È da due giorni che uno degli argomenti di discussione sulla crisi libica riguarda le foto, diffuse in Internet da alcuni degli osservatori più attenti della situazione, che riprendono un grande carico di armi e veicoli forniti da qualche munifico benefattore, per ora ignoto, alle milizie che rispondono all’ex generale Khalifa Haftar, capo delle forze armate di Tobruk, che due anni fa s’è intestato la guida dell’operazione Dignità, con cui intende liberare la Libia dagli estremisti; secondo le sue visioni c’è poca differenza che siano una delle milizie tripoline o lo Stato islamico di Sirte.
GUERRA E DIPLOMAZIA
Haftar s’è costruito un ruolo da uomo forte nella Cirenaica, un riferimento non solo militare ma anche politico-diplomatico per chiunque voglia veicolare la soluzione della crisi libica passando da Oriente. È così che l’Egitto si appoggia a lui per tessere le proprie mire in Libia: è un segreto ormai svelato dalla storia la volontà del Cairo di allargare la propria influenza in Cirenaica, area che gli egiziani considerano quasi di proprietà, ricca di interessi strategici ed economici.
PANTHERA T-6: LA LINEA DI COLLEGAMENTO
Alcuni dei veicoli ripresi in questi giorni, che numericamente sarebbero 1050, sono Panthera T-6/T-4, ossia un pianale di una Toyota Land Cruiser le cui modifiche ad armatura leggera sono adottate da due società, la Minerva Special Purpose Vehicles, con sede a Dubai, e la Ares Security Vehicles di Abu Dhabi. La linea che collega alle due società non è una novità, in quanto gli Emirati Arabi insieme all’Egitto sostengono da tempo (economicamente, diplomaticamente e militarmente) lo pseudo governo di Tobruk passando da Haftar, e sopperiscono clandestinamente alla mancanza di armi (e soldi) a cui il generale va necessariamente incontro, dato l’embargo deciso all’esplosione della crisi. Tra l’altro, quelli ripresi nelle immagini interne alle basi cirenaiche sono gli stessi mezzi che hanno solcato le strade del Cairo in questi giorni in vista delle proteste anti-governative del 25 aprile, per contenere le quali il governo di Abdel Fattah al Sisi ha schierato l’esercito.
TAVOLI UFFICIALI E DINAMICHE CLANDESTINE
Dalla Cirenaica, con la sponda del Cairo, passa anche un piano B per affrontare lo Stato islamico. A preferirlo, anche se non ufficialmente, è la Francia, che così si muoverebbe allineata col Cairo, con cui in questo momento le relazioni vanno a gonfie vele. Parigi, mentre ai tavoli diplomatici a internazionale (come il Quint di Hannover in programma oggi) sostiene la soluzione unitaria con UE e Stati Uniti, sta lavorando con i miliziani guidati da Haftar. Forze speciali francesi, secondo una vecchia rivelazione del Monde e in base ad immagini tracciate dall’agenzia Stratofr, si troverebbero da tempo in un compound recintato dell’aeroporto Benina di Bengasi. Da lì avrebbero diretto e consigliato l’offensiva che ha permesso al generalissimo libico di liberare la gran parte della città dalle forze tripoline e dall’IS, fazioni che occupavano zone distinte di Bengasi. Ora il piano di Haftar è andare a prendere Derna, controllata dalle milizie collegate ad Ansar al Sharia e alla Fratellanza (bandita in Egitto e nemica di Haftar) che hanno giorni fa scacciato il Califfato, e poi forse lanciare l’attacco finale su Sirte, roccaforte libica dello Stato islamico. E magari quei veicoli a questo serviranno.
LA LIBIA DA ORIENTE
Forse però i francesi con Haftar non sono soli: circolano da un po’ indiscrezioni sulla presenza a Benina di inglesi e americani, e qualche giorno fa il Foglio ha scritto che potrebbero esserci anche le forze speciali italiane. Sempre il Foglio scriveva domenica che a Tobruk si sta stampando moneta (attraverso tecnologie russe, che potrebbero essere state fornite anche queste dall’Egitto): la mancanza di denaro contante è una delle grandi piaghe del paese, che ha ridotto alla fame i lavoratori, dopo che la Banca centrale ha stretto la circolazione e i prelievi. Un chiaro segnale della volontà della Cirenaica di risolvere da sola (con l’aiuto di alcune “amicizie”) i problemi della Libia, tralasciando il progetto di concordia dell’Onu.
In teoria il parlamento filo-egiziano di Tobruk comunque dovrebbe votare a giorni, dopo sette tentativi premeditatamente saltati negli ultimi mesi, il sostegno al governo promosso dall’ONU di Fayez Serraj, che secondo il ministro degli Esteri francesi è l’unica soluzione alla crisi: all’Hotel de Brienne invece pare la pensino diversamente, tenendo forse meglio il polso degli affari militari stretti con il Cairo e con la paura che lo Stato islamico si diffonda più a sud, nel Sahel francese.