Lavoro, ecco come la Cgil vuole ingessare i contratti

Leggete, per favore, la Carta dei diritti universali del lavoro che la Cgil intende presentare come progetto di legge di iniziativa popolare. In 97 articoli esemplarmente chiari, concisi e leggibili definisce l’intero diritto del lavoro e sindacale: un autentico Codice semplificato del lavoro. Dunque non è vero che, come ebbe a dire un dirigente della stessa Cgil qualche tempo fa contro un altro progetto di Codice semplificato, “semplificazione significa smantellamento dei diritti”!

Al contrario, questa Carta mostra come la semplificazione legislativa possa essere posta al servizio non soltanto dell’abbattimento dei muri della cittadella del lavoro protetto, come nel primo progetto, ma anche di una vera e propria scorpacciata di protezioni aggiuntive per i lavoratori che hanno la ventura di trovarsi dentro la cittadella fortificata. La Carta della Cgil non si limita a proporre il ripristino del vecchio articolo 18 pre-Fornero – insieme a un ritorno alla più rigida tra le vecchie discipline del part-time, del mutamento di mansioni, del contratto a termine -, ma lo estende a tutte le imprese indipendentemente dalle dimensioni, e addirittura anche alle collaborazioni continuative.

Un netto “no”, dunque, all’armonizzazione del nostro diritto del lavoro rispetto al resto d’Europa, dove la sicurezza economica e professionale dei lavoratori viene garantita (efficacemente) in modo del tutto diverso. Se un tempo sosteneva la tesi della retribuzione come variabile indipendente del sistema, ora la Cgil sembra passata a sostenere un’altra variabile indipendente: la rigidità delle protezioni. Come se l’ingessatura delle strutture produttive non influisse in alcun modo sugli investimenti. Come se fosse pensabile l’integrazione nell’Unione Europea del XXI secolo di una sorta di novella Albania di Enver Hoxha.

Sarebbe interessante sapere che cosa ne pensano Luciano Lama, o Bruno Trentin. Ma anche Sergio Cofferati, che nel 2003 diede l’indicazione di astenersi dal voto per far fallire il referendum promosso da Rifondazione Comunista, mirato all’estensione dell’articolo 18 anche alle imprese sotto i 16 dipendenti. In ogni caso nessun allarme: neppure un ipotetico Governo Vendola-Fassina farebbe proprio un progetto di questo genere.

(articolo tratto dal sito www.pietroichino.it)
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